Il consolidato fiscale nazionale: considerazioni sull'istituto e riflessioni sulle modifiche apportate nel 2015

Sino alla riforma del 2003 nell'ordinamento tributario italiano non era previsto alcun meccanismo di tassazione consolidata in merito all'imposta sui redditi delle società nonostante la sempre maggiore importanza che assumevano i gruppi di imprese. Si può ritenere, infatti, che il gruppo di società costituisca l'evoluzione più raffinata e complessa cui sia pervenuta l'iniziativa e la capacità imprenditoriale . Il gruppo societario, quindi, non nasce all'interno di una cornice legislativa, ma è espressione dell'adattamento delle capacità imprenditoriali in risposta ai mutamenti dei mercati sempre più globalizzati. Da ciò discende la difficoltà di inquadrare giuridicamente questa fattispecie soprattutto per via della contrapposizione dei due estremi rappresentati dall'unicità in senso economico dei soggetti partecipanti al gruppo, da un lato, e dalla pluralità in senso giuridico degli stessi, dall'altro lato. La rilevanza fiscale del gruppo, sino alla riforma del 2003, era stata circoscritta a vari profili che prendevano in considerazione il gruppo: si pensi alla normativa sul transfer price, alla liquidazione IVA di gruppo che consente un consolidamento di tipo finanziario dei debiti e dei crediti IVA delle società del gruppo, al trasferimento delle eccedenze IRES previsto dall'art. 43-ter del DPR n. 602/1973. Tuttavia al fine di eliminare e prevenire eventuali distorsioni derivanti dal frazionamento del soggetto economico in più sottoarticolazioni giuridiche l'ordinamento si è dovuto adeguare e prevedere un meccanismo ad hoc per questa fattispecie: gli artt. 117 e seguenti del TUIR rispondono a questa esigenza delineando il meccanismo del consolidato fiscale nazionale e il meccanismo del consolidato fiscale mondiale.