La dissertazione analizza i flussi migratori dall'Africa sub-sahariana all'Italia, soffermandosi sul passaggio attraverso il corridoio libico di gran parte di coloro che lasciano il continente africano. Durante il corso della trattazione saranno esplicitate le diverse accezioni in cui lo Stato libico è concepito nell'ambito della migrazione: si passa dalla visione dello Stato libico solo come spazio di transito, troppo semplicistica e approssimativa, alla sua percezione come area che offre notevoli opportunità occupazionali, nella quale i migranti giungono da tutto il continente per lavorare, sin dalla scoperta dei primi giacimenti di petrolio negli anni '50 del '900. Proseguendo in questo percorso sarà possibile sfatare il mito per il quale tutti gli individui che lasciano il proprio Paese d'origine partano già con l'obiettivo definito di raggiungere l'Europa. Infatti, molto frequentemente, i soggetti partono senza una chiara meta o solo con l'intento di lavorare in Libia per qualche tempo, sostenendo le famiglie per mezzo delle rimesse, per poi tornare nel proprio Paese. Il conflitto scatenatosi nel 2011 tra le potenze occidentali e il governo di Gheddafi, che governava la Libia dal colpo di Stato nel '69, ha determinato l'insorgere di condizioni pericolose e instabili per la popolazione libica e soprattutto per i migranti provenienti dall'Africa sub-sahariana che vi risiedevano; essi subivano vessazioni ed episodi razzisti già durante la dittatura del Colonnello e tali atteggiamenti si so-no accentuati con il conflitto. La chiusura delle frontiere dello Stato ha costretto un considerevole numero di individui, che avrebbero voluto tornare nei loro Paesi d'origine, ad abbandonare il Paese su pescherecci di fortuna alla volta dell'Italia. In tale contesto si è inserito lo stato di emergenza dichiarato dal governo italiano il 12 febbraio 2011 e terminato il 31 dicembre 2012, durante il quale è stato ideato un Piano di accoglienza, affidato al controllo della Protezione Civile, per i migranti provenienti dalle coste del Nord Africa. Tuttavia tale progetto non ha sortito gli effetti previsti, in quanto i fondi stanziati non hanno finanziato tutte le iniziative prefissate, non essendo soggetti a una forma continua di monitoraggio (avvenuta solo durante i primi quattro mesi). Inoltre, terminato il periodo di emergenza, coloro che ancora risiedevano all'interno delle strutture di accoglienza del Piano sono stati costretti ad abbandonarle, senza che venisse loro proposta una soluzione alternativa che li supportasse dal punto di vista lavorativo, formativo e residenziale.

Dall'Africa sub-sahariana all'Italia: i flussi migratori attraverso il corridoio libico.

MARTINO, SOFIA
2015/2016

Abstract

La dissertazione analizza i flussi migratori dall'Africa sub-sahariana all'Italia, soffermandosi sul passaggio attraverso il corridoio libico di gran parte di coloro che lasciano il continente africano. Durante il corso della trattazione saranno esplicitate le diverse accezioni in cui lo Stato libico è concepito nell'ambito della migrazione: si passa dalla visione dello Stato libico solo come spazio di transito, troppo semplicistica e approssimativa, alla sua percezione come area che offre notevoli opportunità occupazionali, nella quale i migranti giungono da tutto il continente per lavorare, sin dalla scoperta dei primi giacimenti di petrolio negli anni '50 del '900. Proseguendo in questo percorso sarà possibile sfatare il mito per il quale tutti gli individui che lasciano il proprio Paese d'origine partano già con l'obiettivo definito di raggiungere l'Europa. Infatti, molto frequentemente, i soggetti partono senza una chiara meta o solo con l'intento di lavorare in Libia per qualche tempo, sostenendo le famiglie per mezzo delle rimesse, per poi tornare nel proprio Paese. Il conflitto scatenatosi nel 2011 tra le potenze occidentali e il governo di Gheddafi, che governava la Libia dal colpo di Stato nel '69, ha determinato l'insorgere di condizioni pericolose e instabili per la popolazione libica e soprattutto per i migranti provenienti dall'Africa sub-sahariana che vi risiedevano; essi subivano vessazioni ed episodi razzisti già durante la dittatura del Colonnello e tali atteggiamenti si so-no accentuati con il conflitto. La chiusura delle frontiere dello Stato ha costretto un considerevole numero di individui, che avrebbero voluto tornare nei loro Paesi d'origine, ad abbandonare il Paese su pescherecci di fortuna alla volta dell'Italia. In tale contesto si è inserito lo stato di emergenza dichiarato dal governo italiano il 12 febbraio 2011 e terminato il 31 dicembre 2012, durante il quale è stato ideato un Piano di accoglienza, affidato al controllo della Protezione Civile, per i migranti provenienti dalle coste del Nord Africa. Tuttavia tale progetto non ha sortito gli effetti previsti, in quanto i fondi stanziati non hanno finanziato tutte le iniziative prefissate, non essendo soggetti a una forma continua di monitoraggio (avvenuta solo durante i primi quattro mesi). Inoltre, terminato il periodo di emergenza, coloro che ancora risiedevano all'interno delle strutture di accoglienza del Piano sono stati costretti ad abbandonarle, senza che venisse loro proposta una soluzione alternativa che li supportasse dal punto di vista lavorativo, formativo e residenziale.
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