L’oggetto della tesi prende le mosse dalla partecipazione al programma di Masterclass organizzato per la trentottesima edizione del Torino Film Festival in collaborazione con l'Università degli Studi di Torino e il Politecnico di Torino. Questa esperienza mi ha permesso di prendere parte ad incontri con protagonisti e autori del cinema contemporaneo internazionale, come Waad Al Kateab, Homayra Sellier, Aleksandr Sokurov, Taghi Amirani, Walter Murch, Mohsen Makhmalbaf, e mi ha portata a riflettere sul ruolo del cinema. Attraverso questa tesi, infatti, vorrei proporre punti di vista diversi, sguardi differenti sul cinema iraniano per indagare il rapporto tra cinema e giustizia sociale. Fin dalla sua creazione il Torino Film Festival ha sostenuto le voci emergenti consapevole che per progredire una società ha bisogno di nuove idee provenienti da luoghi nuovi e da persone nuove. Il cinema parla la lingua dei sogni e delle possibilità non vissute. Collaborazione, diversità e innovazione sono stati i valori fondanti del Festival che quest’anno si è concentrato sul cinema come strumento di difesa della giustizia sociale. I cineasti raccontano le storie nella loro lingua e tuttavia i loro film parlano a tutti noi. A partire da Abbas Kiarostami e il suo documentario Compiti a casa (1989), proporrò una riflessione sul rapporto tra realtà e finzione, verità e menzogna. Nel corso della sua carriera ha offerto ritratti d’infanzia, profondi racconti, tragedie personali o collettive spingendosi sempre di più verso un cinema essenziale, poetico e figurativo. L’atteggiamento del regista e le scelte fatte permettono di portare alla luce i meccanismi della società e sottolinearne le contraddizioni per sviluppare un discorso socio-politico forte e incisivo e per inserirsi con delicatezza nell’architettura della comunità trasmettendo una cultura ricca di umanità e di attenzione al singolo. Seguiranno Mohsen Makhmalbaf con il film Salaam Cinema (1995) e Taghi Amirani con il documentario Coup 53 (2019). Il cuore pulsante che anima la poetica di questi ultimi registi è il concetto di impegno politico e di partecipazione tramite la settima arte. Il cinema può essere uno strumento di lotta per la giustizia sociale e i diritti umani, i film possono educare e smuovere il pubblico a proposito di questioni controverse che non sempre la politica è in grado ad affrontare. Il cinema può essere un ottimo strumento per cambiare il mondo se usato come viaggio verso l’ignoto, come specchio davanti alla società e come una luce che può illuminare le tenebre, che può rendere visibile l’invisibile. ​

Cinema e giustizia sociale. Sguardi differenti sul cinema iraniano per accendere una luce e promuovere il cambiamento.

LACICERCHIA, ELISA
2020/2021

Abstract

L’oggetto della tesi prende le mosse dalla partecipazione al programma di Masterclass organizzato per la trentottesima edizione del Torino Film Festival in collaborazione con l'Università degli Studi di Torino e il Politecnico di Torino. Questa esperienza mi ha permesso di prendere parte ad incontri con protagonisti e autori del cinema contemporaneo internazionale, come Waad Al Kateab, Homayra Sellier, Aleksandr Sokurov, Taghi Amirani, Walter Murch, Mohsen Makhmalbaf, e mi ha portata a riflettere sul ruolo del cinema. Attraverso questa tesi, infatti, vorrei proporre punti di vista diversi, sguardi differenti sul cinema iraniano per indagare il rapporto tra cinema e giustizia sociale. Fin dalla sua creazione il Torino Film Festival ha sostenuto le voci emergenti consapevole che per progredire una società ha bisogno di nuove idee provenienti da luoghi nuovi e da persone nuove. Il cinema parla la lingua dei sogni e delle possibilità non vissute. Collaborazione, diversità e innovazione sono stati i valori fondanti del Festival che quest’anno si è concentrato sul cinema come strumento di difesa della giustizia sociale. I cineasti raccontano le storie nella loro lingua e tuttavia i loro film parlano a tutti noi. A partire da Abbas Kiarostami e il suo documentario Compiti a casa (1989), proporrò una riflessione sul rapporto tra realtà e finzione, verità e menzogna. Nel corso della sua carriera ha offerto ritratti d’infanzia, profondi racconti, tragedie personali o collettive spingendosi sempre di più verso un cinema essenziale, poetico e figurativo. L’atteggiamento del regista e le scelte fatte permettono di portare alla luce i meccanismi della società e sottolinearne le contraddizioni per sviluppare un discorso socio-politico forte e incisivo e per inserirsi con delicatezza nell’architettura della comunità trasmettendo una cultura ricca di umanità e di attenzione al singolo. Seguiranno Mohsen Makhmalbaf con il film Salaam Cinema (1995) e Taghi Amirani con il documentario Coup 53 (2019). Il cuore pulsante che anima la poetica di questi ultimi registi è il concetto di impegno politico e di partecipazione tramite la settima arte. Il cinema può essere uno strumento di lotta per la giustizia sociale e i diritti umani, i film possono educare e smuovere il pubblico a proposito di questioni controverse che non sempre la politica è in grado ad affrontare. Il cinema può essere un ottimo strumento per cambiare il mondo se usato come viaggio verso l’ignoto, come specchio davanti alla società e come una luce che può illuminare le tenebre, che può rendere visibile l’invisibile. ​
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