In questo lavoro si è voluto proporre un punto di partenza per una eventuale e futura edizione critica del volgarizzamento anonimo del Libro II dei Dialoghi di papa Gregorio Magno, contenuto nel manoscritto C. I. 547 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (Fondo Conv. Soppr.). Possibile strumento d''''ausilio per il futuro editore sarà l''''analisi linguistica che ho condotto sulla prima metà del testo preso in esame, e che si articola nei seguenti punti: grafia, fonetica, morfologia, sintassi e, infine, lessico. Sarà altresì utile il confronto con il testo latino cui ho fatto riferimento, per comprendere al meglio il modus operandi del volgarizzatore. Numerosi sono gli elementi emersi dall''''analisi linguistica del testo. In primo luogo, salta all''''occhio la costante incertezza grafica del copista del nostro manoscritto. Questa è considerazione scontata, persino banale, se teniamo conto della situazione linguistica dell''''epoca: ai tempi non esisteva uno standard linguistico, né un''''ortografia; pertanto le continue oscillazioni grafiche del copista sono tutte giustificate da ragioni fonetiche. Dunque non ci si stupisca nel trovare la medesima parola scritta, ad esempio, in due o più forme diverse (piagnere 1.1, piangnere 1.1). I fenomeni fonetici e morfologici analizzati hanno fatto emergere un fondo linguistico sicuramente toscano anche se, come rilevato da Cénname, risulta difficile collocare precisamente il nostro volgarizzamento in un punto geografico della Toscana ben definito. Siamo di fronte, in effetti, a una «lingua letteraria che non ha un forte colorito dialettale» . Alcune forme morfologiche prevalentemente settentrionali si sono poi rivelate, a un''''analisi più approfondita, comuni anche nel volgare fiorentino trecentesco (è il caso di como, 12.2). Altre ci hanno dato prova della grande diffusione che ebbero in epoca antica (è il caso del suffisso in -ança assai presente nel testo). Dall''''analisi sintattica abbiamo poi rilevato una sintassi generalmente latineggiante, nella quale domina la subordinazione sulla coordinazione. L''''interpretazione del testo è inoltre complicata dalla presenza quasi costante di gerundi assoluti che appesantiscono il periodo. Dall''''analisi lessicale, abbiamo appurato che il nostro volgarizzatore si concede molti latinismi e qualche provenzalismo. Nel caso di termini poco comuni, invece, inserisce delle glosse esplicative, e abbastanza colte, che ne chiariscono il significato (è il caso di melotte, 7.3. Ricordiamo che il nostro volgarizzatore traduce per un pubblico vasto di litterati e illitterati).
Un volgarizzamento della Vita di san Benedetto (capp. I-XV)
ALI, DARIO GIOVANNI
2011/2012
Abstract
In questo lavoro si è voluto proporre un punto di partenza per una eventuale e futura edizione critica del volgarizzamento anonimo del Libro II dei Dialoghi di papa Gregorio Magno, contenuto nel manoscritto C. I. 547 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (Fondo Conv. Soppr.). Possibile strumento d''''ausilio per il futuro editore sarà l''''analisi linguistica che ho condotto sulla prima metà del testo preso in esame, e che si articola nei seguenti punti: grafia, fonetica, morfologia, sintassi e, infine, lessico. Sarà altresì utile il confronto con il testo latino cui ho fatto riferimento, per comprendere al meglio il modus operandi del volgarizzatore. Numerosi sono gli elementi emersi dall''''analisi linguistica del testo. In primo luogo, salta all''''occhio la costante incertezza grafica del copista del nostro manoscritto. Questa è considerazione scontata, persino banale, se teniamo conto della situazione linguistica dell''''epoca: ai tempi non esisteva uno standard linguistico, né un''''ortografia; pertanto le continue oscillazioni grafiche del copista sono tutte giustificate da ragioni fonetiche. Dunque non ci si stupisca nel trovare la medesima parola scritta, ad esempio, in due o più forme diverse (piagnere 1.1, piangnere 1.1). I fenomeni fonetici e morfologici analizzati hanno fatto emergere un fondo linguistico sicuramente toscano anche se, come rilevato da Cénname, risulta difficile collocare precisamente il nostro volgarizzamento in un punto geografico della Toscana ben definito. Siamo di fronte, in effetti, a una «lingua letteraria che non ha un forte colorito dialettale» . Alcune forme morfologiche prevalentemente settentrionali si sono poi rivelate, a un''''analisi più approfondita, comuni anche nel volgare fiorentino trecentesco (è il caso di como, 12.2). Altre ci hanno dato prova della grande diffusione che ebbero in epoca antica (è il caso del suffisso in -ança assai presente nel testo). Dall''''analisi sintattica abbiamo poi rilevato una sintassi generalmente latineggiante, nella quale domina la subordinazione sulla coordinazione. L''''interpretazione del testo è inoltre complicata dalla presenza quasi costante di gerundi assoluti che appesantiscono il periodo. Dall''''analisi lessicale, abbiamo appurato che il nostro volgarizzatore si concede molti latinismi e qualche provenzalismo. Nel caso di termini poco comuni, invece, inserisce delle glosse esplicative, e abbastanza colte, che ne chiariscono il significato (è il caso di melotte, 7.3. Ricordiamo che il nostro volgarizzatore traduce per un pubblico vasto di litterati e illitterati).File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/21936