The history of the right of resistance coincides with the western political thought's history: from the resistance understood as the violent removal of the tyrant, until reflections about the possibility to resist in a democratic state or to single decisions whenever citizens feel betrayed by their representatives. In modern constitutional state, this right seems to be outdated because of the existance of institutions which defend citizen's rights by power's arbitrariness (for example constitutional courts and aggravated proceedings for constitutions' modify). And yet reality seems very different from this assumptions, showing the fragility of this institutions, that are often subject to corruption and prevarications of political, economic and ideological power. In this hypotethical field we have to think about the possibility of the existance and the legitimation of a right of resistance, particularly the one which Ermanno Vitale calls "constitutional", meaning a kind of resistance oriented to prevent the risk of a coexistence of a constitutional but not-effective legality and an unconstitutional but effective legality in the legal order. A resistance that assume the particular form of an institutional self-correction: it is outside the legality of the power against who it resist, but is oriented to restore the former constitutional legality. So, in contemporary constitutional democracy, the right of resistance is not the crumbling inheritance of a distant past, but an urgent matter that needs to be discuss and exists today in many constitutions. This essay shows the political thought history about the right to resistance - from Antigon to John Locke - until the question about the different forms of resistance in modern constitutional law state and, above all, it explains the difficulty to recognize the right of the individuals to defend themselves from the abuses of the power.
La storia del diritto di resistenza affonda le sue radici nella storia del pensiero politico occidentale: dalla resistenza intesa come destituzione o uccisione del tiranno fino a riflessioni sulla possibilità di resistere allo stato democratico o ad alcune singole decisioni quando i rappresentati sentono traditi i loro accordi con i rappresentanti. Nei moderni stati costituzionali questo diritto sembra essere ormai superato, in virtù dell'esistenza di solidi istituti in difesa delle Costituzioni e dei diritti dei cittadini dall'arbitrarietà delle diverse forme di potere (pensiamo per esempio ai giudizi di costituzionalità delle apposite corti e ai procedimenti aggravati per la modifica dei testi costituzionali). Eppure la realtà dei fatti si scontra con questi auspici, mostrando la fragilità di tali istituzioni, spesso soggette a corruzioni e assoggettamenti da parte di poteri politici, economici e ideologici molto forti e strutturati, in grado di aggirare anche i paletti più rigidi del garantismo, al punto da minacciare i principi fondamentali sui quali si fondano le costituzioni del dopoguerra. È in questo campo ipotetico – ma piuttosto realistico guardando al mondo in cui viviamo – che si deve muovere oggi una discussione sulla possibilità di esistenza e legittimazione di un diritto di resistenza, in particolare quel tipo di resistenza che Ermanno Vitale definisce “costituzionale”, ovvero orientata a scongiurare il rischio che convivano nell'ordinamento giuridico una legalità costituzionale ma ineffettuale e una legalità effettuale ma incostituzionale. Una forma di resistenza che assume la forma particolare di un'autocorrezione istituzionale: si pone al di fuori della legalità istituita dal potere contro cui resiste, ma è orientata a ripristinare la legalità costituzionale precedente. Nelle democrazie costituzionali contemporanee, quindi, il diritto di resistenza non è l'eredità fatiscente di un mondo giuridico appartenente ad un lontano passato, ma un'esigenza che impone un ripensamento e che si può evincere in determinate forme persino dagli stessi testi contenenti le norme fondamentali della società. Questa tesi ripercorre la storia del pensiero politico sul diritto di resistenza – dai monarcomachi alle teorie lockeane – fino a interrogarsi sui metodi di resistenza negli stati costituzionali di diritto e, soprattutto, sulla difficoltà per i legislatori di riconoscere, negli ordinamenti giuridici, il diritto di difendersi dalle diverse forme di potere qualora violino i limiti che la legge impone loro.
Il diritto di resistenza: dalle origini agli stati costituzionali di diritto
TUCCELLA, DAVIDE
2019/2020
Abstract
La storia del diritto di resistenza affonda le sue radici nella storia del pensiero politico occidentale: dalla resistenza intesa come destituzione o uccisione del tiranno fino a riflessioni sulla possibilità di resistere allo stato democratico o ad alcune singole decisioni quando i rappresentati sentono traditi i loro accordi con i rappresentanti. Nei moderni stati costituzionali questo diritto sembra essere ormai superato, in virtù dell'esistenza di solidi istituti in difesa delle Costituzioni e dei diritti dei cittadini dall'arbitrarietà delle diverse forme di potere (pensiamo per esempio ai giudizi di costituzionalità delle apposite corti e ai procedimenti aggravati per la modifica dei testi costituzionali). Eppure la realtà dei fatti si scontra con questi auspici, mostrando la fragilità di tali istituzioni, spesso soggette a corruzioni e assoggettamenti da parte di poteri politici, economici e ideologici molto forti e strutturati, in grado di aggirare anche i paletti più rigidi del garantismo, al punto da minacciare i principi fondamentali sui quali si fondano le costituzioni del dopoguerra. È in questo campo ipotetico – ma piuttosto realistico guardando al mondo in cui viviamo – che si deve muovere oggi una discussione sulla possibilità di esistenza e legittimazione di un diritto di resistenza, in particolare quel tipo di resistenza che Ermanno Vitale definisce “costituzionale”, ovvero orientata a scongiurare il rischio che convivano nell'ordinamento giuridico una legalità costituzionale ma ineffettuale e una legalità effettuale ma incostituzionale. Una forma di resistenza che assume la forma particolare di un'autocorrezione istituzionale: si pone al di fuori della legalità istituita dal potere contro cui resiste, ma è orientata a ripristinare la legalità costituzionale precedente. Nelle democrazie costituzionali contemporanee, quindi, il diritto di resistenza non è l'eredità fatiscente di un mondo giuridico appartenente ad un lontano passato, ma un'esigenza che impone un ripensamento e che si può evincere in determinate forme persino dagli stessi testi contenenti le norme fondamentali della società. Questa tesi ripercorre la storia del pensiero politico sul diritto di resistenza – dai monarcomachi alle teorie lockeane – fino a interrogarsi sui metodi di resistenza negli stati costituzionali di diritto e, soprattutto, sulla difficoltà per i legislatori di riconoscere, negli ordinamenti giuridici, il diritto di difendersi dalle diverse forme di potere qualora violino i limiti che la legge impone loro.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/26466