In linea generale, la realizzazione di prodotti e servizi comporta la presenza di numerose attività poste tra loro in cascata. Queste attività comprendono l'acquisto delle materie prime, l'insieme delle lavorazioni delle stesse per realizzare il prodotto finale, la vendita e la distribuzione di quest'ultimo e i servizi post-vendita. L'insieme di tali attività prende il nome di catena verticale o filiera produttiva. Per ciascuna attività della catena, l'impresa deve decidere se svolgerla in proprio (make), oppure affidarla ad un'impresa indipendente sul mercato (buy). I confini verticali di un'impresa determinano quali attività l'azienda svolge in proprio e quali affida all'esterno. La scelta del make, o del buy, determina la strategia che l'impresa implementa per ottenere un vantaggio competitivo e, dunque, un differenziale di reddito superiore a quello dei concorrenti. Entrambe le strategie presentano pregi e difetti che sono stati opportunamente analizzati nel capitolo 1. Il capitolo successivo è stato interamente dedicato all'analisi dei costi di transazione, e cioè quei costi che emergono quando un'impresa decide di ricorrere al mercato. In generale, quanto più i costi di transazione sono elevati, tanto più è vantaggioso svolgere la transazione in proprio. Viceversa, se tali costi non sono eccessivamente onerosi, è preferibile ricorrere al mercato. Talvolta, una transazione può comportare l'investimento in attività o risorse ad elevata specificità, ovvero attività che risultano fondamentali per la buona riuscita della transazione, ma che non possono essere convertite a vantaggio di una nuova transazione a meno di non incorrere in ulteriori costi derivanti dall'adattamento della stessa. In generale, le transazioni caratterizzate da investimenti in attività specifiche comportano il rischio di holdup, e cioè il pericolo di essere ricattati dal proprio partner commerciale. Tale rischio aumenta tanto più la quasi-rendita generata dall'investimento specifico è cospicua. Il capitolo 3 introduce una prospettiva leggermente diversa. Si tratta pur sempre di una prospettiva di matrice economica, ma decisamente incentrata sui concetti di strategia, vantaggio competitivo, risorse e capacità. In questo capitolo vengono passate in rassegna le differenti tipologie di posizionamento competitivo di un'impresa nel settore o mercato di riferimento: vantaggio competitivo, parità competitiva e svantaggio competitivo. Tali posizioni sono collegate alla strategia che l'impresa implementa. Più la strategia è valida, e cioè perseguita da poche altre aziende nel settore, più un'impresa ha la possibilità di ottenere un vantaggio competitivo e, dunque un differenziale di reddito superiore a quello delle concorrenti. Tuttavia, non sempre la strategia implementata da un'impresa è valida. In tal caso, l'impresa può ottenere uno svantaggio competitivo o, al più, una parità competitiva. Infine, il quarto ed ultimo capitolo introduce alcune alternative ibride al make-or-buy: la quasi-integrazione verticale, i networks, le joint-venture, i contratti impliciti e le relazioni a lungo termine. Si tratta di soluzioni in grado di coniugare benefici e costi provenienti dagli estremi del make-or-buy. Quest'ultimo, infatti, presentando due strategie estreme, non sempre risulta vantaggioso da adottare. L'implementazione di strategie intermedie, quali quelle sopra elencate, permette di svolgere le singole attività della catena verticale godendo simultaneamente dei vantaggi del
MAKE-OR-BUY: DALLA DICOTOMIA ALLE STRATEGIE IBRIDE
LUGLIE', ALESSANDRA
2011/2012
Abstract
In linea generale, la realizzazione di prodotti e servizi comporta la presenza di numerose attività poste tra loro in cascata. Queste attività comprendono l'acquisto delle materie prime, l'insieme delle lavorazioni delle stesse per realizzare il prodotto finale, la vendita e la distribuzione di quest'ultimo e i servizi post-vendita. L'insieme di tali attività prende il nome di catena verticale o filiera produttiva. Per ciascuna attività della catena, l'impresa deve decidere se svolgerla in proprio (make), oppure affidarla ad un'impresa indipendente sul mercato (buy). I confini verticali di un'impresa determinano quali attività l'azienda svolge in proprio e quali affida all'esterno. La scelta del make, o del buy, determina la strategia che l'impresa implementa per ottenere un vantaggio competitivo e, dunque, un differenziale di reddito superiore a quello dei concorrenti. Entrambe le strategie presentano pregi e difetti che sono stati opportunamente analizzati nel capitolo 1. Il capitolo successivo è stato interamente dedicato all'analisi dei costi di transazione, e cioè quei costi che emergono quando un'impresa decide di ricorrere al mercato. In generale, quanto più i costi di transazione sono elevati, tanto più è vantaggioso svolgere la transazione in proprio. Viceversa, se tali costi non sono eccessivamente onerosi, è preferibile ricorrere al mercato. Talvolta, una transazione può comportare l'investimento in attività o risorse ad elevata specificità, ovvero attività che risultano fondamentali per la buona riuscita della transazione, ma che non possono essere convertite a vantaggio di una nuova transazione a meno di non incorrere in ulteriori costi derivanti dall'adattamento della stessa. In generale, le transazioni caratterizzate da investimenti in attività specifiche comportano il rischio di holdup, e cioè il pericolo di essere ricattati dal proprio partner commerciale. Tale rischio aumenta tanto più la quasi-rendita generata dall'investimento specifico è cospicua. Il capitolo 3 introduce una prospettiva leggermente diversa. Si tratta pur sempre di una prospettiva di matrice economica, ma decisamente incentrata sui concetti di strategia, vantaggio competitivo, risorse e capacità. In questo capitolo vengono passate in rassegna le differenti tipologie di posizionamento competitivo di un'impresa nel settore o mercato di riferimento: vantaggio competitivo, parità competitiva e svantaggio competitivo. Tali posizioni sono collegate alla strategia che l'impresa implementa. Più la strategia è valida, e cioè perseguita da poche altre aziende nel settore, più un'impresa ha la possibilità di ottenere un vantaggio competitivo e, dunque un differenziale di reddito superiore a quello delle concorrenti. Tuttavia, non sempre la strategia implementata da un'impresa è valida. In tal caso, l'impresa può ottenere uno svantaggio competitivo o, al più, una parità competitiva. Infine, il quarto ed ultimo capitolo introduce alcune alternative ibride al make-or-buy: la quasi-integrazione verticale, i networks, le joint-venture, i contratti impliciti e le relazioni a lungo termine. Si tratta di soluzioni in grado di coniugare benefici e costi provenienti dagli estremi del make-or-buy. Quest'ultimo, infatti, presentando due strategie estreme, non sempre risulta vantaggioso da adottare. L'implementazione di strategie intermedie, quali quelle sopra elencate, permette di svolgere le singole attività della catena verticale godendo simultaneamente dei vantaggi delFile | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/21240