Dare un significato alle azioni degli uomini, comprendere le interazioni che si instaurano tra due o più persone, sono solo alcuni degli interrogativi cui la sociologia ha sempre cercato di rispondere. A partire dal secondo dopoguerra, però, dei notevoli passi avanti furono fatti. A partire dal lavoro della Scuola di Chicago1, con principale riferimento a George Herbert Mead, passando per Herbert Blumer e Harold Garfinkel. A dare uno smalto nuovo e uno slancio innovativo alle ricerche, tuttavia, fu qualcun altro. Uno studioso eccentrico rispetto alle scuole sociologiche consolidate, dai metodi non accademici e per questo a volte non molto ben visto dai colleghi. Erving Goffman, nato a Manville in Canada nel 1922, ci è stato descritto come personaggio schivo, riservato tanto da non far trapelare nulla della sua vita privata (Trifiletti, 1991). Ma una volta che questi lavori ebbero generato scalpore nei lettori e nei colleghi, ci si interrogò su chi fosse veramente questo studioso laureatosi presso l'università di Toronto nel 1954 e specializzatosi in ¿Sociologia e Antropologia Sociale¿ nell'università di Chicago. La sua tesi di dottorato, in particolare, ricordava molto gli studi di Park sulla metropoli e sui rapporti sociali che si instaurano tra gli abitanti di una comunità a stretto contatto per un periodo di tempo medio-lungo: le ricerche di Goffman sui coltivatori delle Isole Shetland, condotte direttamente sul campo, miravano a studiare la partecipazione attiva degli abitanti di un villaggio piccolo, denominato ¿Dixon¿, allo svolgimento dei lavori per la sussistenza del luogo e delle piantagioni. Più che una tesi, come sostiene Rossana Trifiletti, un vero e proprio accenno di sistemazione teorica. Perché da questo studio e da altri condotti in contemporanea, il canadese raccolse materiale per la stesura de La vita quotidiana come rappresentazione (1969), in cui è contenuto il modello drammaturgico, il punto cardine per comprendere le teorie di Goffman. Questo sarà il punto di partenza della tesi, che si soffermerà però più approfonditamente su due lavori successivi del sociologo: Stigma e Asylums. Nel primo è descritto il processo di stigmatizzazione e le interazioni con i portatori di stigma, attraverso l'analisi dei pregiudizi più comuni e i modi in cui le minorazioni vengono nascoste. Nel secondo, vi è un'acuta analisi sulle istituzioni totali, strutture sociali capaci di produrre comportamenti predeterminati, dalle istituzioni stesse, in soggetti instabili mentalmente o giudicati tali. Queste sono probabilmente le due opere più affascinanti di Goffman, ma anche le più sconvolgenti. Le interviste condotte direttamente sui soggetti studiati, sui pazienti degli istituti e anche sui lavoratori degli ospedali, portano alla luce il lato oscuro del controllo sociale che tali istituzioni impongono agli internati. In più lo stile diretto, ironico e pungente di Goffman rende ancora più personali le sue considerazioni. Infatti l'argomento tocca molto da vicino il sociologo, in quanto la prima moglie fu affetta da gravi turbe psichiche, che persistettero fino alla prematura morte della donna. Le considerazioni che verranno fatte in Asylums e Stigma saranno fondamentali per comprendere tutto il lavoro di Goffman, avalleranno le teorie riguardanti il modello drammaturgico e saranno d'ispirazione per la trattazione di un argomento, quello della malattia mentale e degli stigmatizzati, troppo spesso trascurati dalla sociologia.
Asylums e Stigma - Ervign Goffman e l'identità negata
GHIRONI, MARCO
2015/2016
Abstract
Dare un significato alle azioni degli uomini, comprendere le interazioni che si instaurano tra due o più persone, sono solo alcuni degli interrogativi cui la sociologia ha sempre cercato di rispondere. A partire dal secondo dopoguerra, però, dei notevoli passi avanti furono fatti. A partire dal lavoro della Scuola di Chicago1, con principale riferimento a George Herbert Mead, passando per Herbert Blumer e Harold Garfinkel. A dare uno smalto nuovo e uno slancio innovativo alle ricerche, tuttavia, fu qualcun altro. Uno studioso eccentrico rispetto alle scuole sociologiche consolidate, dai metodi non accademici e per questo a volte non molto ben visto dai colleghi. Erving Goffman, nato a Manville in Canada nel 1922, ci è stato descritto come personaggio schivo, riservato tanto da non far trapelare nulla della sua vita privata (Trifiletti, 1991). Ma una volta che questi lavori ebbero generato scalpore nei lettori e nei colleghi, ci si interrogò su chi fosse veramente questo studioso laureatosi presso l'università di Toronto nel 1954 e specializzatosi in ¿Sociologia e Antropologia Sociale¿ nell'università di Chicago. La sua tesi di dottorato, in particolare, ricordava molto gli studi di Park sulla metropoli e sui rapporti sociali che si instaurano tra gli abitanti di una comunità a stretto contatto per un periodo di tempo medio-lungo: le ricerche di Goffman sui coltivatori delle Isole Shetland, condotte direttamente sul campo, miravano a studiare la partecipazione attiva degli abitanti di un villaggio piccolo, denominato ¿Dixon¿, allo svolgimento dei lavori per la sussistenza del luogo e delle piantagioni. Più che una tesi, come sostiene Rossana Trifiletti, un vero e proprio accenno di sistemazione teorica. Perché da questo studio e da altri condotti in contemporanea, il canadese raccolse materiale per la stesura de La vita quotidiana come rappresentazione (1969), in cui è contenuto il modello drammaturgico, il punto cardine per comprendere le teorie di Goffman. Questo sarà il punto di partenza della tesi, che si soffermerà però più approfonditamente su due lavori successivi del sociologo: Stigma e Asylums. Nel primo è descritto il processo di stigmatizzazione e le interazioni con i portatori di stigma, attraverso l'analisi dei pregiudizi più comuni e i modi in cui le minorazioni vengono nascoste. Nel secondo, vi è un'acuta analisi sulle istituzioni totali, strutture sociali capaci di produrre comportamenti predeterminati, dalle istituzioni stesse, in soggetti instabili mentalmente o giudicati tali. Queste sono probabilmente le due opere più affascinanti di Goffman, ma anche le più sconvolgenti. Le interviste condotte direttamente sui soggetti studiati, sui pazienti degli istituti e anche sui lavoratori degli ospedali, portano alla luce il lato oscuro del controllo sociale che tali istituzioni impongono agli internati. In più lo stile diretto, ironico e pungente di Goffman rende ancora più personali le sue considerazioni. Infatti l'argomento tocca molto da vicino il sociologo, in quanto la prima moglie fu affetta da gravi turbe psichiche, che persistettero fino alla prematura morte della donna. Le considerazioni che verranno fatte in Asylums e Stigma saranno fondamentali per comprendere tutto il lavoro di Goffman, avalleranno le teorie riguardanti il modello drammaturgico e saranno d'ispirazione per la trattazione di un argomento, quello della malattia mentale e degli stigmatizzati, troppo spesso trascurati dalla sociologia.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/24292