¿Coptic¿ textiles have been preserved in good condition thanks to the dry climate and sandy soil of Egypt. These textiles consist in clothing, household or dressing accessories: they are mostly woven in linen or wool and date back to a large time frame, from the late-Roman age to the first part of the Islamic era (III-XIII century). The majority are decorated fragments from tunics (clavi, tabulae, orbiculi), tapestry-woven, and show rich colors. The study of the natural dyes employed is then of great interest. Systematic analyses have been performed on the ¿Coptic¿ textiles of the Egyptian Museum of Torino by means of non-invasive techniques, like fiber optics reflectance spectroscopy (FORS) and fluorimetry, in order to characterize dyeing materials. During the present work, 39 objects of the Egyptian Museum as well as a group of 44 objects, coming from the archaeological site of El Ashmunein and kept by the Governmental Authority (Soprintendenza Archeologica del Piemonte), have been analyzed. The data collected, together with those obtained during previous theses, complete the study of the whole collection. This information will provide details about the dyeing techniques and help in the sampling in case further diagnostic analyses are considered necessary. Moreover, it could highlight any possible chronology or geographical distribution of the main natural dyes historically used in Egypt. High performance liquid chromatography (HPLC) is one of the most common micro-invasive techniques used in the analyses of dyes, which is particularly helpful in case the data obtained by non-invasive analyses are uncertain or uncomplete. In order to extract the dyestuff from the yarn, samples are subjected to an acid treatment that can break the complex formed by metal ions (mordant) and dye molecules. This acid extraction has to be appropriate both to extract all the dyestuffs and to preserve their entirety, which is necessary for their identification. Experimental data seemed to reveal the unsuitableness of the extraction procedure with concentrate hydrochloric acid in a solution of methanol and water that is one of the most used in the analysis of natural dyes. Besides, it does not exist any systematic study about the use of this procedure in the extraction of laccaic acids, which are markers for the Indian lac, one of the dyes used in the production of ¿Coptic¿ textiles. In order to deeper explore this aspect, the study has been extended to red anthraquinone dyes and, referring to literature, eight different extractant have been compared. Several extraction tests have been accomplished on reference wool specifically dyed with a mixture of madder, cochineal and laccaic acids. Finally, the dyestuffs extracts have been analyzed by means of HPLC coupled with DAD and MS detectors. The comparison among the peaks of the main analytes of interest (alizarin and purpurin for madder, carminic acid for cochineal and laccaic acids A, B, C and E for Indian lac) allows us to express some assessment about the efficacy of the different extraction procedures.
Il clima secco e il suolo sabbioso dell'Egitto, hanno permesso la conservazione dei tessuti appartenenti alla cosiddetta arte copta. Si tratta di capi di abbigliamento, complementi di arredo e accessori, per lo più in lino e lana, risalenti ad un intervallo temporale ampio, compreso tra l'età tardo-romana e la prima parte dell'epoca islamica (III-XIII secolo circa). Nella maggior parte dei casi si tratta di frammenti decorati di tuniche quali clavi, tabulae, orbicoli, realizzati con la tecnica ad arazzo e con lana dai colori vivaci. In questo contesto, grande interesse riveste l'analisi dei coloranti naturali impiegati. Proprio allo scopo di caratterizzare i materiali tintori, sono state effettuate misure sistematiche sui tessuti ¿copti¿ del Museo Egizio di Torino. L'analisi è stata condotta per mezzo di tecniche non invasive, nello specifico spettroscopia di riflettanza diffusa mediante fibre ottiche e fluorimetria. Nel corso del presente lavoro sono stati esaminati 39 pezzi già conferiti al Museo Egizio ed altri 44, tutti provenienti dal sito di El Ashmunein, depositati nei magazzini della Soprintendenza Archeologica del Piemonte. Questi dati si uniscono a quelli ottenuti con tesi precedenti e completano lo studio sull'intera collezione. Tali informazioni potranno non solo offrire dettagli sulle tecnologie tintorie, ma anche guidare un micro campionamento mirato degli oggetti qualora si ritenessero opportuni ulteriori approfondimenti diagnostici. Inoltre, contribuiranno a evidenziare un'eventuale cronologia o correlazione geografica dei principali coloranti. Tra le tecniche analitiche micro-invasive, una delle più diffuse per l'analisi di coloranti è la cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC), particolarmente utile nei casi in cui le indagini non invasive forniscano risultati dubbi o parziali. Al fine di estrarre dal filato la sostanza colorante, il campione subisce un pre-trattamento mediante acidi, atto a rompere il complesso tra ioni metallici (mordente) e molecole coloranti. L'estrazione acida deve essere in grado da un lato di estrarre tutti i composti coloranti, dall'altro di preservarne l'integrità necessaria alla loro identificazione. Dati sperimentali sembravano suggerire l'inadeguatezza del metodo di estrazione a base di acido cloridrico concentrato in metanolo e acqua, che è tra i metodi più utilizzati nell'analisi dei coloranti naturali. Per questo estraente non esistono studi sistematici relativi all'estrazione degli acidi laccaici della lacca indiana, che è presente nei tessuti ¿copti¿. Per approfondire questo aspetto, si è estesa l'indagine ai coloranti rossi antrachinonici e, sulla base della letteratura, sono stati confrontati otto estraenti. Diverse prove di estrazione sono state effettuate su una lana di riferimento appositamente tinta con una miscela di robbia, cocciniglia e acidi laccaici. Gli estratti così ottenuti sono stati analizzati mediante HPLC accoppiato a rivelatori DAD e MS. Il confronto tra le aree dei picchi relativi ai principali analiti di interesse (alizarina e purpurina per la robbia, acido carminico per la cocciniglia e acidi laccaici A, B, C ed E per la lacca indiana) ha consentito di formulare alcune valutazioni in merito all'efficacia delle varie procedure di estrazione.
