La crescente urbanizzazione pone al mondo nuove sfide e problematiche, molte delle quali connesse al tema del cibo. La percentuale di persone che abita in città ha raggiunto recentemente più della metà della popolazione globale ed è destinata a crescere ancora, fino a raggiungere l’80% entro il 2050. Con l’aumentare della popolazione, si prevede che le risorse consumate nelle aree urbane aumenteranno, così come le problematiche ambientali e le differenze socio-economiche tra i cittadini. In parallelo, si stima che gli sprechi e le perdite alimentari lungo la filiera siano di circa 1,3 miliardi di ton/anno, pari quindi a un terzo della produzione totale di cibo destinato al consumo umano (Gustavsson, J. et al., 2011), nonostante esistono nel mondo circa settecento milioni di persone denutrite. Questo spreco incide anche sul clima, poiché l’8-10% delle emissioni globali di gas serra sono associate al cibo che non viene consumato, secondo il rapporto del 2021 Food Waste Index, preparato dagli analisti dell’UNEP. Nell’attuale dibattito globale sul tema della lotta allo spreco alimentare, causato dalla sovrapproduzione e dalla sovralimentazione media, l’approccio convenzionale prevede la riduzione dei rifiuti attraverso il recupero per scopi benefici, anche se esso è in realtà il sintomo disfunzionale di un sistema alimentare che produce e distribuisce cibo in eccesso, incoraggiando il consumismo. Perciò, tale problema è stato inserito fra le cinque priorità della Food Policy di Milano 2015-2020 e i 44 indicatori del Milan Urban Food Policy Pact. Il fine è quello di dimezzare lo spreco alimentare pro capite in tutto il mondo entro il 2030, sia a livello di vendita al dettaglio che del consumo, in base all’obiettivo 12.3 degli SDG e al quadro europeo di transizione ecologica verso un’economia più circolare. A livello nazionale, l’Italia è il primo Paese ad aver adottato una legge che presenta un approccio strategico sul tema dello spreco alimentare, fornendo una definizione chiara di eccedenza, in linea con la food waste hierarchy internazionale. Grazie alla legge Gadda si stabilisce l’obiettivo di prevenire la produzione di rifiuti alimentari dai campi alle case dei cittadini e di promuovere la raccolta diretta dei prodotti scartati sui terreni e dei prodotti della panificazione. All’interno di questo ambito di ricerca è stato analizzato il progetto RePoPP (Re-design Project of Organic waste in Porta Palazzo market), avviatosi nel novembre del 2016 in occasione della Settimana europea per la riduzione dei rifiuti. Tale progettualità è il proseguimento del precedente PoPP (Progetto Organico Porta Palazzo) ed è promossa dall’Assessorato all’Ambiente del Comune di Torino, Amiat, Novamont ed Eco dalle Città, con il coordinamento scientifico dell’Università di Scienze Gastronomiche. L’attività è caratterizzata da obiettivi molteplici e interconnessi, come il miglioramento della raccolta differenziata facendo leva sull’integrazione sociale dei richiedenti asilo, e, contestualmente, il contrasto allo spreco alimentare attraverso azioni di recupero e redistribuzione in loco delle derrate ancora edibili. RePoPP presenta un modello multi-attore all’interno di una partnership pubblico-privato e dimostra come un approccio circolare, compatibile con i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile che l’ONU ha definito per il 2030, possa essere il punto di svolta nella creazione di nuove food policy, allo stesso tempo locali e sostenibili.
Recupero e redistribuzione sociale delle eccedenze alimentari: il progetto RePoPP di Torino
SABATINI, VITTORIO
2020/2021
Abstract
La crescente urbanizzazione pone al mondo nuove sfide e problematiche, molte delle quali connesse al tema del cibo. La percentuale di persone che abita in città ha raggiunto recentemente più della metà della popolazione globale ed è destinata a crescere ancora, fino a raggiungere l’80% entro il 2050. Con l’aumentare della popolazione, si prevede che le risorse consumate nelle aree urbane aumenteranno, così come le problematiche ambientali e le differenze socio-economiche tra i cittadini. In parallelo, si stima che gli sprechi e le perdite alimentari lungo la filiera siano di circa 1,3 miliardi di ton/anno, pari quindi a un terzo della produzione totale di cibo destinato al consumo umano (Gustavsson, J. et al., 2011), nonostante esistono nel mondo circa settecento milioni di persone denutrite. Questo spreco incide anche sul clima, poiché l’8-10% delle emissioni globali di gas serra sono associate al cibo che non viene consumato, secondo il rapporto del 2021 Food Waste Index, preparato dagli analisti dell’UNEP. Nell’attuale dibattito globale sul tema della lotta allo spreco alimentare, causato dalla sovrapproduzione e dalla sovralimentazione media, l’approccio convenzionale prevede la riduzione dei rifiuti attraverso il recupero per scopi benefici, anche se esso è in realtà il sintomo disfunzionale di un sistema alimentare che produce e distribuisce cibo in eccesso, incoraggiando il consumismo. Perciò, tale problema è stato inserito fra le cinque priorità della Food Policy di Milano 2015-2020 e i 44 indicatori del Milan Urban Food Policy Pact. Il fine è quello di dimezzare lo spreco alimentare pro capite in tutto il mondo entro il 2030, sia a livello di vendita al dettaglio che del consumo, in base all’obiettivo 12.3 degli SDG e al quadro europeo di transizione ecologica verso un’economia più circolare. A livello nazionale, l’Italia è il primo Paese ad aver adottato una legge che presenta un approccio strategico sul tema dello spreco alimentare, fornendo una definizione chiara di eccedenza, in linea con la food waste hierarchy internazionale. Grazie alla legge Gadda si stabilisce l’obiettivo di prevenire la produzione di rifiuti alimentari dai campi alle case dei cittadini e di promuovere la raccolta diretta dei prodotti scartati sui terreni e dei prodotti della panificazione. All’interno di questo ambito di ricerca è stato analizzato il progetto RePoPP (Re-design Project of Organic waste in Porta Palazzo market), avviatosi nel novembre del 2016 in occasione della Settimana europea per la riduzione dei rifiuti. Tale progettualità è il proseguimento del precedente PoPP (Progetto Organico Porta Palazzo) ed è promossa dall’Assessorato all’Ambiente del Comune di Torino, Amiat, Novamont ed Eco dalle Città, con il coordinamento scientifico dell’Università di Scienze Gastronomiche. L’attività è caratterizzata da obiettivi molteplici e interconnessi, come il miglioramento della raccolta differenziata facendo leva sull’integrazione sociale dei richiedenti asilo, e, contestualmente, il contrasto allo spreco alimentare attraverso azioni di recupero e redistribuzione in loco delle derrate ancora edibili. RePoPP presenta un modello multi-attore all’interno di una partnership pubblico-privato e dimostra come un approccio circolare, compatibile con i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile che l’ONU ha definito per il 2030, possa essere il punto di svolta nella creazione di nuove food policy, allo stesso tempo locali e sostenibili.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/26038