Il codice del 1942, accanto ad una definizione generale di impresa attraverso l'art. 2082 c.c., ha espressamente distinto, secondo un sistema duale, l'impresa agricola ex art. 2135 c.c. dalle imprese commerciali invece soggette a registrazione ex art. 2195 c.c. Il legislatore ha inteso ribadire il trattamento speciale che già nella codificazione civile dell'Ottocento aveva assicurato all'agricoltura rispetto a quello riservato dal codice di commercio del 1882 alle altre attività economiche. In particolare, l'impresa agricola non è stata assoggettata, a differenza di quanto previsto dalle norme dettate per l'impresa commerciale, all'obbligatoria tenuta delle scritture contabili, alla registrazione e all'assoggettamento, in caso di insolvenza, alle procedure fallimentari e concorsuali. Il favor assicurato all'impresa agricola è stato alla base di un ampio dibattito della dottrina e della giurisprudenza, che per molti decenni ha inciso in maniera significativa sull'interpretazione dell'art. 2135 c.c, sino ad arrivare poi nel 2001 alla sua riforma. Un contributo in direzione di una riforma dell'art. 2135 c.c., accentuatosi nel corso dei decenni, lo ha fornito la legislazione comunitaria, a partire dal Trattato di Roma del 1957 sino ad arrivare al Trattato di Amsterdam del 1999. Il nuovo testo dell'art. 2135 c.c., oggi composto da tre commi, ha ribadito la distinzione primaria tra attività agricole principali e attività agricole per connessione. Sempre attraverso il criterio della connessione, si delinea il confine ¿mobile¿ in grado di attrarre nella disciplina prevista per l'impresa agricola l'esercizio di alcune attività economiche organizzate in forma di impresa, le quali, in mancanza della connessione, resterebbero assoggettate allo statuto dell'impresa commerciale. Il nuovo 1° comma dell'art. 2135 c.c., nel riprendere il contenuto del comma originario, dispone che «È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse». Precisamente, esso è soltanto introduttivo al successivo nuovo comma, in cui è il legislatore stesso a specificare il significato delle formule fin qui solo enunciate: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento degli animali. Il nuovo 2° comma dell'art. 2135 c.c. dispone, infatti, che «per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine». Il nuovo 3° comma dell'art. 2135 c.c., introdotto dalla riforma del 2001, nel confermare la distinzione tra l'impresa agricola e l'impresa commerciale, ha ribadito quali devono essere le attività da qualificarsi agricole: quelle esercitate in connessione con le attività agricole principali. Al riguardo, la nuova disciplina dell'art 2153 c.c. ha fatto tesoro degli indirizzi interpretativi proposti in passato dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Temi che saranno trattati nello specifico nello sviluppo dello scritto in questione. L'indubbio ampliamento dell'area dell'agrarietà contenuto nella riforma della disciplina ripropone le questioni relative da un lato alla distinzione tra l'impresa agricola e l'impresa commerciale, dall'altro all'adeguatezza e ragionevolezza della differenza di trattamento giuridico. Entrambe le qu
I MOBILI CONFINI DELLE ATTIVITÀ CONNESSE: TRA AGRARIETÀ E COMMERCIALITÀ
RICCOMAGNO, MATTEO
2014/2015
Abstract
Il codice del 1942, accanto ad una definizione generale di impresa attraverso l'art. 2082 c.c., ha espressamente distinto, secondo un sistema duale, l'impresa agricola ex art. 2135 c.c. dalle imprese commerciali invece soggette a registrazione ex art. 2195 c.c. Il legislatore ha inteso ribadire il trattamento speciale che già nella codificazione civile dell'Ottocento aveva assicurato all'agricoltura rispetto a quello riservato dal codice di commercio del 1882 alle altre attività economiche. In particolare, l'impresa agricola non è stata assoggettata, a differenza di quanto previsto dalle norme dettate per l'impresa commerciale, all'obbligatoria tenuta delle scritture contabili, alla registrazione e all'assoggettamento, in caso di insolvenza, alle procedure fallimentari e concorsuali. Il favor assicurato all'impresa agricola è stato alla base di un ampio dibattito della dottrina e della giurisprudenza, che per molti decenni ha inciso in maniera significativa sull'interpretazione dell'art. 2135 c.c, sino ad arrivare poi nel 2001 alla sua riforma. Un contributo in direzione di una riforma dell'art. 2135 c.c., accentuatosi nel corso dei decenni, lo ha fornito la legislazione comunitaria, a partire dal Trattato di Roma del 1957 sino ad arrivare al Trattato di Amsterdam del 1999. Il nuovo testo dell'art. 2135 c.c., oggi composto da tre commi, ha ribadito la distinzione primaria tra attività agricole principali e attività agricole per connessione. Sempre attraverso il criterio della connessione, si delinea il confine ¿mobile¿ in grado di attrarre nella disciplina prevista per l'impresa agricola l'esercizio di alcune attività economiche organizzate in forma di impresa, le quali, in mancanza della connessione, resterebbero assoggettate allo statuto dell'impresa commerciale. Il nuovo 1° comma dell'art. 2135 c.c., nel riprendere il contenuto del comma originario, dispone che «È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse». Precisamente, esso è soltanto introduttivo al successivo nuovo comma, in cui è il legislatore stesso a specificare il significato delle formule fin qui solo enunciate: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento degli animali. Il nuovo 2° comma dell'art. 2135 c.c. dispone, infatti, che «per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine». Il nuovo 3° comma dell'art. 2135 c.c., introdotto dalla riforma del 2001, nel confermare la distinzione tra l'impresa agricola e l'impresa commerciale, ha ribadito quali devono essere le attività da qualificarsi agricole: quelle esercitate in connessione con le attività agricole principali. Al riguardo, la nuova disciplina dell'art 2153 c.c. ha fatto tesoro degli indirizzi interpretativi proposti in passato dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Temi che saranno trattati nello specifico nello sviluppo dello scritto in questione. L'indubbio ampliamento dell'area dell'agrarietà contenuto nella riforma della disciplina ripropone le questioni relative da un lato alla distinzione tra l'impresa agricola e l'impresa commerciale, dall'altro all'adeguatezza e ragionevolezza della differenza di trattamento giuridico. Entrambe le quFile | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/22901