Background. Cardiovascular disease represents one of the main causes of mortality in Western countries. A degenerative process called atherosclerosis has been addressed as the most frequent cause, being a chronic inflammatory disease characterized by the deposition of lipid plaques within artery wall. The identification of new diagnostic and prognostic biomarkers still focus large efforts and vitamin D has received considerable interest, due to its potential role in the regulation of anti-inflammatory, antithrombotic and antioxidant processes. However, the cardiovascular benefits of vitamin D supplementation and its real pathogenetic role are still debated due to its interactions with other morbid conditions and the results of other studies. In this study, we assessed the association of vitamin D (25, OHD) values with the risk profile, angiographic features, procedural results and short-term prognosis in patients with ST-segment elevation myocardial infarction (STEMI). Methods. Consecutive patients with STEMI undergoing coronary angiography and subsequent primary angioplasty were included in the study. Vitamin D (25, OHD) levels were assessed by the Elecsys Vitamin D total II test on a COBAS e-801® analyzer (Roche Diagnostic). Vitamin D insufficiency was defined for values between 10-20 ng / mL, while a severe deficiency for values <10 ng / mL. Results. The study included 136 patients, divided into three groups according to vitamin D tertiles value. Severe hypovitaminosis D was found in 27 (19.9%) patients. Vitamin D inversely related with renal failure (p=0.05) and coronary calcifications (p=0.01). There was no association between vitamin D levels and the prevalence of severe coronary artery disease (p = 0.78, adjusted OR [95% CI] = 1.24 [0.63-1.64], p = 0.92). The procedural parameters were also similar among vitamin D levels, however, a greater frequency of no-reflow, an indicator of impaired coronary reperfusion, was identified for lower vitamin D (10.3% vs 6.7% vs 0 %, p = 0.04, adjusted OR [95% CI] = 3.45 [1.06-112.4], p = 0.05), with the need for a greater use of adenosine (p = 0.04). In-hospital mortality was 2.2%, with no difference according to vitamin D tertiles; the duration of hospitalization was comparable in the three groups (6.5 ± 5.1 vs 13.3 ± 4.6 vs 6.8 ± 4.6, p = 0.27). Conclusion. In conclusion, in this study inadequate vitamin D levels were independently associated with the no-reflow phenomenon, despite not conditioning the short-term outcomes of STEMI patients undergoing primary PCI. Future studies will define the long-term prognostic implications and the therapeutic role of vitamin D in these patients.
Introduzione. Le malattie cardiovascolari rappresentano una delle principali cause di mortalità nei paesi sviluppati. La causa più frequente è un processo degenerativo denominato aterosclerosi, una malattia infiammatoria cronica caratterizzata dalla deposizione di placche lipidiche all’interno della parete delle arterie. Nell’ambito della ricerca di biomarcatori diagnostici e prognostici sempre più potenti, la vitamina D ha ricevuto notevole interesse, in funzione del suo potenziale ruolo antiinfiammatorio, antitrombotico e antiossidante. Tuttavia, i benefici cardiovascolari della supplementazione con vitamina D ed il suo reale ruolo patogenetico restano ad oggi dibattuti, in funzione delle sue numerose interazioni con altre condizioni morbose e dei risultati degli studi finora condotti. Obiettivo di questo studio è stato valutare nei pazienti con infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI), sottoposti ad angioplastica, l’associazione dei valori di vitamina D (25, OHD) con il profilo di rischio, il quadro angiografico, il risultato procedurale e la prognosi a breve termine. Metodi. La nostra popolazione era rappresentata da pazienti consecutivi con infarto miocardico STEMI sottoposti ad angiografia coronarica e successiva angioplastica primaria. I livelli di vitamina D (25, OHD) sono stati valutati tramite il test Elecsys Vitamin D Total II su analizzatore COBAS e-801® (Roche Diagnostic). La carenza di vitamina D è stata definita per valori tra 10-20 ng/mL, mentre un deficit severo è stato definito per valori < 10 ng/mL. Risultati. 136 pazienti sono stati inclusi e divisi in tre gruppi in funzione del valore dei terzili di vitamina D. Una severa ipovitaminosi D è stata riscontrata in 27 (19.9%) dei pazienti. I livelli di vitamina D sono risultati inversamente associati all’insufficienza renale (p=0.05) ed alla presenza di calcificazioni coronariche (p=0.01). Tuttavia, non è emersa alcuna associazione tra i livelli di vitamina D e la prevalenza di malattia coronarica severa (p=0.78, adjusted OR [95%CI] = 1.24[0.63-1.64], p=0.92). Anche i parametri procedurali erano simili tra i livelli di vitamina D, tuttavia, si è evidenziata una maggior frequenza di no-reflow, indicatore di alterata riperfusione coronarica, nei terzili inferiori di vitamina D (10.3% vs 6.7% vs 0%, p=0.04, adjusted OR [95%CI] = 3.45[1.06-112.4], p=0.05), con necessità di un maggiore uso di adenosina (p=0.04). La mortalità intraospedaliera è risultata del 2.2%, senza alcuna differenza in funzione dei livelli di vitamina D; la durata dell’ospedalizzazione è risultata comparabile tra i tre gruppi (6.5±5.1 vs 13.3±4.6 vs 6.8±4.6, p=0.27). Conclusione. In conclusione, in questo studio inadeguati livelli di vitamina D sono stati indipendentemente associati al fenomeno del no-reflow nei pazienti con infarto miocardico STEMI sottoposti ad angioplastica primaria, pur non determinando un impatto sulla prognosi. Futuri studi sono pertanto necessari per definire il suo ruolo a lungo termine e le potenziali implicazioni terapeutiche.
