L'anidride solforosa è considerata il conservante per eccellenza del vino; svolge varie azioni tra cui antimicrobica, antiossidante, antiossidasica ed dissolvente. Fin dall'antichità, i greci prima e poi successivamente i romani, adoperavano lo zolfo per disinfettare le case e le anfore. Il suo utilizzo è anche riportato da Omero, in un passo dell'Odissea e da Plinio il Vecchio nell'enciclopedia Naturalis Historia. Solo nel diciottesimo secolo, con lo sviluppo dell'industria chimica, entrò però in uso nella vinificazione. Nonostante gli indubbi vantaggi tecnologici derivanti dal suo utilizzo in enologia, nel corso degli anni si è assistito ad un sempre crescente numero di persone che manifestavano reazioni allergiche in seguito all'assunzione di vino addizionato di solforosa. Proprio per tale motivo l'Office International de la Vigne et du Vin (OIV) ha optato per la riduzione della sua concentrazione massima nei vini, portandola a 150 mg/L per i vini rossi e 200 mg/L per i vini bianchi. In parallelo i ricercatori si sono impegnati nello studio di valide alternative alla SO2, che possano in qualche modo consentire di ridurne i livelli di utilizzo nel vino. L'obiettivo di questa tesi è quello di analizzare le potenzialità e i limiti di alcuni metodi chimici e fisici, quali: -l'acido ascorbico o vitamina C conosciuto come agente antiossidante; -il glutatione noto per la sua capacità di bloccare l'azione degli enzimi polifenolossidasi; -il lisozima, un enzima che svolge un'azione antibatterica; -gli estratti vegetali aventi un'azione antimicrobica contro i batteri presenti nel vino; -l'alta pressione idrostatica, il cui obiettivo è quello di prolungare la shelf-life del vino attraverso un'inattivazione di batteri e lieviti.
Possibili alternative all'utilizzo dell'anidride solforosa in vinificazione: limiti e potenzialità.
ATTINA', LETIZIA
2015/2016
Abstract
L'anidride solforosa è considerata il conservante per eccellenza del vino; svolge varie azioni tra cui antimicrobica, antiossidante, antiossidasica ed dissolvente. Fin dall'antichità, i greci prima e poi successivamente i romani, adoperavano lo zolfo per disinfettare le case e le anfore. Il suo utilizzo è anche riportato da Omero, in un passo dell'Odissea e da Plinio il Vecchio nell'enciclopedia Naturalis Historia. Solo nel diciottesimo secolo, con lo sviluppo dell'industria chimica, entrò però in uso nella vinificazione. Nonostante gli indubbi vantaggi tecnologici derivanti dal suo utilizzo in enologia, nel corso degli anni si è assistito ad un sempre crescente numero di persone che manifestavano reazioni allergiche in seguito all'assunzione di vino addizionato di solforosa. Proprio per tale motivo l'Office International de la Vigne et du Vin (OIV) ha optato per la riduzione della sua concentrazione massima nei vini, portandola a 150 mg/L per i vini rossi e 200 mg/L per i vini bianchi. In parallelo i ricercatori si sono impegnati nello studio di valide alternative alla SO2, che possano in qualche modo consentire di ridurne i livelli di utilizzo nel vino. L'obiettivo di questa tesi è quello di analizzare le potenzialità e i limiti di alcuni metodi chimici e fisici, quali: -l'acido ascorbico o vitamina C conosciuto come agente antiossidante; -il glutatione noto per la sua capacità di bloccare l'azione degli enzimi polifenolossidasi; -il lisozima, un enzima che svolge un'azione antibatterica; -gli estratti vegetali aventi un'azione antimicrobica contro i batteri presenti nel vino; -l'alta pressione idrostatica, il cui obiettivo è quello di prolungare la shelf-life del vino attraverso un'inattivazione di batteri e lieviti.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/23183