La seguente tesi sviluppa il cambiamento avvenuto nell'assistenza psichiatrica italiana dal Novecento ad oggi. Il trattamento dei malati mentali venne disciplinato dalla legge n.36 del 1904 (“Disposizioni sui manicomi e sugli alienati. Custodia e cura degli alienati”) che istituì i manicomi e ordinò la custodia e la cura dei malati mentali; essa prevedeva l'internamento per le persone affette da alienazione mentale considerate pericolose per sé, per gli altri o protagoniste di pubblico scandalo, e la loro iscrizione al casellario giudiziale con conseguente perdita di tutti i diritti civili. I malati erano soggetti a pratiche di contenzione fisica dirette a immobilizzarli (ad esempio tramite le camicie di forza), venivano picchiati e fatti vivere in condizioni degradanti, in cui l'ambiente non veniva minimamente curato e le stanze erano sovraffollate; negli anni Quaranta si diffusero poi le pratiche di shock, di cui la più importante fu l'elettroshock che causava convulsioni considerate terapeutiche. Durante gli anni '50 emerse l'arretratezza italiana in cui non esisteva una cultura psichiatrica e in cui molti psichiatri erano ancora ancorati alla concezione organicistica della malattia mentale; la comunità psichiatrica iniziò quindi a capire che era necessario rinnovare l'assistenza perché la legge del 1904 era ormai anacronistica. In quegli anni vennero scoperti gli psicofarmaci che consentirono di sperimentare nuove pratiche come la socioterapia e di perfezionare l'ergoterapia, e si iniziò a credere in una possibile guarigione dalla malattia mentale: i manicomi da luoghi di custodia stavano diventando luoghi di cura. Negli anni Sessanta la psichiatria entrò nel dibattito politico e gli psichiatri iniziarono a interessarsi all'assistenza territoriale che stava nascendo in Francia; nel 1968 venne poi emanata la Legge Mariotti che istituì i Centri di igiene mentale (CIM), introdusse il ricovero volontario e rimosse l'iscrizione al Casellario Giudiziale. In Italia si era creato un movimento d'opinione di critica al manicomio, e in alcune realtà territoriali si stavano sperimentando nuove forme di assistenza che utilizzavano i CIM o cercavano di rendere più umano il trattamento dei malati; l'esperienza più innovativa si ebbe con Basaglia, che prima trasformò il manicomio di Gorizia in una comunità terapeutica, poi si trasferì a Trieste dove permettendo ai malati di uscire per lavorare e offrendo loro un'abitazione, riuscì a far chiudere definitivamente il manicomio. Nel 1978, complici le esperienze territoriali di rinnovamento e il movimento socioculturale, venne emanata la legge 180 “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”, che rivoluzionò l'assistenza psichiatrica: abolì i manicomi e ne proibì la costruzione, istituì il Trattamento sanitario Obbligatorio e sancì la creazione di servizi territoriali per la prevenzione, la cura e la riabilitazione dei malati mentali. Negli anni successivi venne istituito il Dipartimento di salute mentale, composto dal Centro di salute mentale, dal Day Hospital, dal Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura e dalle strutture residenziali e semi-residenziali: questa nuova organizzazione di servizi permise e permette tuttora di formulare degli interventi personalizzati per i malati in base alle loro caratteristiche, e vede protagonista anche la figura dell'assistente sociale che all'interno dell'equipe ha il compito di collegare le risorse dell'ambiente ai bisogni dei singoli.
Evoluzione del trattamento della malattia mentale in Italia: dal Novecento ad oggi
PERACINO, MARTA
2019/2020
Abstract
La seguente tesi sviluppa il cambiamento avvenuto nell'assistenza psichiatrica italiana dal Novecento ad oggi. Il trattamento dei malati mentali venne disciplinato dalla legge n.36 del 1904 (“Disposizioni sui manicomi e sugli alienati. Custodia e cura degli alienati”) che istituì i manicomi e ordinò la custodia e la cura dei malati mentali; essa prevedeva l'internamento per le persone affette da alienazione mentale considerate pericolose per sé, per gli altri o protagoniste di pubblico scandalo, e la loro iscrizione al casellario giudiziale con conseguente perdita di tutti i diritti civili. I malati erano soggetti a pratiche di contenzione fisica dirette a immobilizzarli (ad esempio tramite le camicie di forza), venivano picchiati e fatti vivere in condizioni degradanti, in cui l'ambiente non veniva minimamente curato e le stanze erano sovraffollate; negli anni Quaranta si diffusero poi le pratiche di shock, di cui la più importante fu l'elettroshock che causava convulsioni considerate terapeutiche. Durante gli anni '50 emerse l'arretratezza italiana in cui non esisteva una cultura psichiatrica e in cui molti psichiatri erano ancora ancorati alla concezione organicistica della malattia mentale; la comunità psichiatrica iniziò quindi a capire che era necessario rinnovare l'assistenza perché la legge del 1904 era ormai anacronistica. In quegli anni vennero scoperti gli psicofarmaci che consentirono di sperimentare nuove pratiche come la socioterapia e di perfezionare l'ergoterapia, e si iniziò a credere in una possibile guarigione dalla malattia mentale: i manicomi da luoghi di custodia stavano diventando luoghi di cura. Negli anni Sessanta la psichiatria entrò nel dibattito politico e gli psichiatri iniziarono a interessarsi all'assistenza territoriale che stava nascendo in Francia; nel 1968 venne poi emanata la Legge Mariotti che istituì i Centri di igiene mentale (CIM), introdusse il ricovero volontario e rimosse l'iscrizione al Casellario Giudiziale. In Italia si era creato un movimento d'opinione di critica al manicomio, e in alcune realtà territoriali si stavano sperimentando nuove forme di assistenza che utilizzavano i CIM o cercavano di rendere più umano il trattamento dei malati; l'esperienza più innovativa si ebbe con Basaglia, che prima trasformò il manicomio di Gorizia in una comunità terapeutica, poi si trasferì a Trieste dove permettendo ai malati di uscire per lavorare e offrendo loro un'abitazione, riuscì a far chiudere definitivamente il manicomio. Nel 1978, complici le esperienze territoriali di rinnovamento e il movimento socioculturale, venne emanata la legge 180 “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”, che rivoluzionò l'assistenza psichiatrica: abolì i manicomi e ne proibì la costruzione, istituì il Trattamento sanitario Obbligatorio e sancì la creazione di servizi territoriali per la prevenzione, la cura e la riabilitazione dei malati mentali. Negli anni successivi venne istituito il Dipartimento di salute mentale, composto dal Centro di salute mentale, dal Day Hospital, dal Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura e dalle strutture residenziali e semi-residenziali: questa nuova organizzazione di servizi permise e permette tuttora di formulare degli interventi personalizzati per i malati in base alle loro caratteristiche, e vede protagonista anche la figura dell'assistente sociale che all'interno dell'equipe ha il compito di collegare le risorse dell'ambiente ai bisogni dei singoli.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/27957