Ruolo dei livelli di vitamina D (25,OHD) nell'infarto miocardico acuto STEMI
PANAROTTO, NICOLO'
2020/2021
Abstract
Introduzione. Le malattie cardiovascolari rappresentano una delle principali cause di mortalità nei paesi sviluppati. La causa più frequente è un processo degenerativo denominato aterosclerosi, una malattia infiammatoria cronica caratterizzata dalla deposizione di placche lipidiche all’interno della parete delle arterie. Nell’ambito della ricerca di biomarcatori diagnostici e prognostici sempre più potenti, la vitamina D ha ricevuto notevole interesse, in funzione del suo potenziale ruolo antiinfiammatorio, antitrombotico e antiossidante. Tuttavia, i benefici cardiovascolari della supplementazione con vitamina D ed il suo reale ruolo patogenetico restano ad oggi dibattuti, in funzione delle sue numerose interazioni con altre condizioni morbose e dei risultati degli studi finora condotti. Obiettivo di questo studio è stato valutare nei pazienti con infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI), sottoposti ad angioplastica, l’associazione dei valori di vitamina D (25, OHD) con il profilo di rischio, il quadro angiografico, il risultato procedurale e la prognosi a breve termine. Metodi. La nostra popolazione era rappresentata da pazienti consecutivi con infarto miocardico STEMI sottoposti ad angiografia coronarica e successiva angioplastica primaria. I livelli di vitamina D (25, OHD) sono stati valutati tramite il test Elecsys Vitamin D Total II su analizzatore COBAS e-801® (Roche Diagnostic). La carenza di vitamina D è stata definita per valori tra 10-20 ng/mL, mentre un deficit severo è stato definito per valori < 10 ng/mL. Risultati. 136 pazienti sono stati inclusi e divisi in tre gruppi in funzione del valore dei terzili di vitamina D. Una severa ipovitaminosi D è stata riscontrata in 27 (19.9%) dei pazienti. I livelli di vitamina D sono risultati inversamente associati all’insufficienza renale (p=0.05) ed alla presenza di calcificazioni coronariche (p=0.01). Tuttavia, non è emersa alcuna associazione tra i livelli di vitamina D e la prevalenza di malattia coronarica severa (p=0.78, adjusted OR [95%CI] = 1.24[0.63-1.64], p=0.92). Anche i parametri procedurali erano simili tra i livelli di vitamina D, tuttavia, si è evidenziata una maggior frequenza di no-reflow, indicatore di alterata riperfusione coronarica, nei terzili inferiori di vitamina D (10.3% vs 6.7% vs 0%, p=0.04, adjusted OR [95%CI] = 3.45[1.06-112.4], p=0.05), con necessità di un maggiore uso di adenosina (p=0.04). La mortalità intraospedaliera è risultata del 2.2%, senza alcuna differenza in funzione dei livelli di vitamina D; la durata dell’ospedalizzazione è risultata comparabile tra i tre gruppi (6.5±5.1 vs 13.3±4.6 vs 6.8±4.6, p=0.27). Conclusione. In conclusione, in questo studio inadeguati livelli di vitamina D sono stati indipendentemente associati al fenomeno del no-reflow nei pazienti con infarto miocardico STEMI sottoposti ad angioplastica primaria, pur non determinando un impatto sulla prognosi. Futuri studi sono pertanto necessari per definire il suo ruolo a lungo termine e le potenziali implicazioni terapeutiche.File | Dimensione | Formato | |
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