Alla coltivazione del riso sono associate diverse problematiche ambientali, che comprendono rischi di inquinamento delle acque, dei suoli e dell’aria e il depauperamento delle risorse non rinnovabili. Gli indicatori agroambientali possono essere usati per valutare e comunicare in modo sintetico gli impatti ambientali delle aziende agricole. I sistemi che prevendono la coltivazione del riso si distinguono in quanto le condizioni di coltivazione in sommersione influenzano gli impatti ambientali generati, ed in particolar modo le emissioni di gas climalteranti, il consumo di acqua, le dinamiche della sostanza organica nel suolo, la lisciviazione dell’azoto, la semplificazione del paesaggio e il rischio potenziale legato ai trattamenti fitosanitari. Lo studio applica una gamma di indicatori al fine di valutarne la performance e quantificare gli impatti ambientali della risicoltura. L’applicativo Visione è stato utilizzato per il calcolo delle emissioni di gas effetto serra da campo, PM, NO, NH3, la lisciviazione dell’azoto, il bilancio colturale efficiente ed il surplus (+) deficit (-) medio aziendale (N, P, K). Per il calcolo della carbon footprint, è stato utilizzato l’applicativo web Cool Farm Tool. L’analisi della variazione di carbonio nei suoli si è basata, invece, sul modello matematico RothC-26.3_p. È stato, invece, usato il programma EPRIP per stimare l’impatto ambientale dei trattamenti fitosanitari. Infine, sono stati calcolati gli indicatori proposti dalla Commissione Europea quali la biodiversità strutturale, e la copertura del suolo e la energy use efficiency (EUE). Sono stati analizzati sedici casi aziendali, situati tra Piemonte e Lombardia, con pratiche colturali differenti in modo da analizzarne le differenze. Quasi tutte le aziende studiate utilizzano cover crop, questo si è tradotto in un sequestro nel suolo di 1680 kg CO2/ha all’anno a fronte di un’emissione annua (calcolata da Cool Farm Tool) mediamente pari a 6200 kg CO2/ha, principalmente causate dall’emissione di metano (82%). Il bilancio colturale efficiente è risultato deficitario in quasi tutte le aziende, ad esclusione di 3 aziende biologiche e 3 aziende convenzionali, che hanno presentato un surplus di azoto, comunque maggiore nelle aziende convenzionali dove ha causato emissioni di NH3 maggiori al cresce dell’intensità. L’indicatore EPRIP non è stato in grado di differenziare efficacemente le gestioni aziendali ma ha attribuito agli appezzamenti gestiti con la semina in asciutta un rischio ambientale maggiore, per via dei trattamenti fitosanitari aggiuntivi. La biodiversità strutturale e la copertura del terreno hanno presentato i valori minori -associati a rischi di erosione e perdite invernali di N e P verso le acque- nei casi di monocoltura, mentre le performance sono migliorate nettamente in seguito all’adozione di cover crop e di rotazioni più o meno complesse. La EUE è variata molto a seconda del livello di input e delle rese ottenute. Gli indicatori scelti si sono rilevati efficaci nel distinguere le conduzioni aziendali e confrontare la sostenibilità delle varie realtà considerate. L’analisi condotta ha evidenziato, tuttavia, la necessità di adottare sistemi di calcolo specifici per la risicoltura indirizzati ad altri aspetti, quali la biodiversità in senso ampio e la water footprint e, in alcuni casi, il perfezionamento (EPRIP) o la validazione (RothC) di quelli esistenti.

Indicatori di sostenibilità agroambientale in aziende risicole a diversa gestione

OMEDÈ, GABRIELE
2019/2020

Abstract

Alla coltivazione del riso sono associate diverse problematiche ambientali, che comprendono rischi di inquinamento delle acque, dei suoli e dell’aria e il depauperamento delle risorse non rinnovabili. Gli indicatori agroambientali possono essere usati per valutare e comunicare in modo sintetico gli impatti ambientali delle aziende agricole. I sistemi che prevendono la coltivazione del riso si distinguono in quanto le condizioni di coltivazione in sommersione influenzano gli impatti ambientali generati, ed in particolar modo le emissioni di gas climalteranti, il consumo di acqua, le dinamiche della sostanza organica nel suolo, la lisciviazione dell’azoto, la semplificazione del paesaggio e il rischio potenziale legato ai trattamenti fitosanitari. Lo studio applica una gamma di indicatori al fine di valutarne la performance e quantificare gli impatti ambientali della risicoltura. L’applicativo Visione è stato utilizzato per il calcolo delle emissioni di gas effetto serra da campo, PM, NO, NH3, la lisciviazione dell’azoto, il bilancio colturale efficiente ed il surplus (+) deficit (-) medio aziendale (N, P, K). Per il calcolo della carbon footprint, è stato utilizzato l’applicativo web Cool Farm Tool. L’analisi della variazione di carbonio nei suoli si è basata, invece, sul modello matematico RothC-26.3_p. È stato, invece, usato il programma EPRIP per stimare l’impatto ambientale dei trattamenti fitosanitari. Infine, sono stati calcolati gli indicatori proposti dalla Commissione Europea quali la biodiversità strutturale, e la copertura del suolo e la energy use efficiency (EUE). Sono stati analizzati sedici casi aziendali, situati tra Piemonte e Lombardia, con pratiche colturali differenti in modo da analizzarne le differenze. Quasi tutte le aziende studiate utilizzano cover crop, questo si è tradotto in un sequestro nel suolo di 1680 kg CO2/ha all’anno a fronte di un’emissione annua (calcolata da Cool Farm Tool) mediamente pari a 6200 kg CO2/ha, principalmente causate dall’emissione di metano (82%). Il bilancio colturale efficiente è risultato deficitario in quasi tutte le aziende, ad esclusione di 3 aziende biologiche e 3 aziende convenzionali, che hanno presentato un surplus di azoto, comunque maggiore nelle aziende convenzionali dove ha causato emissioni di NH3 maggiori al cresce dell’intensità. L’indicatore EPRIP non è stato in grado di differenziare efficacemente le gestioni aziendali ma ha attribuito agli appezzamenti gestiti con la semina in asciutta un rischio ambientale maggiore, per via dei trattamenti fitosanitari aggiuntivi. La biodiversità strutturale e la copertura del terreno hanno presentato i valori minori -associati a rischi di erosione e perdite invernali di N e P verso le acque- nei casi di monocoltura, mentre le performance sono migliorate nettamente in seguito all’adozione di cover crop e di rotazioni più o meno complesse. La EUE è variata molto a seconda del livello di input e delle rese ottenute. Gli indicatori scelti si sono rilevati efficaci nel distinguere le conduzioni aziendali e confrontare la sostenibilità delle varie realtà considerate. L’analisi condotta ha evidenziato, tuttavia, la necessità di adottare sistemi di calcolo specifici per la risicoltura indirizzati ad altri aspetti, quali la biodiversità in senso ampio e la water footprint e, in alcuni casi, il perfezionamento (EPRIP) o la validazione (RothC) di quelli esistenti.
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