Nell'istituzione scolastica italiana, con sempre maggiore frequenza, l'oggetto delle conversazioni, delle argomentazioni condivise da molti genitori, concernono eventi, scelte e comportamenti che coinvolgono prioritariamente gli insegnanti, talvolta i dirigenti e in generale la scuola come istituzione: le considerazioni risultano frequentemente in giudizi unilaterali che concorrono a consolidare una visione della competenza gestionale e soprattutto professionale dei docenti come autoritaria e rigida, inadeguata nei tempi, nei modi e nelle scelte. I genitori, d'altro canto, sono generalmente considerati dagli insegnanti assenti o in ogni caso poco collaboranti, spesso polemici, individualisti e inclini alla delega dei compiti e delle responsabilità educative ritenute loro proprie. Ne risultano sempre più frequentemente atteggiamenti giudicanti da entrambi le parti, disconoscimento di ruoli, disinteresse per ogni forma attiva di partecipazione, creazione di relazioni strettamente formali che ostacolano non soltanto la comunicazione tra le due agenzie educative ma concorrono ad impedire la creazione di un clima di apprendimento capace di sfruttare pienamente le potenzialità di un fattivo partenariato educativo. Quali possono essere le origini o le concause che hanno concorso all'edificazione di una struttura di col-laborazione scuola/famiglia così farraginosa e quali gli impedimenti che pervicacemente concorrono a mantenerla tale? A chi spetta individuare una risposta che non sia solo formale, a questo elemento così critico della scuola italiana? Al Legislatore? Soltanto alla famiglia e alla scuola che concorrono in prima persona a determinarlo oppure possiamo cercare risposte anche nella più ampia struttura sociale in cui entrambe sono incastonate? Ascolto e dialogo potrebbero forse diventare i semplici elementi costitutivi di una nuova cultura e di una restaurata prassi della partecipazione, in grado sia in una dimensione individuale che collettiva, di imprimere una svolta, di innescare un cambiamento, di mediare e adeguatamente gestire conflitti di idee, di valori, di principi che, in una dialettica mai compiuta, caratterizzano l'intersoggettività umana e che trovano nella scuola un privilegiato laboratorio di progettualità, dove sperimentare collaborativamente, strategie di condivisione e corresponsabilità da vivere nella quotidianità delle relazioni: ma come formarsi autenticamente ad un loro corretto esercizio? Come far sì, sollecitati dalle parole di Einstein, che tutti noi si riesca a vedere nella comunità il nostro più alto problema di vita se non attraverso la riscoperta di una rinnova intenzionalità ad educarci nel dialogo e nella relazione con l'altro-da-sé, sia esso insegnante, genitore, studente?
Genitori e insegnanti contro(?) Relazioni conflittuali scuola/famiglia: disaffezione partecipativa, ressentiment, condivisione educativa.
VIOLO, CORRADO
2015/2016
Abstract
Nell'istituzione scolastica italiana, con sempre maggiore frequenza, l'oggetto delle conversazioni, delle argomentazioni condivise da molti genitori, concernono eventi, scelte e comportamenti che coinvolgono prioritariamente gli insegnanti, talvolta i dirigenti e in generale la scuola come istituzione: le considerazioni risultano frequentemente in giudizi unilaterali che concorrono a consolidare una visione della competenza gestionale e soprattutto professionale dei docenti come autoritaria e rigida, inadeguata nei tempi, nei modi e nelle scelte. I genitori, d'altro canto, sono generalmente considerati dagli insegnanti assenti o in ogni caso poco collaboranti, spesso polemici, individualisti e inclini alla delega dei compiti e delle responsabilità educative ritenute loro proprie. Ne risultano sempre più frequentemente atteggiamenti giudicanti da entrambi le parti, disconoscimento di ruoli, disinteresse per ogni forma attiva di partecipazione, creazione di relazioni strettamente formali che ostacolano non soltanto la comunicazione tra le due agenzie educative ma concorrono ad impedire la creazione di un clima di apprendimento capace di sfruttare pienamente le potenzialità di un fattivo partenariato educativo. Quali possono essere le origini o le concause che hanno concorso all'edificazione di una struttura di col-laborazione scuola/famiglia così farraginosa e quali gli impedimenti che pervicacemente concorrono a mantenerla tale? A chi spetta individuare una risposta che non sia solo formale, a questo elemento così critico della scuola italiana? Al Legislatore? Soltanto alla famiglia e alla scuola che concorrono in prima persona a determinarlo oppure possiamo cercare risposte anche nella più ampia struttura sociale in cui entrambe sono incastonate? Ascolto e dialogo potrebbero forse diventare i semplici elementi costitutivi di una nuova cultura e di una restaurata prassi della partecipazione, in grado sia in una dimensione individuale che collettiva, di imprimere una svolta, di innescare un cambiamento, di mediare e adeguatamente gestire conflitti di idee, di valori, di principi che, in una dialettica mai compiuta, caratterizzano l'intersoggettività umana e che trovano nella scuola un privilegiato laboratorio di progettualità, dove sperimentare collaborativamente, strategie di condivisione e corresponsabilità da vivere nella quotidianità delle relazioni: ma come formarsi autenticamente ad un loro corretto esercizio? Come far sì, sollecitati dalle parole di Einstein, che tutti noi si riesca a vedere nella comunità il nostro più alto problema di vita se non attraverso la riscoperta di una rinnova intenzionalità ad educarci nel dialogo e nella relazione con l'altro-da-sé, sia esso insegnante, genitore, studente?File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/23445