GIULIANELLI SOFIA Restoring immune response by targeting plasma cells with Daratumumab in patients with Lupus Lupus Nephritis (LN) occurs in 35-45% of patients with Systemic Lupus Erythematosus and is one of the most severe organ manifestations. It is associated with higher morbidity and mortality and is potentially life-threatening. For this reason, LN therapy is more aggressive compared to therapies used in non-renal forms of SLE, aiming to achieve rapid remission of the active disease form, prevent flare-ups, and prevent its progression to chronic kidney disease. Both the EULAR/ERA-EDTA and KDIGO guidelines recommend a standard of care (SOC) to induce remission, which includes mycophenolate mofetil (MMF) or cyclophosphamide (CYC), administered intravenously twice a month for three months, in combination with three infusions of methylprednisolone followed by a gradual tapering of oral prednisone. Refractory LN is typically defined as the lack of response within 3-4 months, failure to achieve a partial response after 6-12 months, or the absence of complete response to SOC after two years of treatment. A promising approach in refractory LN involves the selective depletion of plasma cells secreting pathogenic antibodies. CD38 is a glycoprotein expressed on the surface of leukocytes, particularly on plasma cells, and is involved in the process of cell differentiation. The recognition of this protein by the monoclonal antibody Daratumumab allows the depletion of CD38-expressing plasma cells, leading to a reduction in circulating autoantibody levels. To date, data on the use of daratumumab in SLE are still limited. Daratumumab also has a pleiotropic effect, acting on CD4+ and CD8+ T lymphocytes expressing CD38. More specifically, CD38+ CD8+ T lymphocytes have been found to exhibit reduced cytolytic activity compared to CD38- lymphocytes. In this context, selective depletion of these T lymphocytes allows for the reduction of cells with poor cytotoxic activity and an increase in the more active subset, restoring the immune response against the disease and external infectious agents. In this study, we evaluated the efficacy and safety of Daratumumab monotherapy in a cohort of patients with refractory LN. We also explored the dynamic changes in the CD8+ T lymphocyte population in response to therapy, simultaneously monitoring the infection risk. After serial evaluations lasting up to 12 months, five out of six patients showed a partial or complete renal response, with a significant reduction in proteinuria, improvement in renal function, and an increase in complement component levels. Additionally, an initial increase in the CD8+ T lymphocyte population was observed, followed by a slow reduction, reflecting a dynamic immune response and suggesting possible therapeutic effects of daratumumab on CD8+ lymphocytes in patients with lupus nephritis. These data suggest that Daratumumab can effectively modify the immune profile in patients, representing a crucial area of study not only to clarify their dual roles in disease modulation but also to optimize therapeutic strategies involving immune modulation in autoimmune conditions.
GIULIANELLI SOFIA Ripristinare la risposta immunitaria bersagliando le plasmacellule con Daratumumab nei pazienti affetti da Lupus La Nefrite Lupica (LN) si verifica nel 35-45% dei pazienti con Lupus Eritematoso Sistemico ed è una delle manifestazioni d’organo più severe. Si associa a maggior morbilità e mortalità ed è potenzialmente pericolosa per la vita. Per questa ragione, la terapia della NL è più aggressiva rispetto alle terapie utilizzate nelle forme di LES non renale, con l’obiettivo di raggiungere una remissione rapida della forma attiva di malattia, prevenire le riacutizzazioni e prevenire la sua progressione in malattia renale cronica. Sia le linee guida EULAR/ERA-EDTA che KDIGO raccomandano uno standard di cura (SOC) per indurre la remissione che include micofenolato mofetile (MMF) o ciclofosfamide (CYC), somministrati per via endovenosa due volte al mese per tre mesi, in combinazione con tre infusioni di metilprednisolone seguite da una graduale riduzione del prednisone orale. La LN refrattaria è tipicamente definita come la mancata risposta entro 3-4 mesi, il mancato raggiungimento di una risposta parziale dopo 6-12 mesi o l'assenza di risposta completa al SOC dopo due anni di trattamento. Un approccio promettente nelle forme refrattarie di NL consiste nella deplezione selettiva delle plasmacellule che secernono anticorpi patogeni. CD38 è una glicoproteina espressa sulla superficie dei leucociti, in particolar modo sulle plasmacellule, e coinvolta nel processo di differenziamento cellulare. Il riconoscimento di questa proteina da parte dell’anticorpo monoclonale Daratumumab permette una deplezione delle plasmacellule esprimenti CD38, con conseguente riduzione dei livelli di autoanticorpi circolanti. Ad oggi, i dati sull'utilizzo di daratumumab nel LES sono ancora limitati. Daratumumab ha inoltre un effetto pleiotropico, con azione sui linfociti T CD4+ e CD8+ esprimenti CD38. In particolare, è stato riscontrato che i linfociti T CD8+ CD38+ presentano una ridotta attività citoltica rispetto agli stessi linfociti CD38-, per cui una deplezione selettiva di questi linfociti T permette di ridurre la quota di cellule con scarsa attività citotossica e aumentare la quota maggiormente attiva, con ripristino della risposta immunitaria contro la malattia e contro agenti infettivi esterni. In questo studio abbiamo valutato l’efficacia e a sicurezza di Daratumumab in monoterapia in una coorte di pazienti affetti da NL refrattaria. Abbiamo inoltre esplorato le variazioni dinamiche sulla popolazione di linfociti T CD8+ in risposta alla terapia, monitorando in contemporanea il rischio infettivo. In seguito a valutazioni seriate della durata massima di 12 mesi, in cinque pazienti su sei è stata effettivamente riscontrata una risposta renale parziale o completa, con una significativa riduzione della proteinuria, un miglioramento della funzione renale e un aumento dei livelli dei componenti del complemento. Inoltre, è stato inizialmente riscontrato un aumento della popolazione linfocitaria T CD8+, seguito poi da una lenta riduzione, andamento che riflette una risposta immunitaria dinamica e che suggerisce possibili effetti terapeutici del daratumumab sui linfociti CD8+ nei pazienti con nefrite lupica. Questi dati suggeriscono pertanto che Daratumumab è effettivamente in grado di modificare l’assetto immunitario nei pazienti, rappresentano un'area di studio cruciale, non solo per chiarire i loro ruoli duali nella modulazione della malattia, ma anche per ottimizzare le strategie terapeutiche che coinvolgono la modulazione immunitaria nelle condizioni autoimmuni.
