My dissertation focuses on Brain Fag Sydnrome (BFS). This syndrome was firstly classified as a culture-specific illness among Nigerian students (especially among Yorubas) in the 60s, but it was later found in other cultural areas. Its status as a diagnostic category is controversial and its nature is uncertain, as it is located between psychological and somatic distresses and as it involves cultural elements. In this work, I describe the historical and academical context where the syndrome was firstly classified as a psychiatric disorder by Raymond Prince in 1960 in Nigeria. I critically approach the assumptions of the mid-20th century psychiatry. I sustain that a necessity of classification and comparison, together with a conception of culture - that was particularly reifying and essentialised – led to a misunderstanding of the real nature of students' distress. Such a diagnostic category was included in the international classificatory system (DSM) and spread in the clinical practice. However, its nature is still unclear and experts' opinions on the issue tend to diverge. In fact, its nature as a unique and distinct illness and its recognition as a culture-bound syndrome (CBS) are still debated. As recognising BFS as a CBS is quite problematic, I suggest of recognising BFS as a Cultural Change Syndrome (CCS). This shift in classification would allow to call into attention the socioeconomic, cultural and structural dynamics underlying BFS insurgence. In the last chapters, I describe BFS through the category of CCD (cultural concept of distress) introduced in DSM 5. Considering their communicative value, I retain CCDs as idioms of distress (Nitcher, 1981). I finally sustain that 'thinking too much' CCD – to which BFS is connected in DSM 5- despite enlightening the dynamicity and fluidity of terms people use to address distress, is too broad and vague to be suitable in clinical practice. Thus, I retain that it should be used in psychiatric practice through more specific categories. I sustain that BFS may be kept in psychiatric lexicon as a suitable diagnostic tool, if students' distress and symptoms are comprehended considering: controversial history of BFS; the experience and meaning of the illness for each person; socioeconomical, cultural and structural factors fostering illness insurgence. This work benefited from some interviews the author conducted with two psychiatrists and a student.

La mia tesi si focalizza sulla Brain Fag Syndrome (BFS). Questa sindrome, classificata inizialmente come malattia culturale degli studenti nigeriani (specialmente Yoruba) negli anni '60, essa è stata nel tempo riscontrata anche in altre aree culturali. Il suo statuto nosografico è controverso e la sua natura è incerta, collocandosi al confine tra i disturbi psicologici e quelli somatici e chiamando in causa diversi elementi culturali. In questo lavoro, descrivo il contesto accademico e storico in cui essa viene riconosciuta e definita per la prima volta da Raymond Prince nel 1960 in Nigeria quale malattia psichiatrica. Guardo con occhio critico gli assunti e i presupposti su cui la scienza psichiatrica dell'epoca si appoggia, ritenendo che la necessità classificatoria e comparativa, insieme ad una visione del concetto di cultura particolarmente reificante ed essenzializzante abbiano condotto ad una incomprensione della natura del malessere riscontrato negli studenti. Tale categoria diagnostica si è affermata nella pratica psichiatrica ed è stata riconosciuta nel sistema classificatorio internazionale (DSM). La sua natura è tuttavia controversa e discordanti sono i pareri dei vari studiosi sull'argomento. Vi è dibattito, infatti riguardo sia alla natura della sindrome in quanto malattia distinta, sia riguardo al suo riconoscimento quale culture-bound syndrome (CBS). Sottolineando la problematicità del concetto di CBS applicato alla BFS, suggerisco il riconoscimento di questa malattia quale Culture Change Syndrome (CCS). Tale cambiamento di classificazione permette di interrogare le dinamiche sociali, economiche, culturali e strutturali che soggiacciono alla BFS. Nell'ultima sezione del testo, considero la BFS attraverso le lenti del concetto di CCD (Cultural Concept of Distress) introdotto nell'ultima edizione del DSM 5. Considero i CCDs una forma di idioms of distress (Nitcher, 1981), dato il loro valore comunicativo. Infine, sostengo che il CCD 'thinking too much' - sotto il quale è inclusa la BFS -, pur avendo il pregio di permettere di guardare alla dinamicità e alla fluidità dei termini utilizzati dalle popolazioni per esprimere un malessere, sia di fatto troppo vaga e generale per poter essere fruibile nella pratica clinica dei medici psichiatri. Ritengo dunque che essa vada utilizzata nella pratica psichiatrica attraverso categorie più specifiche e determinate. Basandomi sulle parole di alcuni intervistati, ritengo che questa possa essere mantenuta nel lessico psichiatrico ed utilizzata per compiere diagnosi a condizione che i disturbi portati dagli studenti e categorizzati al di sotto di essa, siano compresi alla luce di almeno tre elementi. Questi sono: la storia controversa della categoria stessa di BFS; il significato che il singolo paziente dà al suo malessere; i fattori sociali, culturali, economici e strutturali che favoriscono l'insorgenza di un certo male. Quanto scritto, beneficia dell'apporto derivante dalle interviste condotte dall'autore con due psichiatri e un* student*.

Brain Fag Syndrome. Una prospettiva antropologica.

