L'azione revocatoria ordinaria, disciplinata agli artt. 2901 ¿ 2904 c.c., è uno dei mezzi diretti alla conservazione della garanzia patrimoniale generica ed alla tutela conservativa del diritto di credito. Costituisce uno degli strumenti attraverso il quale l'ordinamento giuridico attua il principio della responsabilità patrimoniale, fissato dall'art. 2740 c.c., in virtù del quale al creditore viene attribuita una garanzia di carattere generico sull'intero patrimonio del debitore. Ai sensi dell'art. 2740 c.c., il debitore «risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri». I suoi beni, quindi, vengono a trovarsi in una condizione di soggezione, sia pure solo potenziale, in cui si manifesta la responsabilità patrimoniale e che costituisce il presupposto dell'azione esecutiva del creditore (art. 2910 c.c.). Essa non priva il debitore del potere di disporre dei propri beni: gli atti di disposizione compiuti dal debitore sono, in linea di principio, pienamente validi ed efficaci anche nei confronti dei suoi creditori. Il potere di disposizione del debitore tuttavia si attenua. Infatti, qualora l'atto di disposizione «rechi pregiudizio» alle ragioni creditorie, il creditore ha il diritto di domandare che tale atto sia dichiarato inefficace «nei suoi confronti» (art. 2901, comma 1, c.c.) e di promuovere «nei confronti dei terzi acquirenti», una volta ottenuta la declaratoria di inefficacia, «le azioni esecutive o conservative sui beni che formano oggetto dell'atto impugnato» (art. 2902, comma 1, c.c.). In particolare, affinché possa essere dichiarata l'inefficacia dell'atto di disposizione compiuto artatamente dal debitore, con lo scopo di diminuire la propria garanzia patrimoniale, occorre il concorso di tre requisiti: 1) l'esistenza di un diritto di credito verso il debitore disponente; 2) l'eventus damni, cioè il pregiudizio arrecato dall'atto di disposizione del debitore alla garanzia patrimoniale del creditore, consistente nell'effettivo depauperamento o anche semplicemente nella modificazione della composizione del patrimonio del debitore stesso, tale da rendere più difficoltoso il soddisfacimento delle pretese creditorie; 3) il consilium fraudis, ossia un particolare atteggiamento soggettivo del debitore, e ¿ quando si tratti di atti a titolo oneroso ¿ anche del terzo. L'azione revocatoria ordinaria, a partire dalla fine del XIX secolo, ha subito un cambiamento, compiutosi ad opera di una parte della dottrina e della giurisprudenza, per effetto del quale da «sanzione diretta alla frode del debitore» si è trasformata, a causa dei mutamenti della realtà economico-sociale, in «strumento di tutela obiettiva del creditore». Negli artt. 2901 e ss. del vigente codice civile, il requisito soggettivo dell'azione in parola non è stato più indicato con il termine «frode», bensì con il termine «conoscenza del pregiudizio» che l'atto arreca alle regioni del creditore. L'idea di frode, contemplata dall'art. 1235 c. c. abrogato, sembrerebbe, dunque, essere stata oggetto di una progressiva ed inesorabile erosione, scomparendo dall'attuale configurazione legislativa dell'azione revocatoria. L'attuale disciplina dell'azione in parola pare priva di un presupposto volto a qualificare il «pregiudizio» per i creditori, che rappresenti un effettivo limite all'area, assai estesa, del danno rilevante ai fini della revocabilità di un atto dispositivo impugnato.

I presupposti oggettivi dell'azione revocatoria ordinaria

BONAFEDE, CRISTINA
2015/2016

Abstract

L'azione revocatoria ordinaria, disciplinata agli artt. 2901 ¿ 2904 c.c., è uno dei mezzi diretti alla conservazione della garanzia patrimoniale generica ed alla tutela conservativa del diritto di credito. Costituisce uno degli strumenti attraverso il quale l'ordinamento giuridico attua il principio della responsabilità patrimoniale, fissato dall'art. 2740 c.c., in virtù del quale al creditore viene attribuita una garanzia di carattere generico sull'intero patrimonio del debitore. Ai sensi dell'art. 2740 c.c., il debitore «risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri». I suoi beni, quindi, vengono a trovarsi in una condizione di soggezione, sia pure solo potenziale, in cui si manifesta la responsabilità patrimoniale e che costituisce il presupposto dell'azione esecutiva del creditore (art. 2910 c.c.). Essa non priva il debitore del potere di disporre dei propri beni: gli atti di disposizione compiuti dal debitore sono, in linea di principio, pienamente validi ed efficaci anche nei confronti dei suoi creditori. Il potere di disposizione del debitore tuttavia si attenua. Infatti, qualora l'atto di disposizione «rechi pregiudizio» alle ragioni creditorie, il creditore ha il diritto di domandare che tale atto sia dichiarato inefficace «nei suoi confronti» (art. 2901, comma 1, c.c.) e di promuovere «nei confronti dei terzi acquirenti», una volta ottenuta la declaratoria di inefficacia, «le azioni esecutive o conservative sui beni che formano oggetto dell'atto impugnato» (art. 2902, comma 1, c.c.). In particolare, affinché possa essere dichiarata l'inefficacia dell'atto di disposizione compiuto artatamente dal debitore, con lo scopo di diminuire la propria garanzia patrimoniale, occorre il concorso di tre requisiti: 1) l'esistenza di un diritto di credito verso il debitore disponente; 2) l'eventus damni, cioè il pregiudizio arrecato dall'atto di disposizione del debitore alla garanzia patrimoniale del creditore, consistente nell'effettivo depauperamento o anche semplicemente nella modificazione della composizione del patrimonio del debitore stesso, tale da rendere più difficoltoso il soddisfacimento delle pretese creditorie; 3) il consilium fraudis, ossia un particolare atteggiamento soggettivo del debitore, e ¿ quando si tratti di atti a titolo oneroso ¿ anche del terzo. L'azione revocatoria ordinaria, a partire dalla fine del XIX secolo, ha subito un cambiamento, compiutosi ad opera di una parte della dottrina e della giurisprudenza, per effetto del quale da «sanzione diretta alla frode del debitore» si è trasformata, a causa dei mutamenti della realtà economico-sociale, in «strumento di tutela obiettiva del creditore». Negli artt. 2901 e ss. del vigente codice civile, il requisito soggettivo dell'azione in parola non è stato più indicato con il termine «frode», bensì con il termine «conoscenza del pregiudizio» che l'atto arreca alle regioni del creditore. L'idea di frode, contemplata dall'art. 1235 c. c. abrogato, sembrerebbe, dunque, essere stata oggetto di una progressiva ed inesorabile erosione, scomparendo dall'attuale configurazione legislativa dell'azione revocatoria. L'attuale disciplina dell'azione in parola pare priva di un presupposto volto a qualificare il «pregiudizio» per i creditori, che rappresenti un effettivo limite all'area, assai estesa, del danno rilevante ai fini della revocabilità di un atto dispositivo impugnato.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/24983