A un anno di distanza dalla fine del conflitto mondiale, Roberto Longhi osservava: «agli italiani non rimane che farsi custodi pensosi della propria cultura plagiata ma non estinta». Da questa constatazione, che apriva il suo commento alla mostra sull'arte ligure tra il Trecento e il Cinquecento organizzata nel 1946 a Genova, emergeva il senso di profonda crisi nel quale versava la cultura italiana, e in particolare le arti figurative. La ricostruzione post-bellica fu però caratterizzata da un grande fermento di mostre volte non solo a un ripensamento dell'arte italiana del passato ma anche, e soprattutto, alla promozione attiva di quella attuale, grazie anche alle nuove prospettive seguite alla Liberazione dal Nazifascismo. Questo nuovo atteggiamento fu alla base dell'ideazione, a Torino, delle mostre «Pittori d'oggi. Francia-Italia», della quale vennero realizzate sette edizioni tra il 1951 e il 1961 (le altre si svolsero nel 1952, nel 1953, ne 1955, nel 1957 e nel 1959). L'obiettivo delle mostre era apparentemente semplice ma ambizioso: si cercava infatti di mettere a confronto l'arte contemporanea italiana con quella francese, basandosi sul giudizio di una commissione per ciascuna nazione, in modo affine a quello che avveniva per la Biennale veneziana. L'accoglienza sostanzialmente fredda, quando non dichiaratamente ostile, che accompagnò il susseguirsi delle varie edizioni, ha tuttavia portato la letteratura critica successiva a trattare in modo poco approfondito una rassegna che invece può costituire un utile strumento per lo studio dell'arte contemporanea nell'Italia degli anni cinquanta. Si è deciso, in questa sede, di concentrare l'attenzione sulle prime quattro mostre, scelta motivata da una serie di fattori. Il principale di questi è senz'altro il fatto che il periodo tra il 1951 e il 1955 coincide con il massimo sviluppo e il successivo esaurimento di quella polemica che si potrebbe riassumere nella coppia di termini opposti astrattismo/realismo, che interessò sia l'Italia che la Francia. Essa non è che una semplificazione di un conflitto le cui radici furono innanzitutto politiche, e che tuttavia contribuì a mettere in luce le difficoltà e le contraddizioni di quell'arte allora generalmente identificata come «moderna», e portò a sviluppare un nuovo modo di concepire il lavoro artistico e la sua funzione. Il primo capitolo introduce la situazione artistica italiana e francese della seconda metà degli anni quaranta, con particolare attenzione al contesto torinese e alle personalità che sarebbero state fondamentali per le mostre. Gli altri quattro capitoli sono dedicati ciascuno ad un'edizione (1951. 1952, 1953, 1955), della quale vengono analizzate l'organizzazione, la struttura, l'accoglienza di pubblico e critica e i legami con i cambiamenti artistici del periodo. Il lavoro è corredato da apparati documentari e tavole di immagini.

Le prime edizioni di "Pittori d'oggi. Francia-Italia" (1951-1955): Torino fra realismo e astrattismo, istituzioni e mercato

INVERNIZZI, VIOLA
2010/2011

Abstract

A un anno di distanza dalla fine del conflitto mondiale, Roberto Longhi osservava: «agli italiani non rimane che farsi custodi pensosi della propria cultura plagiata ma non estinta». Da questa constatazione, che apriva il suo commento alla mostra sull'arte ligure tra il Trecento e il Cinquecento organizzata nel 1946 a Genova, emergeva il senso di profonda crisi nel quale versava la cultura italiana, e in particolare le arti figurative. La ricostruzione post-bellica fu però caratterizzata da un grande fermento di mostre volte non solo a un ripensamento dell'arte italiana del passato ma anche, e soprattutto, alla promozione attiva di quella attuale, grazie anche alle nuove prospettive seguite alla Liberazione dal Nazifascismo. Questo nuovo atteggiamento fu alla base dell'ideazione, a Torino, delle mostre «Pittori d'oggi. Francia-Italia», della quale vennero realizzate sette edizioni tra il 1951 e il 1961 (le altre si svolsero nel 1952, nel 1953, ne 1955, nel 1957 e nel 1959). L'obiettivo delle mostre era apparentemente semplice ma ambizioso: si cercava infatti di mettere a confronto l'arte contemporanea italiana con quella francese, basandosi sul giudizio di una commissione per ciascuna nazione, in modo affine a quello che avveniva per la Biennale veneziana. L'accoglienza sostanzialmente fredda, quando non dichiaratamente ostile, che accompagnò il susseguirsi delle varie edizioni, ha tuttavia portato la letteratura critica successiva a trattare in modo poco approfondito una rassegna che invece può costituire un utile strumento per lo studio dell'arte contemporanea nell'Italia degli anni cinquanta. Si è deciso, in questa sede, di concentrare l'attenzione sulle prime quattro mostre, scelta motivata da una serie di fattori. Il principale di questi è senz'altro il fatto che il periodo tra il 1951 e il 1955 coincide con il massimo sviluppo e il successivo esaurimento di quella polemica che si potrebbe riassumere nella coppia di termini opposti astrattismo/realismo, che interessò sia l'Italia che la Francia. Essa non è che una semplificazione di un conflitto le cui radici furono innanzitutto politiche, e che tuttavia contribuì a mettere in luce le difficoltà e le contraddizioni di quell'arte allora generalmente identificata come «moderna», e portò a sviluppare un nuovo modo di concepire il lavoro artistico e la sua funzione. Il primo capitolo introduce la situazione artistica italiana e francese della seconda metà degli anni quaranta, con particolare attenzione al contesto torinese e alle personalità che sarebbero state fondamentali per le mostre. Gli altri quattro capitoli sono dedicati ciascuno ad un'edizione (1951. 1952, 1953, 1955), della quale vengono analizzate l'organizzazione, la struttura, l'accoglienza di pubblico e critica e i legami con i cambiamenti artistici del periodo. Il lavoro è corredato da apparati documentari e tavole di immagini.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/19997