Almeno a partire dagli anni '40 è possibile rinvenire all'interno dell'opera di Gabriel Marcel un continuo rimando al pensiero di Jean-Paul Sartre, il quale vi compare non solo come citazione accanto ad altre citazioni, ma con un ruolo particolare sia come filosofo a cui si fa riferimento sia come oggetto di studio da parte di Marcel medesimo. In tal modo prende piede quella che Franco Riva ha definito come una «costante frequentazione polemica con Sartre», essendo l'atteggiamento di Marcel nei confronti dell'autore di Huis clos improntato viepiù al distanziamento critico, alla reiterata denuncia dell'insufficienza e della pericolosità di un pensiero che, minato alle radici da un fatale «vide ontologique», viene giudicato come suscettibile di pesanti ricadute a livello pratico e sociale. Ad emergere quindi è una profonda incompatibilità fra due autori che paiono abbracciare due visioni del mondo radicalmente differenti, come risulta essere, ad esempio, dallo scarto che sussiste tra la concezione sartriana della libertà come «nulla d'essere» dell'uomo e scelta incondizionata, e quella di Marcel come «ricettività creatrice» e originaria relazione ontologica. Tuttavia, se sul piano metafisico permane una distanza incolmabile, è possibile registrare, a livello fenomenologico ed esistenziale, una significativa convergenza in merito al tema dell'intersoggettività, che viene a rivestire nell'opera di entrambi gli autori un carattere propriamente tragico. Un aspetto, quest'ultimo, che abbiamo cercato di mettere in luce nel nostro elaborato, con particolare riferimento alla produzione teatrale dei due filosofi. E questo, col preciso intento di evitare la trappola dell'opposizione sistematica, e insieme di allontanare ogni interpretazione rassicurante della posizione di Marcel come di un pacificato ottimismo della fede da contrapporre dualisticamente al pessimismo ateo e disperato di Sartre.
Distanza ontologica e convergenza drammatica: Gabriel Marcel «en face de» Jean-Paul Sartre
ALOI, LUCA
2011/2012
Abstract
Almeno a partire dagli anni '40 è possibile rinvenire all'interno dell'opera di Gabriel Marcel un continuo rimando al pensiero di Jean-Paul Sartre, il quale vi compare non solo come citazione accanto ad altre citazioni, ma con un ruolo particolare sia come filosofo a cui si fa riferimento sia come oggetto di studio da parte di Marcel medesimo. In tal modo prende piede quella che Franco Riva ha definito come una «costante frequentazione polemica con Sartre», essendo l'atteggiamento di Marcel nei confronti dell'autore di Huis clos improntato viepiù al distanziamento critico, alla reiterata denuncia dell'insufficienza e della pericolosità di un pensiero che, minato alle radici da un fatale «vide ontologique», viene giudicato come suscettibile di pesanti ricadute a livello pratico e sociale. Ad emergere quindi è una profonda incompatibilità fra due autori che paiono abbracciare due visioni del mondo radicalmente differenti, come risulta essere, ad esempio, dallo scarto che sussiste tra la concezione sartriana della libertà come «nulla d'essere» dell'uomo e scelta incondizionata, e quella di Marcel come «ricettività creatrice» e originaria relazione ontologica. Tuttavia, se sul piano metafisico permane una distanza incolmabile, è possibile registrare, a livello fenomenologico ed esistenziale, una significativa convergenza in merito al tema dell'intersoggettività, che viene a rivestire nell'opera di entrambi gli autori un carattere propriamente tragico. Un aspetto, quest'ultimo, che abbiamo cercato di mettere in luce nel nostro elaborato, con particolare riferimento alla produzione teatrale dei due filosofi. E questo, col preciso intento di evitare la trappola dell'opposizione sistematica, e insieme di allontanare ogni interpretazione rassicurante della posizione di Marcel come di un pacificato ottimismo della fede da contrapporre dualisticamente al pessimismo ateo e disperato di Sartre.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/21963