Negli ultimi anni, gli studi giuridici e sociologici sui beni comuni hanno acquisito sempre maggiore ampiezza e profondità, iniziando a incidere sulla struttura delle amministrazioni locali e sulle scelte politiche dei comuni italiani. Il presente lavoro si propone di identificare le caratteristiche dei beni comuni e di fornire una giustificazione della loro esistenza sia dal punto di vista economico sia da quello sociale. Attraverso un'analisi delle opere presenti in letteratura, si vuole dimostrare la validità dell'ipotesi avanzata nel 2007 dalla Commissione Rodotà, commissione nominata al fine di proporre una modifica del Codice Civile in materia di beni pubblici, sull'opportunità di introdurre nel Codice la categoria dei beni comuni accanto a quelle dei beni privati e pubblici. Il fine della proposta è quello di regolare e tutelare tutte quelle esperienze locali di gestione condivisa che nascono spontaneamente da associazioni di cittadini. L'attuazione della proposta della Commissione Rodotà inoltre limiterebbe la libertà di azione per certi versi ¿autoritaria¿ dello Stato in merito alla gestione di beni importanti per le comunità locali, impedendo ad esempio il ricorso all'utilizzo delle privatizzazioni per far fronte a esigenze economiche impellenti. Va sottolineato che, con l'istituzione giuridica dei beni comuni, non si vuole negare il ruolo delle istituzioni statali e dell'apparato amministrativo pubblico come garanti del diritto di usufruire dei beni non escludibili, ma si vuole sostituire a un modello di gestione dall'alto uno più democratico e partecipato dei beni a cui i cittadini riconoscono un'importanza sociale per la comunità. Nel primo capitolo si tenterà quindi di dare una definizione per quanto possibile completa, dei beni comuni. Segue nel secondo capitolo un'analisi della cosiddetta ¿tragedia dei commons¿: in presenza di risorse sfruttabili liberamente da chiunque, ognuno cerca di trarre il maggior vantaggio possibile da tali risorse causandone uno sfruttamento non sostenibile e la conseguente scomparsa dei beni stessi. Si fornisce qui un tentativo di risoluzione al problema diverso da quello proposto da Hardin, ecologo statunitense che identificò nell'assegnazione di diritti di sfruttamento dei beni e nella privatizzazione la risoluzione alla tragedia dei commons. Si considera, infatti, la possibilità di fondare modelli di gestione delle risorse comuni basate sulla collaborazione tra gli utilizzatori. Nel terzo capitolo si forniranno giustificazioni filosofiche e sociali per l'esistenza di esperienze di gestione comune dei beni. Il capitolo successivo identifica i meccanismi giuridici utilizzati dallo Stato per privatizzare anche quei beni che formalmente risultano inalienabili. La trattazione sarà conclusa con l'esposizione di un esempio concreto di come una gestione collettiva di un bene (l'isola di Poveglia nello specifico) possa rappresentare, sotto alcune ipotesi restrittive, una valida alternativa alle politiche di privatizzazione.
La sfida dei beni comuni. Il contesto italiano e le privatizzazioni
RIGO, ROBERTA
2015/2016
Abstract
Negli ultimi anni, gli studi giuridici e sociologici sui beni comuni hanno acquisito sempre maggiore ampiezza e profondità, iniziando a incidere sulla struttura delle amministrazioni locali e sulle scelte politiche dei comuni italiani. Il presente lavoro si propone di identificare le caratteristiche dei beni comuni e di fornire una giustificazione della loro esistenza sia dal punto di vista economico sia da quello sociale. Attraverso un'analisi delle opere presenti in letteratura, si vuole dimostrare la validità dell'ipotesi avanzata nel 2007 dalla Commissione Rodotà, commissione nominata al fine di proporre una modifica del Codice Civile in materia di beni pubblici, sull'opportunità di introdurre nel Codice la categoria dei beni comuni accanto a quelle dei beni privati e pubblici. Il fine della proposta è quello di regolare e tutelare tutte quelle esperienze locali di gestione condivisa che nascono spontaneamente da associazioni di cittadini. L'attuazione della proposta della Commissione Rodotà inoltre limiterebbe la libertà di azione per certi versi ¿autoritaria¿ dello Stato in merito alla gestione di beni importanti per le comunità locali, impedendo ad esempio il ricorso all'utilizzo delle privatizzazioni per far fronte a esigenze economiche impellenti. Va sottolineato che, con l'istituzione giuridica dei beni comuni, non si vuole negare il ruolo delle istituzioni statali e dell'apparato amministrativo pubblico come garanti del diritto di usufruire dei beni non escludibili, ma si vuole sostituire a un modello di gestione dall'alto uno più democratico e partecipato dei beni a cui i cittadini riconoscono un'importanza sociale per la comunità. Nel primo capitolo si tenterà quindi di dare una definizione per quanto possibile completa, dei beni comuni. Segue nel secondo capitolo un'analisi della cosiddetta ¿tragedia dei commons¿: in presenza di risorse sfruttabili liberamente da chiunque, ognuno cerca di trarre il maggior vantaggio possibile da tali risorse causandone uno sfruttamento non sostenibile e la conseguente scomparsa dei beni stessi. Si fornisce qui un tentativo di risoluzione al problema diverso da quello proposto da Hardin, ecologo statunitense che identificò nell'assegnazione di diritti di sfruttamento dei beni e nella privatizzazione la risoluzione alla tragedia dei commons. Si considera, infatti, la possibilità di fondare modelli di gestione delle risorse comuni basate sulla collaborazione tra gli utilizzatori. Nel terzo capitolo si forniranno giustificazioni filosofiche e sociali per l'esistenza di esperienze di gestione comune dei beni. Il capitolo successivo identifica i meccanismi giuridici utilizzati dallo Stato per privatizzare anche quei beni che formalmente risultano inalienabili. La trattazione sarà conclusa con l'esposizione di un esempio concreto di come una gestione collettiva di un bene (l'isola di Poveglia nello specifico) possa rappresentare, sotto alcune ipotesi restrittive, una valida alternativa alle politiche di privatizzazione.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/20633