The Eternit trial is unique in the entire panorama of the Italian criminal law, particularly in the field of liability for damage due to exposure to toxic agents. This trial is charatcterized by three new features. First, there were only as crimes against public safety, as accusations, namely intentional omission of safety precautions and unnamed disaster, without the usual crimes of personal injury and murder. Second, epidemiology had a central role in the proof of the causal relationship, and in the definition of the concept of "disaster". Third, on the side of culpability, the paradigm of intent was used instead of the paradigm of guilt, that usually characterizes the criminal protection of work. These new elements seem to outline a new paradigm in the criminal protection against risks of exposure to toxic agents. This work aims to analyze the new approach to causal relationship made in the Eternit trial using an analytical path starting from the general point of view to the particolar. In the first chapter, after explaining why criminal justice needs the contribution of reliable knowledges like scientific ones, the criteria developed by the philosophy of science and jurisprudence to distinguish between science and pseudo-science are explained presenting some paradigmatic criminal cases in which the courts dealed with science. In the second chapter, it is explained how the court interpreted the constituent elements of the crimes charged in the Eternit trial. In the third chapter, after a survey on the evolution of doctrine and case-law on the causal relationship, is finally examined the assessment of the causal relationship in the Eternit trial, and are explained the new approach adopted about causation, the conclusions of the judges on the epistemological value of epidemiology and its role in verifying the causal relationship. In the last part of this work, there is a critical analysis of the new paradigm of criminal liability proposed in the Eternit trial after the verdict of the Supreme Court.
Il processo Eternit rappresenta un unicum nel panorama della giurisprudenza penale in materia di responsabilità per i danni derivanti dall'esposizione a sostanze tossiche. Il processo presenta tre caratteri di novità: in primo luogo, quanto ai capi d'imputazione, vengono contestati solo delitti contro la pubblica incolumità, ossia l'omissione dolosa di cautele antinfortunistiche e il disastro innominato doloso, senza affiancarvi le consuete fattispecie di lesioni personali e omicidio; in secondo luogo, viene assegnato un ruolo centrale alla epidemiologia nella prova del rapporto causale e nella definizione del concetto di ¿disastro¿; infine, sul versante della colpevolezza, viene abbandonato il paradigma della colpa, che di norma caratterizza la tutela penale del lavoro, a favore di un paradigma basato sul dolo diretto. Questi elementi di novità sembrano delineare un nuovo paradigma di tutela penale contro i rischi derivanti dall'esposizione a sostanze tossiche. Il presente contributo, secondo un percorso analitico che va dal generale al particolare, si propone di analizzare il nuovo approccio alla causalità proposto nel processo Eternit. Nel primo capitolo, dopo aver spiegato perché il giudice penale deve ricorrere all'apporto di conoscenze affidabili come quelle scientifiche, si dà conto dei criteri elaborati dalla filosofia dalla scienza e dalla giurisprudenza per distinguere fra scienza e pseudo scienza, presentando a titolo esemplificativo alcun casi giudiziari nei quali il giudice si è confrontato con la scienza sotto questo profilo. Nel secondo capitolo, si spiega come i giudici hanno interpretato gli elementi costituitivi dei reati contestati agli imputati nel processo Eternit. Nel terzo capitolo, dopo una ricognizione sull'evoluzione della dottrina e della giurisprudenza in tema di rapporto causale, si esamina infine l'accertamento del rapporto causale nel processo Eternit, spiegando il nuovo approccio adottato in tema di causalità, le conclusioni dei giudici sullo statuto epistemologico della epidemiologia e il suo ruolo nella prova del rapporto causale; conclude il lavoro un'analisi critica del nuovo paradigma di responsabilità penale proposto nel processo Eternit, alla luce del verdetto finale dalla Cassazione.
Il giudice e la scienza: l'accertamento del rapporto causale nel processo Eternit
MALORGIO, ALESSANDRO
2014/2015
Abstract
Il processo Eternit rappresenta un unicum nel panorama della giurisprudenza penale in materia di responsabilità per i danni derivanti dall'esposizione a sostanze tossiche. Il processo presenta tre caratteri di novità: in primo luogo, quanto ai capi d'imputazione, vengono contestati solo delitti contro la pubblica incolumità, ossia l'omissione dolosa di cautele antinfortunistiche e il disastro innominato doloso, senza affiancarvi le consuete fattispecie di lesioni personali e omicidio; in secondo luogo, viene assegnato un ruolo centrale alla epidemiologia nella prova del rapporto causale e nella definizione del concetto di ¿disastro¿; infine, sul versante della colpevolezza, viene abbandonato il paradigma della colpa, che di norma caratterizza la tutela penale del lavoro, a favore di un paradigma basato sul dolo diretto. Questi elementi di novità sembrano delineare un nuovo paradigma di tutela penale contro i rischi derivanti dall'esposizione a sostanze tossiche. Il presente contributo, secondo un percorso analitico che va dal generale al particolare, si propone di analizzare il nuovo approccio alla causalità proposto nel processo Eternit. Nel primo capitolo, dopo aver spiegato perché il giudice penale deve ricorrere all'apporto di conoscenze affidabili come quelle scientifiche, si dà conto dei criteri elaborati dalla filosofia dalla scienza e dalla giurisprudenza per distinguere fra scienza e pseudo scienza, presentando a titolo esemplificativo alcun casi giudiziari nei quali il giudice si è confrontato con la scienza sotto questo profilo. Nel secondo capitolo, si spiega come i giudici hanno interpretato gli elementi costituitivi dei reati contestati agli imputati nel processo Eternit. Nel terzo capitolo, dopo una ricognizione sull'evoluzione della dottrina e della giurisprudenza in tema di rapporto causale, si esamina infine l'accertamento del rapporto causale nel processo Eternit, spiegando il nuovo approccio adottato in tema di causalità, le conclusioni dei giudici sullo statuto epistemologico della epidemiologia e il suo ruolo nella prova del rapporto causale; conclude il lavoro un'analisi critica del nuovo paradigma di responsabilità penale proposto nel processo Eternit, alla luce del verdetto finale dalla Cassazione.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/23299