E' indiscutibile l'elemento di centralità che la banca costituisce nei paesi sviluppati, e sempre più in quelli in via di sviluppo. Tale affermazione è facilmente riscontrabile dalla dipendenza, normale e intrinseca, che ogni soggetto o meglio riconosciuto come risparmiatore ha nei confronti dell'istituto di credito. L'oggetto principale di tali società è l'intermediazione creditizia, che consiste nella raccolta di denaro dai datori di fondi, e la conseguente concessione di prestiti, con orizzonti temporali differenti, ai prestatori di fondi, dove il profitto è dato dalla forbice fra i tassi d'interesse. Si evince quindi, soprattutto dalla prima operazione di raccolta, la delicatezza dell'attività bancaria e la necessità dell'introduzione di un livello di capitalizzazione con regole di applicazione conformi in gran parte dei paesi del pianeta. Non è osservabile un parametro con una tale uniformità di giudizio nelle imprese non finanziarie, se non attraverso condizionamenti esterni, che investitori o le stesse banche possono attuare in modo differente su di esse. La differenza di trattamento risiede nel diverso impatto che le imprese finanziarie e non hanno in caso di default. Il fallimento di una società non finanziaria infatti, se pur possa avere delle conseguenze negative, vede queste circoscritte ad un numero limitato di soggetti, e anzi possono portare giovamento in termini di mercato alle aziende concorrenti. Lo stesso discorso non può essere fatto per le banche. Il loro fallimento ha ripercussioni immediate e profonde oltre che nell'impresa stessa, anche nelle altre istituzioni bancarie per i vincoli interbancari e le operazioni di pagamento che li collegano; senza contane gli ignari risparmiatori che vedono i loro fondi messi in pericolo per una colpa non imputabile a loro. Da tutti questi motivi nasce l'esigenza del concetto di adeguatezza patrimoniale che, nell'ultimo quindicennio si è evoluto prima al rapporto esclusivo fra capitale e attivo, e in seguito con una ponderazione di quest'ultimo al rischio. La banca e l'assicurazione rappresentano due sistemi differenti che vedono però crescere il numero delle loro interazioni. L'operatività della seconda è orientata alla copertura del rischio mediante il pagamento dei premi da parte dell'assicurato. Situazione possibile grazie alla legge dei grandi numeri e al concetto di mutualità, ossia distribuzione del danno fra numerosi soggetti. Con le modifiche legislative si sono ridotti i confini di operatività finanziaria degli intermediari finanziari, con la nascita di concetti come Bancassicurazione. Questo ha portato gli organi di vigilanza assicurativa, visto anche il successo in termini di diffusione, a vedere una possibile attuazione della struttura normativa di Basilea 2, con le dovute modifiche per renderlo più idoneo al settore differente. Non si parla più di adeguatezza patrimoniale ma requisiti di solvibilità, sebbene la struttura a tre pilastri sia stata mantenuta in Solvency 2. Per queste somiglianze e difformità credo sia interessante osservare l'impatto che le due normative, con medesima architettura, hanno nei loro relativi comparti. Comprendere la loro funzionalità, gli eventuali aspetti positivi e negativi che hanno portato con la loro implementazione ed infine i margini di operatività per un loro possibile miglioramento.

Basilea 2 e Solvency 2: impatto, analogie e differenze

NIANG, ABDOUL KARIM
2015/2016

Abstract

E' indiscutibile l'elemento di centralità che la banca costituisce nei paesi sviluppati, e sempre più in quelli in via di sviluppo. Tale affermazione è facilmente riscontrabile dalla dipendenza, normale e intrinseca, che ogni soggetto o meglio riconosciuto come risparmiatore ha nei confronti dell'istituto di credito. L'oggetto principale di tali società è l'intermediazione creditizia, che consiste nella raccolta di denaro dai datori di fondi, e la conseguente concessione di prestiti, con orizzonti temporali differenti, ai prestatori di fondi, dove il profitto è dato dalla forbice fra i tassi d'interesse. Si evince quindi, soprattutto dalla prima operazione di raccolta, la delicatezza dell'attività bancaria e la necessità dell'introduzione di un livello di capitalizzazione con regole di applicazione conformi in gran parte dei paesi del pianeta. Non è osservabile un parametro con una tale uniformità di giudizio nelle imprese non finanziarie, se non attraverso condizionamenti esterni, che investitori o le stesse banche possono attuare in modo differente su di esse. La differenza di trattamento risiede nel diverso impatto che le imprese finanziarie e non hanno in caso di default. Il fallimento di una società non finanziaria infatti, se pur possa avere delle conseguenze negative, vede queste circoscritte ad un numero limitato di soggetti, e anzi possono portare giovamento in termini di mercato alle aziende concorrenti. Lo stesso discorso non può essere fatto per le banche. Il loro fallimento ha ripercussioni immediate e profonde oltre che nell'impresa stessa, anche nelle altre istituzioni bancarie per i vincoli interbancari e le operazioni di pagamento che li collegano; senza contane gli ignari risparmiatori che vedono i loro fondi messi in pericolo per una colpa non imputabile a loro. Da tutti questi motivi nasce l'esigenza del concetto di adeguatezza patrimoniale che, nell'ultimo quindicennio si è evoluto prima al rapporto esclusivo fra capitale e attivo, e in seguito con una ponderazione di quest'ultimo al rischio. La banca e l'assicurazione rappresentano due sistemi differenti che vedono però crescere il numero delle loro interazioni. L'operatività della seconda è orientata alla copertura del rischio mediante il pagamento dei premi da parte dell'assicurato. Situazione possibile grazie alla legge dei grandi numeri e al concetto di mutualità, ossia distribuzione del danno fra numerosi soggetti. Con le modifiche legislative si sono ridotti i confini di operatività finanziaria degli intermediari finanziari, con la nascita di concetti come Bancassicurazione. Questo ha portato gli organi di vigilanza assicurativa, visto anche il successo in termini di diffusione, a vedere una possibile attuazione della struttura normativa di Basilea 2, con le dovute modifiche per renderlo più idoneo al settore differente. Non si parla più di adeguatezza patrimoniale ma requisiti di solvibilità, sebbene la struttura a tre pilastri sia stata mantenuta in Solvency 2. Per queste somiglianze e difformità credo sia interessante osservare l'impatto che le due normative, con medesima architettura, hanno nei loro relativi comparti. Comprendere la loro funzionalità, gli eventuali aspetti positivi e negativi che hanno portato con la loro implementazione ed infine i margini di operatività per un loro possibile miglioramento.
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