Biological invasions are a natural phenomenon of the animal and vegetation population dynamics, but the humankind through commerce and communications, modified and speeded up the nature of these movements. This fact has resulted in socio-economic, sanitary but especially ecologic consequences. Most of these consequences are negative but sometimes some advantages have been produced. From our point of view the ecologic implications are more interesting, and especially the resulting changes in the original vegetation populations. According to the state of invasion, introduced species can be divided in four categories: invasive, locally invasive, naturalized, casual and processors. According to the introduction age, they can be divided into archaeophytes and neophytes. The Italian flora amounts to about 7600 species, whose 13.4% are non-native; one can see how their concentration is often proportional to the density of population. This fact explains why the Piedmont, while having the richest flora among the regions of Italy, has not the highest number of alien species. In fact, many areas of the region have very low population densities because they are in the mountains, and these areas are usually unsuitable for the invasive colonization. In Piedmont, the most frequent alien species are the species that have had the most successful global evolution: they are 317, and for the most part are not stabilized on the territory, about 16% are invasive. According to criteria such as invasiveness, the impact on the environment, the spread in the Piedmont and the difficulty in containment, three species have been selected for this study: Robinia pseudoacacia L., Ailanthus altissima (Mill.) Swingle and Prunus serotina Ehrh. The black locust (Robinia pseudoacacia L.) is the most widespread in the Piedmont and, despite being an allochthonous species, it has a wide variety of uses in many fields, but it also creates many problems, such as the loss of biodiversity. The ailanthus (Ailanthus altissima (Mill.) Swingle ) has a lower presence in the region, because it spreads mainly in a natural way, but as it usually grows alone or in small groups, it is very difficult to determine the extent of the invasion. It is located in highly anthropogenic places and it is considered very invasive. The ailanthus has no use in Italy, but it creates a lot of problems both in urban that in natural habitats. Finally, the black cherry (Prunus serotina Ehrh.), is present in the pre-Alps of Northern Italy, and it tends to form monospecific groups; despite it is more prevalent in northern Piedmont it is rapidly expanding throughout the region. It has no real uses, but it deteriorate the colonized ecosystems. The methods of containment of the three species are very different: they are mainly divided into mechanical, chemical, biological and silvicultural. These types of methods can be applied individually (eg. biological method) or combined (eg. mechanical-chemical method), the combined methods usually are more successfully of the individual methods.
Le invasioni biologiche sono un fenomeno naturale delle dinamiche delle popolazioni animali e vegetali, ma l'uomo attraverso le comunicazioni e il commercio ha velocizzato e modificato la natura di questi spostamenti. Le conseguenze di tutto ciò sono socio-economiche, sanitarie ma soprattutto ecologiche: fra queste la maggior parte sono negative, ma in alcuni casi ne sono stati tratti dei vantaggi. Più interessanti dal nostro punto di vista sono i risvolti ecologici e soprattutto le modificazioni che ne derivano a carico dei popolamenti vegetali originali. Si possono dividere le specie introdotte a seconda dello stato di invasione in: invasive, localmente invasive, naturalizzate, casuali e trasformatrici; a seconda dell'epoca di introduzione le specie alloctone possono essere ancora suddivise in archeofite e neofite. La flora italiana ammonta a circa 7600 specie e il 13,4 % di queste sono alloctone; la densità delle specie alloctone è spesso direttamente proporzionale alla densità di popolazione. Questo spiega il motivo per cui il Piemonte, pur avendo la flora più ricca fra le regioni d'Italia, non ha il numero più alto di specie alloctone: ammontano a 317 e per la maggior parte non sono stabilizzate sul territorio, le invasive ammontano infatti a solo circa il 16%. Sulla base dei criteri come l'invasività, l'impatto a livello ambientale, la diffusione in Piemonte e la difficoltà nel contenimento, sono state selezionate per la presente trattazione Robinia pseudoacacia L., Ailanthus altissima (Mill.) Swingle e Prunus serotina Ehrh. La robinia è la più diffusa in Piemonte e, nonostante sia una specie alloctona, ha una grande varietà di utilizzi in svariati settori (selvicoltura, apicoltura, ecc.), ma crea anche molti problemi, primo fra tutti la perdita di biodiversità. L'ailanto ha una presenza molto meno significativa a livello regionale perché si è diffusa principalmente in modo naturale, ma siccome è solito crescere singolarmente o in piccoli gruppi, è molto difficile stabilire l'entità dell'invasione. Si trova in ambienti fortemente antropogenici ed è considerata molto invasiva. Il ciliegio tardivo infine è presente nella zona pre-alpina del Nord Italia, tende a formare gruppi monospecifici e, nonostante sia maggiormente presente nel Nord del Piemonte, è in forte espansione in tutta la regione. La specie non ha alcun impiego di rilievo, ma agisce principalmente deteriorando gli ecosistemi colonizzati. I metodi di contenimento delle tre specie sono molto vari: si dividono principalmente in metodi meccanici, chimici, biologici e selvicolturali. Queste tipologie di metodi possono essere applicate singolarmente (ad es. metodo biologico) o combinate (ad es. metodo meccanico-chimico); i metodi misti hanno solitamente maggior successo di quelli singoli.
