Le cellule umane crescono e si dividono per formare nuove cellule e quando invecchiano o si danneggiano, muoiono e nuove cellule ne prendono il posto. Questo processo ordinario si interrompe quando insorge il tumore. Tra le principali tipologie di terapie antitumorali vi sono chirurgia, radioterapia e chemioterapia. Ovviamente oltre alle cellule cancerose anche le cellule sane sono soggette al danno della radioterapia e della chemioterapia (che colpisce cellule a rapida crescita) causando le reazioni avverse. Tra le strategie atte ad evitare la comparsa delle reazioni avverse, sono stati studiati approcci terapeutici basati sulle differenze tra le cellule tumorali e cellule non trasformate che permettano di attivare l'agente chemioterapico. In particolare il metabolismo spinto tumorale porta alla formazione di specie reattive dell'ossigeno (ROS) e nello stesso tempo all'instaurarsi dell'ipossia tumorale. Tra i vari approcci utilizzati per l'attivazione delle prodrug, ve n'è uno che si basa sull'utilizzo della luce, che presenta numerosi vantaggi. Gli agenti chemioterapeci vengono protetti (mascherati) con un gruppo funzionale fotoremovibile (PPG) generando molecole non tossiche. Utilizzando un raggio di luce (di solito a una lunghezza d'onda corta nel range UV), i PPG vengono rimossi liberando l'agente citotossico. Poiché la luce UV ha varie limitazioni c'è un grande interesse nello sviluppo di PPG rimovibili con luce visibile. Si è pensato di usare lo scheletro del BODIPY per la veicolazione e la liberazione di molecole farmacologicamente attive nella terapia oncologica. Nel presente lavoro di tesi si è pensato quindi di sintetizzare il derivato 8-(4-clorometilfenilossimetilico) del BODIPY (1). Si pensa che questa molecola una volta irradiata con la luce verde ad alta intensità sarà in grado di scindere il legame tra il metilene in posizione 8 e l'atomo di ossigeno liberando il 4-clorometilfenolo. Confermata tale capacità, un agente chemioterapico, come una mostarda azotata mascherata, potrà essere utilizzato inserendolo nella struttura.

Utilizzo del BODIPY come gabbia fotoprotettrice: sintesi di una molecola modello

MANZINI, LAVINIA
2015/2016

Abstract

Le cellule umane crescono e si dividono per formare nuove cellule e quando invecchiano o si danneggiano, muoiono e nuove cellule ne prendono il posto. Questo processo ordinario si interrompe quando insorge il tumore. Tra le principali tipologie di terapie antitumorali vi sono chirurgia, radioterapia e chemioterapia. Ovviamente oltre alle cellule cancerose anche le cellule sane sono soggette al danno della radioterapia e della chemioterapia (che colpisce cellule a rapida crescita) causando le reazioni avverse. Tra le strategie atte ad evitare la comparsa delle reazioni avverse, sono stati studiati approcci terapeutici basati sulle differenze tra le cellule tumorali e cellule non trasformate che permettano di attivare l'agente chemioterapico. In particolare il metabolismo spinto tumorale porta alla formazione di specie reattive dell'ossigeno (ROS) e nello stesso tempo all'instaurarsi dell'ipossia tumorale. Tra i vari approcci utilizzati per l'attivazione delle prodrug, ve n'è uno che si basa sull'utilizzo della luce, che presenta numerosi vantaggi. Gli agenti chemioterapeci vengono protetti (mascherati) con un gruppo funzionale fotoremovibile (PPG) generando molecole non tossiche. Utilizzando un raggio di luce (di solito a una lunghezza d'onda corta nel range UV), i PPG vengono rimossi liberando l'agente citotossico. Poiché la luce UV ha varie limitazioni c'è un grande interesse nello sviluppo di PPG rimovibili con luce visibile. Si è pensato di usare lo scheletro del BODIPY per la veicolazione e la liberazione di molecole farmacologicamente attive nella terapia oncologica. Nel presente lavoro di tesi si è pensato quindi di sintetizzare il derivato 8-(4-clorometilfenilossimetilico) del BODIPY (1). Si pensa che questa molecola una volta irradiata con la luce verde ad alta intensità sarà in grado di scindere il legame tra il metilene in posizione 8 e l'atomo di ossigeno liberando il 4-clorometilfenolo. Confermata tale capacità, un agente chemioterapico, come una mostarda azotata mascherata, potrà essere utilizzato inserendolo nella struttura.
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