Ripristinare la Risposta Immunitaria bersagliando le Plasmacellule con Daratumumab nei Pazienti affetti da Lupus
GIULIANELLI, SOFIA
2023/2024
Abstract
GIULIANELLI SOFIA Ripristinare la risposta immunitaria bersagliando le plasmacellule con Daratumumab nei pazienti affetti da Lupus La Nefrite Lupica (LN) si verifica nel 35-45% dei pazienti con Lupus Eritematoso Sistemico ed è una delle manifestazioni d’organo più severe. Si associa a maggior morbilità e mortalità ed è potenzialmente pericolosa per la vita. Per questa ragione, la terapia della NL è più aggressiva rispetto alle terapie utilizzate nelle forme di LES non renale, con l’obiettivo di raggiungere una remissione rapida della forma attiva di malattia, prevenire le riacutizzazioni e prevenire la sua progressione in malattia renale cronica. Sia le linee guida EULAR/ERA-EDTA che KDIGO raccomandano uno standard di cura (SOC) per indurre la remissione che include micofenolato mofetile (MMF) o ciclofosfamide (CYC), somministrati per via endovenosa due volte al mese per tre mesi, in combinazione con tre infusioni di metilprednisolone seguite da una graduale riduzione del prednisone orale. La LN refrattaria è tipicamente definita come la mancata risposta entro 3-4 mesi, il mancato raggiungimento di una risposta parziale dopo 6-12 mesi o l'assenza di risposta completa al SOC dopo due anni di trattamento. Un approccio promettente nelle forme refrattarie di NL consiste nella deplezione selettiva delle plasmacellule che secernono anticorpi patogeni. CD38 è una glicoproteina espressa sulla superficie dei leucociti, in particolar modo sulle plasmacellule, e coinvolta nel processo di differenziamento cellulare. Il riconoscimento di questa proteina da parte dell’anticorpo monoclonale Daratumumab permette una deplezione delle plasmacellule esprimenti CD38, con conseguente riduzione dei livelli di autoanticorpi circolanti. Ad oggi, i dati sull'utilizzo di daratumumab nel LES sono ancora limitati. Daratumumab ha inoltre un effetto pleiotropico, con azione sui linfociti T CD4+ e CD8+ esprimenti CD38. In particolare, è stato riscontrato che i linfociti T CD8+ CD38+ presentano una ridotta attività citoltica rispetto agli stessi linfociti CD38-, per cui una deplezione selettiva di questi linfociti T permette di ridurre la quota di cellule con scarsa attività citotossica e aumentare la quota maggiormente attiva, con ripristino della risposta immunitaria contro la malattia e contro agenti infettivi esterni. In questo studio abbiamo valutato l’efficacia e a sicurezza di Daratumumab in monoterapia in una coorte di pazienti affetti da NL refrattaria. Abbiamo inoltre esplorato le variazioni dinamiche sulla popolazione di linfociti T CD8+ in risposta alla terapia, monitorando in contemporanea il rischio infettivo. In seguito a valutazioni seriate della durata massima di 12 mesi, in cinque pazienti su sei è stata effettivamente riscontrata una risposta renale parziale o completa, con una significativa riduzione della proteinuria, un miglioramento della funzione renale e un aumento dei livelli dei componenti del complemento. Inoltre, è stato inizialmente riscontrato un aumento della popolazione linfocitaria T CD8+, seguito poi da una lenta riduzione, andamento che riflette una risposta immunitaria dinamica e che suggerisce possibili effetti terapeutici del daratumumab sui linfociti CD8+ nei pazienti con nefrite lupica. Questi dati suggeriscono pertanto che Daratumumab è effettivamente in grado di modificare l’assetto immunitario nei pazienti, rappresentano un'area di studio cruciale, non solo per chiarire i loro ruoli duali nella modulazione della malattia, ma anche per ottimizzare le strategie terapeutiche che coinvolgono la modulazione immunitaria nelle condizioni autoimmuni.File | Dimensione | Formato | |
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