DELFINO, ENEA
2019/2020

Abstract

La mia tesi si focalizza sulla Brain Fag Syndrome (BFS). Questa sindrome, classificata inizialmente come malattia culturale degli studenti nigeriani (specialmente Yoruba) negli anni '60, essa è stata nel tempo riscontrata anche in altre aree culturali. Il suo statuto nosografico è controverso e la sua natura è incerta, collocandosi al confine tra i disturbi psicologici e quelli somatici e chiamando in causa diversi elementi culturali. In questo lavoro, descrivo il contesto accademico e storico in cui essa viene riconosciuta e definita per la prima volta da Raymond Prince nel 1960 in Nigeria quale malattia psichiatrica. Guardo con occhio critico gli assunti e i presupposti su cui la scienza psichiatrica dell'epoca si appoggia, ritenendo che la necessità classificatoria e comparativa, insieme ad una visione del concetto di cultura particolarmente reificante ed essenzializzante abbiano condotto ad una incomprensione della natura del malessere riscontrato negli studenti. Tale categoria diagnostica si è affermata nella pratica psichiatrica ed è stata riconosciuta nel sistema classificatorio internazionale (DSM). La sua natura è tuttavia controversa e discordanti sono i pareri dei vari studiosi sull'argomento. Vi è dibattito, infatti riguardo sia alla natura della sindrome in quanto malattia distinta, sia riguardo al suo riconoscimento quale culture-bound syndrome (CBS). Sottolineando la problematicità del concetto di CBS applicato alla BFS, suggerisco il riconoscimento di questa malattia quale Culture Change Syndrome (CCS). Tale cambiamento di classificazione permette di interrogare le dinamiche sociali, economiche, culturali e strutturali che soggiacciono alla BFS. Nell'ultima sezione del testo, considero la BFS attraverso le lenti del concetto di CCD (Cultural Concept of Distress) introdotto nell'ultima edizione del DSM 5. Considero i CCDs una forma di idioms of distress (Nitcher, 1981), dato il loro valore comunicativo. Infine, sostengo che il CCD 'thinking too much' - sotto il quale è inclusa la BFS -, pur avendo il pregio di permettere di guardare alla dinamicità e alla fluidità dei termini utilizzati dalle popolazioni per esprimere un malessere, sia di fatto troppo vaga e generale per poter essere fruibile nella pratica clinica dei medici psichiatri. Ritengo dunque che essa vada utilizzata nella pratica psichiatrica attraverso categorie più specifiche e determinate. Basandomi sulle parole di alcuni intervistati, ritengo che questa possa essere mantenuta nel lessico psichiatrico ed utilizzata per compiere diagnosi a condizione che i disturbi portati dagli studenti e categorizzati al di sotto di essa, siano compresi alla luce di almeno tre elementi. Questi sono: la storia controversa della categoria stessa di BFS; il significato che il singolo paziente dà al suo malessere; i fattori sociali, culturali, economici e strutturali che favoriscono l'insorgenza di un certo male. Quanto scritto, beneficia dell'apporto derivante dalle interviste condotte dall'autore con due psichiatri e un* student*.
ITA
My dissertation focuses on Brain Fag Sydnrome (BFS). This syndrome was firstly classified as a culture-specific illness among Nigerian students (especially among Yorubas) in the 60s, but it was later found in other cultural areas. Its status as a diagnostic category is controversial and its nature is uncertain, as it is located between psychological and somatic distresses and as it involves cultural elements. In this work, I describe the historical and academical context where the syndrome was firstly classified as a psychiatric disorder by Raymond Prince in 1960 in Nigeria. I critically approach the assumptions of the mid-20th century psychiatry. I sustain that a necessity of classification and comparison, together with a conception of culture - that was particularly reifying and essentialised – led to a misunderstanding of the real nature of students' distress. Such a diagnostic category was included in the international classificatory system (DSM) and spread in the clinical practice. However, its nature is still unclear and experts' opinions on the issue tend to diverge. In fact, its nature as a unique and distinct illness and its recognition as a culture-bound syndrome (CBS) are still debated. As recognising BFS as a CBS is quite problematic, I suggest of recognising BFS as a Cultural Change Syndrome (CCS). This shift in classification would allow to call into attention the socioeconomic, cultural and structural dynamics underlying BFS insurgence. In the last chapters, I describe BFS through the category of CCD (cultural concept of distress) introduced in DSM 5. Considering their communicative value, I retain CCDs as idioms of distress (Nitcher, 1981). I finally sustain that 'thinking too much' CCD – to which BFS is connected in DSM 5- despite enlightening the dynamicity and fluidity of terms people use to address distress, is too broad and vague to be suitable in clinical practice. Thus, I retain that it should be used in psychiatric practice through more specific categories. I sustain that BFS may be kept in psychiatric lexicon as a suitable diagnostic tool, if students' distress and symptoms are comprehended considering: controversial history of BFS; the experience and meaning of the illness for each person; socioeconomical, cultural and structural factors fostering illness insurgence. This work benefited from some interviews the author conducted with two psychiatrists and a student.
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