La collezione di tessuti "copti" del Museo Egizio di Torino: approccio multi-analitico per il riconoscimento dei coloranti
RICCI, CHIARA
2014/2015
Abstract
Il clima secco e il suolo sabbioso dell'Egitto, hanno permesso la conservazione dei tessuti appartenenti alla cosiddetta arte copta. Si tratta di capi di abbigliamento, complementi di arredo e accessori, per lo più in lino e lana, risalenti ad un intervallo temporale ampio, compreso tra l'età tardo-romana e la prima parte dell'epoca islamica (III-XIII secolo circa). Nella maggior parte dei casi si tratta di frammenti decorati di tuniche quali clavi, tabulae, orbicoli, realizzati con la tecnica ad arazzo e con lana dai colori vivaci. In questo contesto, grande interesse riveste l'analisi dei coloranti naturali impiegati. Proprio allo scopo di caratterizzare i materiali tintori, sono state effettuate misure sistematiche sui tessuti ¿copti¿ del Museo Egizio di Torino. L'analisi è stata condotta per mezzo di tecniche non invasive, nello specifico spettroscopia di riflettanza diffusa mediante fibre ottiche e fluorimetria. Nel corso del presente lavoro sono stati esaminati 39 pezzi già conferiti al Museo Egizio ed altri 44, tutti provenienti dal sito di El Ashmunein, depositati nei magazzini della Soprintendenza Archeologica del Piemonte. Questi dati si uniscono a quelli ottenuti con tesi precedenti e completano lo studio sull'intera collezione. Tali informazioni potranno non solo offrire dettagli sulle tecnologie tintorie, ma anche guidare un micro campionamento mirato degli oggetti qualora si ritenessero opportuni ulteriori approfondimenti diagnostici. Inoltre, contribuiranno a evidenziare un'eventuale cronologia o correlazione geografica dei principali coloranti. Tra le tecniche analitiche micro-invasive, una delle più diffuse per l'analisi di coloranti è la cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC), particolarmente utile nei casi in cui le indagini non invasive forniscano risultati dubbi o parziali. Al fine di estrarre dal filato la sostanza colorante, il campione subisce un pre-trattamento mediante acidi, atto a rompere il complesso tra ioni metallici (mordente) e molecole coloranti. L'estrazione acida deve essere in grado da un lato di estrarre tutti i composti coloranti, dall'altro di preservarne l'integrità necessaria alla loro identificazione. Dati sperimentali sembravano suggerire l'inadeguatezza del metodo di estrazione a base di acido cloridrico concentrato in metanolo e acqua, che è tra i metodi più utilizzati nell'analisi dei coloranti naturali. Per questo estraente non esistono studi sistematici relativi all'estrazione degli acidi laccaici della lacca indiana, che è presente nei tessuti ¿copti¿. Per approfondire questo aspetto, si è estesa l'indagine ai coloranti rossi antrachinonici e, sulla base della letteratura, sono stati confrontati otto estraenti. Diverse prove di estrazione sono state effettuate su una lana di riferimento appositamente tinta con una miscela di robbia, cocciniglia e acidi laccaici. Gli estratti così ottenuti sono stati analizzati mediante HPLC accoppiato a rivelatori DAD e MS. Il confronto tra le aree dei picchi relativi ai principali analiti di interesse (alizarina e purpurina per la robbia, acido carminico per la cocciniglia e acidi laccaici A, B, C ed E per la lacca indiana) ha consentito di formulare alcune valutazioni in merito all'efficacia delle varie procedure di estrazione.File | Dimensione | Formato | |
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