Per bioplastiche non si intende un singolo materiale, ma un'eterogenea famiglia di polimeri. La loro definizione più comune è data dalla European Bioplastics per la quale si tratta di materiali che derivano totalmente o parzialmente da biomassa (bio-based), sono biodegradabili (biodegradable) oppure presentano entrambe le proprietà. Sulla base di questa definizione si possono individuare tre classi di bioplastiche: 1. bio-based, cioè derivanti da fonti rinnovabili, ma non biodegradabili (bio-PET, bio-PE etc.). Sono gli stessi polimeri delle loro forme convenzionali derivanti da fonti fossili e per questo riciclabili meccanicamente con essi; 2. derivanti da petrolio, ma biodegradabili (PBAT, PCL etc.), cioè degradabili in sostanze più semplici mediante l'attività enzimatica e microbiologica; 3. bio-based e biodegradabili (PLA, PHA etc.), ovvero sia derivanti da biomassa sia degradabili da microrganismi e dagli enzimi da loro prodotti, in acqua e biossido di carbonio. A questa classe appartengono i materiali etichettati come biodegradabili e compostabili nelle condizioni standard definite dalla norma EN 13432:2002. Questi manufatti a fine vita possono essere riciclati con la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU) attraverso due trattamenti che ne permettono il recupero di energia (metano e biossido di carbonio) e materia (compost): anaerobico (digestione anaerobica) e aerobico (compostaggio). Il presente elaborato si focalizza sui processi di produzione e di smaltimento delle bioplastiche biodegradabili e compostabili in chiave microbiologica. In particolare, ha l'obiettivo di analizzare bibliograficamente la capacità dei diversi biopolimeri di essere biodegradati dai microrganismi e dagli enzimi, extracellulari e intracellulari, sintetizzati dai microrganismi stessi nelle condizioni di digestione anaerobica e compostaggio, dal momento che non tutti gli impianti di smaltimento della FORSU possiedono le tecnologie adatte a degradare le bioplastiche. Dal presente elaborato è, quindi, emerso che in letteratura si sta approfondendo sempre più il tema dello smaltimento delle bioplastiche biodegradabili e compostabili dal punto di vista microbiologico e soprattutto nel processo di compostaggio. Numerosi studi hanno approfondito, inoltre, l'ottimizzazione della biodegradabilità nelle condizioni di un impianto di compostaggio. Ad esempio, i biocompositi sono bioplastiche formate da due o più polimeri differenti, di cui almeno uno derivi da biomassa, combinati tra loro per produrre un materiale più economico e facilmente biodegradabile dai microrganismi. Questi ultimi possono essere selezionati e inoculati per migliorare il processo di compostaggio. Inoltre, sono stati evidenziati dei casi in cui la co-coltura di diversi microrganismi può incrementare la biodegradazione delle bioplastiche biodegradabili e compostabili. Gli intermedi formati dall'azione del primo microrganismo degradante possono, infatti, essere digeriti dall'azione dell'altro ceppo microbico favorendo in questo modo la biodegradazione del polimero. Risulta ancora scarsa, invece, la letteratura relativa alle popolazioni microbiche coinvolte nella biodigestione anaerobica. Potrebbe, quindi, essere interessante lo studio di popolazioni microbiche ottimizzanti la resa metanigena e la degradazione nel processo di digestione anaerobica in presenza di bioplastiche.
BIOPLASTICHE COMPOSTABILI: dalla pianta al suolo
CAVALLO, SIMONE
2019/2020
Abstract
Per bioplastiche non si intende un singolo materiale, ma un'eterogenea famiglia di polimeri. La loro definizione più comune è data dalla European Bioplastics per la quale si tratta di materiali che derivano totalmente o parzialmente da biomassa (bio-based), sono biodegradabili (biodegradable) oppure presentano entrambe le proprietà. Sulla base di questa definizione si possono individuare tre classi di bioplastiche: 1. bio-based, cioè derivanti da fonti rinnovabili, ma non biodegradabili (bio-PET, bio-PE etc.). Sono gli stessi polimeri delle loro forme convenzionali derivanti da fonti fossili e per questo riciclabili meccanicamente con essi; 2. derivanti da petrolio, ma biodegradabili (PBAT, PCL etc.), cioè degradabili in sostanze più semplici mediante l'attività enzimatica e microbiologica; 3. bio-based e biodegradabili (PLA, PHA etc.), ovvero sia derivanti da biomassa sia degradabili da microrganismi e dagli enzimi da loro prodotti, in acqua e biossido di carbonio. A questa classe appartengono i materiali etichettati come biodegradabili e compostabili nelle condizioni standard definite dalla norma EN 13432:2002. Questi manufatti a fine vita possono essere riciclati con la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU) attraverso due trattamenti che ne permettono il recupero di energia (metano e biossido di carbonio) e materia (compost): anaerobico (digestione anaerobica) e aerobico (compostaggio). Il presente elaborato si focalizza sui processi di produzione e di smaltimento delle bioplastiche biodegradabili e compostabili in chiave microbiologica. In particolare, ha l'obiettivo di analizzare bibliograficamente la capacità dei diversi biopolimeri di essere biodegradati dai microrganismi e dagli enzimi, extracellulari e intracellulari, sintetizzati dai microrganismi stessi nelle condizioni di digestione anaerobica e compostaggio, dal momento che non tutti gli impianti di smaltimento della FORSU possiedono le tecnologie adatte a degradare le bioplastiche. Dal presente elaborato è, quindi, emerso che in letteratura si sta approfondendo sempre più il tema dello smaltimento delle bioplastiche biodegradabili e compostabili dal punto di vista microbiologico e soprattutto nel processo di compostaggio. Numerosi studi hanno approfondito, inoltre, l'ottimizzazione della biodegradabilità nelle condizioni di un impianto di compostaggio. Ad esempio, i biocompositi sono bioplastiche formate da due o più polimeri differenti, di cui almeno uno derivi da biomassa, combinati tra loro per produrre un materiale più economico e facilmente biodegradabile dai microrganismi. Questi ultimi possono essere selezionati e inoculati per migliorare il processo di compostaggio. Inoltre, sono stati evidenziati dei casi in cui la co-coltura di diversi microrganismi può incrementare la biodegradazione delle bioplastiche biodegradabili e compostabili. Gli intermedi formati dall'azione del primo microrganismo degradante possono, infatti, essere digeriti dall'azione dell'altro ceppo microbico favorendo in questo modo la biodegradazione del polimero. Risulta ancora scarsa, invece, la letteratura relativa alle popolazioni microbiche coinvolte nella biodigestione anaerobica. Potrebbe, quindi, essere interessante lo studio di popolazioni microbiche ottimizzanti la resa metanigena e la degradazione nel processo di digestione anaerobica in presenza di bioplastiche.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/27210