Il lavoro di tesi qui presentato ha come oggetto l'argomento del sogno lucido osservato dal punto di vista del buddhismo del Vajrayana e integrato da alcune testimonianze occidentali. La tesi si compone di un'introduzione, di due capitoli intitolati TEORIA e PRATICA e delle conclusioni; l'introduzione analizza le fonti tibetane e theravadin prese in considerazione e spiega la divisione della tesi in teoria e pratica, coerentemente con l'impostazione Vajrayana. Il primo capitolo, intitolato TEORIA, tratta dell'esperienza ordinaria e incosciente del sonno e del sogno, esamina la tendenza filosofica a cercare criteri insonni per definire il sogno e indica la via di mezzo del buddhismo fra l'incoscienza e l'insonnia; lo yoga tibetano del sogno consente di raggiungere in sogno la lucidità della veglia e insegna a come controllare le creazioni oniriche e a trasformarle. L'ipotesi del sogno lucido e consapevole indebolisce quelle distinzioni teoretiche stabili, proprie della filosofia cartesiana, poiché identifica la coscienza non più con il pensiero teoretico, ma con la consapevolezza, cioè presenza mentale nuda e rilassata. Il secondo capitolo, intitolato PRATICA, illustra lo svolgersi della pratica tibetana trattata dai diversi lama, durante il giorno e durante la notte; vengono date indicazioni su come mantenere un'attenzione presente e rilassata in tutte le azioni della giornata e sulla meditazione, mentre la visualizzazione di colori, luci e simboli accompagnata dalla respirazione, è il nucleo della pratica notturna. Una volta raggiunta lucidità durante il sogno, è possibile giungere allo stadio successivo della pratica, cioè lo sviluppo della flessibilità mentale per trasformare i sogni. La libertà raggiunta durante il sogno lucido è nota anche ad alcuni autori occidentali, come Stephen LaBerge e Celia Green, i quali hanno studiato questo fenomeno e le sue possibili applicazioni alla vita della veglia. L'insegnamento centrale dello yoga del sogno è comprendere che anche la veglia è un sogno da cui ci si deve svegliare; invita pertanto a prendere distanza dalla realtà, osservandone l'impermanenza e l'illusorietà. Questo secondo capitolo affronta il pericolo di questo insegnamento che, insinuando il dubbio nella realtà della veglia, rischierebbe di provocare confusione in un soggetto psicologicamente instabile; viene quindi preso in esame il parere della psicanalisi circa il controllo del sogno e l'insegnamento buddhista del non-sé. Grazie alla comprensione dell'illusorietà di ciò che si considera permanente e reale, è possibile il risveglio, o illuminazione, che, lungi dall'essere qualcosa di enigmatico e irraggiungibile, è la condizione naturale dell'essere umano, dal punto di vista buddhista. Gli insegnamenti, soprattutto theravadin, sottolineano che il non sé non indica l'annullamento del sé (cioè la personalità, le inclinazioni dell'individuo), ma la sua padronanza rilassata, che consente di non esserne schiavi. La tesi termina con le conclusioni, che invitano a una prospettiva filosofica interculturale in ascolto e in dialogo con le varie voci, che si confrontano in uno spazio di questioni aperte.
L'illusione del reale: pratica e teoria del sogno lucido.
FIORENTINO, ANNA
2011/2012
Abstract
Il lavoro di tesi qui presentato ha come oggetto l'argomento del sogno lucido osservato dal punto di vista del buddhismo del Vajrayana e integrato da alcune testimonianze occidentali. La tesi si compone di un'introduzione, di due capitoli intitolati TEORIA e PRATICA e delle conclusioni; l'introduzione analizza le fonti tibetane e theravadin prese in considerazione e spiega la divisione della tesi in teoria e pratica, coerentemente con l'impostazione Vajrayana. Il primo capitolo, intitolato TEORIA, tratta dell'esperienza ordinaria e incosciente del sonno e del sogno, esamina la tendenza filosofica a cercare criteri insonni per definire il sogno e indica la via di mezzo del buddhismo fra l'incoscienza e l'insonnia; lo yoga tibetano del sogno consente di raggiungere in sogno la lucidità della veglia e insegna a come controllare le creazioni oniriche e a trasformarle. L'ipotesi del sogno lucido e consapevole indebolisce quelle distinzioni teoretiche stabili, proprie della filosofia cartesiana, poiché identifica la coscienza non più con il pensiero teoretico, ma con la consapevolezza, cioè presenza mentale nuda e rilassata. Il secondo capitolo, intitolato PRATICA, illustra lo svolgersi della pratica tibetana trattata dai diversi lama, durante il giorno e durante la notte; vengono date indicazioni su come mantenere un'attenzione presente e rilassata in tutte le azioni della giornata e sulla meditazione, mentre la visualizzazione di colori, luci e simboli accompagnata dalla respirazione, è il nucleo della pratica notturna. Una volta raggiunta lucidità durante il sogno, è possibile giungere allo stadio successivo della pratica, cioè lo sviluppo della flessibilità mentale per trasformare i sogni. La libertà raggiunta durante il sogno lucido è nota anche ad alcuni autori occidentali, come Stephen LaBerge e Celia Green, i quali hanno studiato questo fenomeno e le sue possibili applicazioni alla vita della veglia. L'insegnamento centrale dello yoga del sogno è comprendere che anche la veglia è un sogno da cui ci si deve svegliare; invita pertanto a prendere distanza dalla realtà, osservandone l'impermanenza e l'illusorietà. Questo secondo capitolo affronta il pericolo di questo insegnamento che, insinuando il dubbio nella realtà della veglia, rischierebbe di provocare confusione in un soggetto psicologicamente instabile; viene quindi preso in esame il parere della psicanalisi circa il controllo del sogno e l'insegnamento buddhista del non-sé. Grazie alla comprensione dell'illusorietà di ciò che si considera permanente e reale, è possibile il risveglio, o illuminazione, che, lungi dall'essere qualcosa di enigmatico e irraggiungibile, è la condizione naturale dell'essere umano, dal punto di vista buddhista. Gli insegnamenti, soprattutto theravadin, sottolineano che il non sé non indica l'annullamento del sé (cioè la personalità, le inclinazioni dell'individuo), ma la sua padronanza rilassata, che consente di non esserne schiavi. La tesi termina con le conclusioni, che invitano a una prospettiva filosofica interculturale in ascolto e in dialogo con le varie voci, che si confrontano in uno spazio di questioni aperte.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/21975