È noto che Internet rappresenti un mezzo potente e flessibile allo stesso tempo, dotato di grandi capacità, prima fra tutte, quella di poter connettere le persone in qualsiasi parte del mondo. Ma non è altrettanto noto che negli ultimi anni sono state avanzate delle perplessità sugli effetti del Web sull'apprendimento e sullo sviluppo delle capacità cognitive umane. Per analizzare la questione sono state messe a confronto le teorie sull’utilità di Internet per le nostre facoltà mentali di Nicholas Carr, da una parte, e quelle di Howard Rheinghold dall’altra. Nel 2010 lo scrittore statunitense Nicholas Carr ha pubblicato un libro, Internet ci rende stupidi?, che ha stimolato un ampio dibattito sul web. E nel 2012 Howard Rheingold ha sostenuto la tesi opposta nel libro Perché la rete ci rende intelligenti?. Il problema secondo Carr sta nel fatto che oggi Internet ci conceda facile accesso a una quantità di informazioni senza precedenti e che a farne le spese sia la nostra attenzione, messa sempre di più a rischio dalle continue distrazioni che la rete ci fornisce, rendendoci pensatori occasionali e superficiali. A sostegno della sua tesi Carr porta diverse argomentazioni. In un esperimento, recentemente condotto alla Stanford University, un team di ricercatori ha sottoposto a vari test cognitivi un gruppo di 49 persone che svolgono frequentemente molte attività multitasking e un gruppo di 52 persone che non hanno molta dimestichezza con il multitasking. Sorprendentemente ad aver avuto i risultati peggiori in tutte le prove è stato il primo gruppo. Questo gruppo era composto da persone più facilmente distratte, che avevano un minor controllo sulla loro attenzione, e non sapevano distinguere le informazioni importanti da quelle banali. I ricercatori avevano previsto che il gruppo di multitaskers avesse acquisito dei vantaggi dall'intensa attività sullo schermo. Ma non era così. In realtà, i forti multitaskers non eccellevano neanche nel fare multitasking. Erano molto meno abili a passare tra le varie attività rispetto ai non multitaskers. Gli scienziati hanno scoperto che la struttura cellulare del cervello umano si adatta facilmente agli strumenti che utilizziamo per la ricerca, memorizzazione e condivisione delle informazioni. Ogni nuova tecnologia, quindi, modifica le nostre abitudini mentali, rafforzando alcuni percorsi neurali e indebolendone altri. Quindi, secondo Carr le alterazioni cellulari continuano a plasmare il nostro modo di pensare anche quando non siamo connessi. Nei suoi scritti Carr riprende le teorie del neuroscienziato Michael Merzenich che già negli anni ’70 e ’80 affermava che i nostri cervelli vengono rimodellati in maniera profonda dall'uso sempre più intenso del web e dei relativi media. La tendenza innata del cervello umano, dopo tutto, è quella di essere distratti. La nostra predisposizione è di essere consapevoli di tutto ciò che succede intorno a noi e Internet ci riporta al nostro stato nativo di distrazione, mentre ci presenta molte più distrazioni di quanto i nostri antenati abbiano mai dovuto sostenere.

IL MONDO IPER-CONNESSO CREATO DA INTERNET E IL SUO IMPATTO SULLE NOSTRE CAPACITA’ COGNITIVE E SUL NOSTRO SVILUPPO CEREBRALE

PAGLIACCI, DAMIANO
2020/2021

Abstract

È noto che Internet rappresenti un mezzo potente e flessibile allo stesso tempo, dotato di grandi capacità, prima fra tutte, quella di poter connettere le persone in qualsiasi parte del mondo. Ma non è altrettanto noto che negli ultimi anni sono state avanzate delle perplessità sugli effetti del Web sull'apprendimento e sullo sviluppo delle capacità cognitive umane. Per analizzare la questione sono state messe a confronto le teorie sull’utilità di Internet per le nostre facoltà mentali di Nicholas Carr, da una parte, e quelle di Howard Rheinghold dall’altra. Nel 2010 lo scrittore statunitense Nicholas Carr ha pubblicato un libro, Internet ci rende stupidi?, che ha stimolato un ampio dibattito sul web. E nel 2012 Howard Rheingold ha sostenuto la tesi opposta nel libro Perché la rete ci rende intelligenti?. Il problema secondo Carr sta nel fatto che oggi Internet ci conceda facile accesso a una quantità di informazioni senza precedenti e che a farne le spese sia la nostra attenzione, messa sempre di più a rischio dalle continue distrazioni che la rete ci fornisce, rendendoci pensatori occasionali e superficiali. A sostegno della sua tesi Carr porta diverse argomentazioni. In un esperimento, recentemente condotto alla Stanford University, un team di ricercatori ha sottoposto a vari test cognitivi un gruppo di 49 persone che svolgono frequentemente molte attività multitasking e un gruppo di 52 persone che non hanno molta dimestichezza con il multitasking. Sorprendentemente ad aver avuto i risultati peggiori in tutte le prove è stato il primo gruppo. Questo gruppo era composto da persone più facilmente distratte, che avevano un minor controllo sulla loro attenzione, e non sapevano distinguere le informazioni importanti da quelle banali. I ricercatori avevano previsto che il gruppo di multitaskers avesse acquisito dei vantaggi dall'intensa attività sullo schermo. Ma non era così. In realtà, i forti multitaskers non eccellevano neanche nel fare multitasking. Erano molto meno abili a passare tra le varie attività rispetto ai non multitaskers. Gli scienziati hanno scoperto che la struttura cellulare del cervello umano si adatta facilmente agli strumenti che utilizziamo per la ricerca, memorizzazione e condivisione delle informazioni. Ogni nuova tecnologia, quindi, modifica le nostre abitudini mentali, rafforzando alcuni percorsi neurali e indebolendone altri. Quindi, secondo Carr le alterazioni cellulari continuano a plasmare il nostro modo di pensare anche quando non siamo connessi. Nei suoi scritti Carr riprende le teorie del neuroscienziato Michael Merzenich che già negli anni ’70 e ’80 affermava che i nostri cervelli vengono rimodellati in maniera profonda dall'uso sempre più intenso del web e dei relativi media. La tendenza innata del cervello umano, dopo tutto, è quella di essere distratti. La nostra predisposizione è di essere consapevoli di tutto ciò che succede intorno a noi e Internet ci riporta al nostro stato nativo di distrazione, mentre ci presenta molte più distrazioni di quanto i nostri antenati abbiano mai dovuto sostenere.
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