L'epatite C cronica è una patologia infettiva che colpisce circa 130-170 milioni di persone in tutto il mondo. L'agente eziologico è l'hepatitis C virus (HCV), di cui sono stati individuati sette genotipi diffusi in maniera differente a seconda dell'area geografica. Circa il 25-30% dei soggetti cronicamente infetti da HCV andrà incontro a cirrosi dopo 20-30 anni; circa il 25 % dei soggetti cirrotici svilupperà insufficienza epatica o carcinoma epatico. Dalla scoperta del HCV alla fine degli anni '80 fino al 2010, lo standard di cura della patologia era basato sulla combinazione di interferone pegilato, somministrato una volta alla settimana per iniezione sottocutanea, e ribavirina, somministrata oralmente due volte al giorno. Con questa duplice combinazione circa il 50% delle persone affette da epatite C cronica ottiene una risposta virologica sostenuta (SVR). Lo studio approfondito del genoma virale e degli enzimi fondamentali per la replicazione del HCV ha consentito lo sviluppo di nuovi agenti antivirali ad azione diretta (DAAs): gli inibitori della proteasi NS3/4A, gli inibitori della fosfoproteina NS5A e gli inibitori della RNA polimerasi RNA-dipendente NS5B. Nel 2011 sono stati approvati dalla FDA telaprevir e boceprevir, inibitori della proteasi NS3/4A di prima generazione, i quali hanno aumentato i tassi di guarigione del 25-30% rispetto alla terapia standard. La presenza di una bassa capacità di resistenza, il limitato spettro d'attività ed i pesanti effetti collaterali di questi primi DAAs, hanno portato allo sviluppo negli anni successivi di nuovi inibitori NS3/4A come il simeprevir. Gli inibitori nucleosidici della polimerasi NS5B sono pangenotipici e possiedono un'elevata capacità di resistenza; tra questi il sofosbuvir viene spesso usato in combinazione con interferone pegilato e ribavirina, ma anche come terapia completamente orale in associazione ad inibitori NS3/4A o inibitori NS5A (come il daclatasvir). Ad oggi sono disponibili compresse contenenti ledipasvir (inibitore NS5A) e sofosbuvir, e compresse contenenti ombitasvir (inibitore NS5A), paritaprevir (inibitore NS3/4A) e ritonavir. Queste ultime vengono somministrate in associazione a compresse di dasabuvir (inibitore non nucleosidico della polimerasi NS5B). Gli ultimi DAAs hanno portato ad una guarigione in più del 90% dei soggetti trattati. La tipologia di trattamento dipende dal genotipo di HCV cui è infetto il paziente e dall'entità del danno epatico; l'elevato costo dei DAAs (efficaci, facili da assumere e ben tollerati) prevede la priorità di trattamento delle persone con stadi avanzati di fibrosi o con cirrosi.
L'evoluzione del trattamento dell'epatite C cronica
BORNANCIN, CHIARA
2014/2015
Abstract
L'epatite C cronica è una patologia infettiva che colpisce circa 130-170 milioni di persone in tutto il mondo. L'agente eziologico è l'hepatitis C virus (HCV), di cui sono stati individuati sette genotipi diffusi in maniera differente a seconda dell'area geografica. Circa il 25-30% dei soggetti cronicamente infetti da HCV andrà incontro a cirrosi dopo 20-30 anni; circa il 25 % dei soggetti cirrotici svilupperà insufficienza epatica o carcinoma epatico. Dalla scoperta del HCV alla fine degli anni '80 fino al 2010, lo standard di cura della patologia era basato sulla combinazione di interferone pegilato, somministrato una volta alla settimana per iniezione sottocutanea, e ribavirina, somministrata oralmente due volte al giorno. Con questa duplice combinazione circa il 50% delle persone affette da epatite C cronica ottiene una risposta virologica sostenuta (SVR). Lo studio approfondito del genoma virale e degli enzimi fondamentali per la replicazione del HCV ha consentito lo sviluppo di nuovi agenti antivirali ad azione diretta (DAAs): gli inibitori della proteasi NS3/4A, gli inibitori della fosfoproteina NS5A e gli inibitori della RNA polimerasi RNA-dipendente NS5B. Nel 2011 sono stati approvati dalla FDA telaprevir e boceprevir, inibitori della proteasi NS3/4A di prima generazione, i quali hanno aumentato i tassi di guarigione del 25-30% rispetto alla terapia standard. La presenza di una bassa capacità di resistenza, il limitato spettro d'attività ed i pesanti effetti collaterali di questi primi DAAs, hanno portato allo sviluppo negli anni successivi di nuovi inibitori NS3/4A come il simeprevir. Gli inibitori nucleosidici della polimerasi NS5B sono pangenotipici e possiedono un'elevata capacità di resistenza; tra questi il sofosbuvir viene spesso usato in combinazione con interferone pegilato e ribavirina, ma anche come terapia completamente orale in associazione ad inibitori NS3/4A o inibitori NS5A (come il daclatasvir). Ad oggi sono disponibili compresse contenenti ledipasvir (inibitore NS5A) e sofosbuvir, e compresse contenenti ombitasvir (inibitore NS5A), paritaprevir (inibitore NS3/4A) e ritonavir. Queste ultime vengono somministrate in associazione a compresse di dasabuvir (inibitore non nucleosidico della polimerasi NS5B). Gli ultimi DAAs hanno portato ad una guarigione in più del 90% dei soggetti trattati. La tipologia di trattamento dipende dal genotipo di HCV cui è infetto il paziente e dall'entità del danno epatico; l'elevato costo dei DAAs (efficaci, facili da assumere e ben tollerati) prevede la priorità di trattamento delle persone con stadi avanzati di fibrosi o con cirrosi.File | Dimensione | Formato | |
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