Le specie alloctone legnose in Piemonte: analisi delle problematiche e possibili interventi di contenimento.
BERGESE, GIACOMO
2011/2012
Abstract
Le invasioni biologiche sono un fenomeno naturale delle dinamiche delle popolazioni animali e vegetali, ma l'uomo attraverso le comunicazioni e il commercio ha velocizzato e modificato la natura di questi spostamenti. Le conseguenze di tutto ciò sono socio-economiche, sanitarie ma soprattutto ecologiche: fra queste la maggior parte sono negative, ma in alcuni casi ne sono stati tratti dei vantaggi. Più interessanti dal nostro punto di vista sono i risvolti ecologici e soprattutto le modificazioni che ne derivano a carico dei popolamenti vegetali originali. Si possono dividere le specie introdotte a seconda dello stato di invasione in: invasive, localmente invasive, naturalizzate, casuali e trasformatrici; a seconda dell'epoca di introduzione le specie alloctone possono essere ancora suddivise in archeofite e neofite. La flora italiana ammonta a circa 7600 specie e il 13,4 % di queste sono alloctone; la densità delle specie alloctone è spesso direttamente proporzionale alla densità di popolazione. Questo spiega il motivo per cui il Piemonte, pur avendo la flora più ricca fra le regioni d'Italia, non ha il numero più alto di specie alloctone: ammontano a 317 e per la maggior parte non sono stabilizzate sul territorio, le invasive ammontano infatti a solo circa il 16%. Sulla base dei criteri come l'invasività, l'impatto a livello ambientale, la diffusione in Piemonte e la difficoltà nel contenimento, sono state selezionate per la presente trattazione Robinia pseudoacacia L., Ailanthus altissima (Mill.) Swingle e Prunus serotina Ehrh. La robinia è la più diffusa in Piemonte e, nonostante sia una specie alloctona, ha una grande varietà di utilizzi in svariati settori (selvicoltura, apicoltura, ecc.), ma crea anche molti problemi, primo fra tutti la perdita di biodiversità. L'ailanto ha una presenza molto meno significativa a livello regionale perché si è diffusa principalmente in modo naturale, ma siccome è solito crescere singolarmente o in piccoli gruppi, è molto difficile stabilire l'entità dell'invasione. Si trova in ambienti fortemente antropogenici ed è considerata molto invasiva. Il ciliegio tardivo infine è presente nella zona pre-alpina del Nord Italia, tende a formare gruppi monospecifici e, nonostante sia maggiormente presente nel Nord del Piemonte, è in forte espansione in tutta la regione. La specie non ha alcun impiego di rilievo, ma agisce principalmente deteriorando gli ecosistemi colonizzati. I metodi di contenimento delle tre specie sono molto vari: si dividono principalmente in metodi meccanici, chimici, biologici e selvicolturali. Queste tipologie di metodi possono essere applicate singolarmente (ad es. metodo biologico) o combinate (ad es. metodo meccanico-chimico); i metodi misti hanno solitamente maggior successo di quelli singoli.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
705590_lespeciealloctonelegnoseinpiemonte.pdf
non disponibili
Tipologia:
Altro materiale allegato
Dimensione
685.29 kB
Formato
Adobe PDF
|
685.29 kB | Adobe PDF |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14240/22997