L'inquinamento del suolo, in particolare da metalli pesanti, è un problema molto serio e discusso nel mondo. I metalli pesanti sono composti non biodegradabili che si accumulano nell'ambiente e di conseguenza nel suolo e nell'acqua. Costituiscono così un rischio elevato per la salute umana. Ogni anno cresce l'inquinamento da metalli pesanti a causa dell'industrializzazione. La phytoremediation è la tecnica che sfrutta la normale attività delle piante per eliminare o rendere innocui gli inquinanti che si accumulano nell'ambiente. Questa tecnica può essere utilizzata sia contro gli inquinanti inorganici che organici, ed è applicabile su substrati solidi (suolo), liquidi (acqua) e gassosi (aria). La grande potenzialità delle piante è la capacità di eliminare gli inquinanti utilizzando numerose strategie: la phytoextraction, phytofiltration, phytostabilization, phytovolatilization, rizhodegradation e phytodesalination. Le piante ritenute adatte al processo di phytoremediation sono quelle capaci di accumulare le sostanze inquinanti a concentrazioni superiori rispetto alla media, senza che queste interferiscano sulla biologia e fisiologia della pianta. Quando le sostanze tossiche accumulate sono i metalli pesanti il processo viene chiamato iperaccumulo e le piante iperaccumulatrici. Queste piante appartengono principalmente alle famiglie delle Caryophyllaceae, Cyperaceae, Poaceae, Fabaceae, Chenopodiaceae, Asteraceae e soprattutto Brassicaceae. Sono stati esaminati due casi studio: il primo condotto dall'Università della Basilicata con l'obiettivo di valutare l'accumulo di metalli pesanti, quali Cd, Zn e Cu, da parte di Heliantus annuus; l'altro eseguito in Liguria volto a caratterizzare la capacità di accumulo e di traslocazione del Ni da parte di Alyssoides utriculata. La phytoremediation è la tecnica fra quelle attualmente utilizzabili che presenta il migliore rapporto fra costi e benefici anche in virtù dell'ingente quantità di biomassa prodotta. La biomassa infatti può essere utilizzata in maniera sostenibile per la produzione di energia pulita come il biodiesel, il biogas e il bioetanolo. In aggiunta può anche essere usata per la produzione di molecole chimiche a ridotto impatto ambientale come alternativa ai prodotti di origine petrolchimica, permettendo eventualmente la conversione degli impianti di raffinazione del petrolio in bioraffinerie. Inoltre gli scarti ottenuti dalla biomassa potrebbero essere utilizzati per la produzione di energia necessaria per il funzionamento dell'impianto stesso.

Problemi e prospettive della phytoremediation; piante erbacee

CIRIO, MARCO
2015/2016

Abstract

L'inquinamento del suolo, in particolare da metalli pesanti, è un problema molto serio e discusso nel mondo. I metalli pesanti sono composti non biodegradabili che si accumulano nell'ambiente e di conseguenza nel suolo e nell'acqua. Costituiscono così un rischio elevato per la salute umana. Ogni anno cresce l'inquinamento da metalli pesanti a causa dell'industrializzazione. La phytoremediation è la tecnica che sfrutta la normale attività delle piante per eliminare o rendere innocui gli inquinanti che si accumulano nell'ambiente. Questa tecnica può essere utilizzata sia contro gli inquinanti inorganici che organici, ed è applicabile su substrati solidi (suolo), liquidi (acqua) e gassosi (aria). La grande potenzialità delle piante è la capacità di eliminare gli inquinanti utilizzando numerose strategie: la phytoextraction, phytofiltration, phytostabilization, phytovolatilization, rizhodegradation e phytodesalination. Le piante ritenute adatte al processo di phytoremediation sono quelle capaci di accumulare le sostanze inquinanti a concentrazioni superiori rispetto alla media, senza che queste interferiscano sulla biologia e fisiologia della pianta. Quando le sostanze tossiche accumulate sono i metalli pesanti il processo viene chiamato iperaccumulo e le piante iperaccumulatrici. Queste piante appartengono principalmente alle famiglie delle Caryophyllaceae, Cyperaceae, Poaceae, Fabaceae, Chenopodiaceae, Asteraceae e soprattutto Brassicaceae. Sono stati esaminati due casi studio: il primo condotto dall'Università della Basilicata con l'obiettivo di valutare l'accumulo di metalli pesanti, quali Cd, Zn e Cu, da parte di Heliantus annuus; l'altro eseguito in Liguria volto a caratterizzare la capacità di accumulo e di traslocazione del Ni da parte di Alyssoides utriculata. La phytoremediation è la tecnica fra quelle attualmente utilizzabili che presenta il migliore rapporto fra costi e benefici anche in virtù dell'ingente quantità di biomassa prodotta. La biomassa infatti può essere utilizzata in maniera sostenibile per la produzione di energia pulita come il biodiesel, il biogas e il bioetanolo. In aggiunta può anche essere usata per la produzione di molecole chimiche a ridotto impatto ambientale come alternativa ai prodotti di origine petrolchimica, permettendo eventualmente la conversione degli impianti di raffinazione del petrolio in bioraffinerie. Inoltre gli scarti ottenuti dalla biomassa potrebbero essere utilizzati per la produzione di energia necessaria per il funzionamento dell'impianto stesso.
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