La tesi tratta il continuo e secolare contrasto tra la concezione neoclassica e quella austriaca dell'imprenditore. La prima, i cui massimi esponenti furono Smith e Ricardo, vedono l'imprenditore come colui che fornisce i capitali e quindi lo considerano come un vero e proprio capitalista, tanto che non esisteva nemmeno un equivalente inglese per la parola francese entrepreneur, introdotta da Cantillon. Si procede esponendo le tesi di Marshall, che si distacca dall'equilibrio statico e generale di Pareto e Walras e introduce un equilibrio parziale. Marshall, infatti, fu il primo ad introdurre il tempo nella trattazione economica, definendo quindi il lungo e il breve periodo. Coase fa un ulteriore passo, introducendo il concetto di costo di transazione. Egli vede tali costi come il motivo dell'esistenza dell'impresa, che, internalizzandoli, rende meno costosi gli scambi. In tali contesti, però, l'imprenditore non assume ancora un ruolo centrale, ma è definito solo come una guida e un'autorità. Schumpeter è il primo a valorizzare l'imprenditore, come un innovatore in grado di inventare nuovi prodotti, scoprire nuovi mercati o mezzi produttivi. Schumpeter, esponente della Scuola austriaca, non identifica l'imprenditore con il capitalista, ma introduce gli intermediari finanziari, che concedono prestiti all'imprenditore. Schumpeter sostiene che il processo sia distruzione creatrice, poiché elimina lo status quo, ma allo stesso tempo apporta miglioramenti. Si procede con la trattazione di Mises e del suo allievo Hayek, che vede nella libertà l'elemento chiave dell'economia. L'imprenditore è un soggetto libero, che naviga sulla corrente del mercato e non costruisce una diga come il pianificatore centrale. Con questa metafore l'economista intende dire che nessuna pianificazione dall'alto può condurre a un miglioramento. Si conclude con l'apporto più recente di Kirzner, Rothbard e Lachmann. Il primo vede l'imprenditore come colui che coglie occasioni che altri non vedono, ma che non inventa nulla. Rothbard e Lachmann, invece, portano l'individualismo e il radicalismo agli estremi con il cosiddetto anarco-capitalismo. Entrambi gli approcci, neoclassico e austriaco, sono stati un contributo fondamentale per la storia d'impresa, sebbene il secondo colga in modo più mirato la realtà economica.

La figura dell'imprenditore: dalla scuola neoclassica alla tradizione austriaca

LICATA, GIORGIA
2015/2016

Abstract

La tesi tratta il continuo e secolare contrasto tra la concezione neoclassica e quella austriaca dell'imprenditore. La prima, i cui massimi esponenti furono Smith e Ricardo, vedono l'imprenditore come colui che fornisce i capitali e quindi lo considerano come un vero e proprio capitalista, tanto che non esisteva nemmeno un equivalente inglese per la parola francese entrepreneur, introdotta da Cantillon. Si procede esponendo le tesi di Marshall, che si distacca dall'equilibrio statico e generale di Pareto e Walras e introduce un equilibrio parziale. Marshall, infatti, fu il primo ad introdurre il tempo nella trattazione economica, definendo quindi il lungo e il breve periodo. Coase fa un ulteriore passo, introducendo il concetto di costo di transazione. Egli vede tali costi come il motivo dell'esistenza dell'impresa, che, internalizzandoli, rende meno costosi gli scambi. In tali contesti, però, l'imprenditore non assume ancora un ruolo centrale, ma è definito solo come una guida e un'autorità. Schumpeter è il primo a valorizzare l'imprenditore, come un innovatore in grado di inventare nuovi prodotti, scoprire nuovi mercati o mezzi produttivi. Schumpeter, esponente della Scuola austriaca, non identifica l'imprenditore con il capitalista, ma introduce gli intermediari finanziari, che concedono prestiti all'imprenditore. Schumpeter sostiene che il processo sia distruzione creatrice, poiché elimina lo status quo, ma allo stesso tempo apporta miglioramenti. Si procede con la trattazione di Mises e del suo allievo Hayek, che vede nella libertà l'elemento chiave dell'economia. L'imprenditore è un soggetto libero, che naviga sulla corrente del mercato e non costruisce una diga come il pianificatore centrale. Con questa metafore l'economista intende dire che nessuna pianificazione dall'alto può condurre a un miglioramento. Si conclude con l'apporto più recente di Kirzner, Rothbard e Lachmann. Il primo vede l'imprenditore come colui che coglie occasioni che altri non vedono, ma che non inventa nulla. Rothbard e Lachmann, invece, portano l'individualismo e il radicalismo agli estremi con il cosiddetto anarco-capitalismo. Entrambi gli approcci, neoclassico e austriaco, sono stati un contributo fondamentale per la storia d'impresa, sebbene il secondo colga in modo più mirato la realtà economica.
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