L'obiettivo che si propone la ricerca è quello di rintracciare nell'educazione fascista le tracce della ¿pedagogia nera¿, la quale fonda le sue radici tra il 1700 e il 1800 e si sviluppa in particolare grazie alla diffusione di manuali educativi rivolti a educatori e genitori, nei quali erano esposti i principi cardine di questa linea di pensiero. Il primo capitolo analizza la storia della scuola primaria durante il ventennio e si può notare la graduale progressione verso i principi della pedagogia nera. Infatti, nonostante l'iniziale influsso positivo e libertario che aveva coinvolto la scuola elementare, a seguito della Riforma Gentile, già a partire dal 1925 si assistette alla progressiva fascistizzazione della scuola che portò alla totale distruzione del progetto di ¿scuola serena¿ e ugualitaria, teorizzato da Lombardo Radice. La scuola elementare divenne il luogo ideale per forgiare le menti dei ¿nuovi italiani¿ e introdurli al più presto nella società fascista. Per ottenere questo ambito risultato, l'istituzione scolastica non era ritenuta sufficiente, poiché era necessario oltre alle nozioni teoriche, anche fare pratica. Per questa ragione il PNF fondò l'ONB. Il modello maschile di giovane fascista era il balilla, il bambino soldato, obbediente, disciplinato, rispettoso e indottrinato di ideali fascisti, che veste in divisa e sfila durante le adunate. La bambina doveva, invece, seguire l'esempio della donna casalinga e rispettosa, che alleva i suoi figli secondo gli ideali del Regime ed anch'essa è coinvolta nelle manifestazioni del fascismo, nelle quali sfila indossando la divisa delle piccole italiane. Nel secondo e terzo capitolo, analizzando i libri di testo successivi al 1930, anno in cui in cui è entrato in vigore il libro di testo unico per le scuole elementari, a seguito della legge emanata nel 1929, dimostro l'intento dello Stato di indottrinare le menti dei giovani attraverso le letture e gli esercizi proposti. Infatti, veniva presentato ai bambini, solo ciò che era loro utile per diventare cittadini fascisti. Tutto ciò che il bambino doveva imparare a conoscere ed amare, per diventare un individuo utile al Regime, poteva trovarlo nei libri scolastici. L'educazione divenne così un modo per limitare la creatività e la libertà dei giovani e inquadrare le loro aspettative e aspirazioni all'interno del sistema statale fascista.

La "pedagogia nera" e le sue applicazioni durante il ventennio fascista

BILLONE, FEDERICA
2010/2011

Abstract

L'obiettivo che si propone la ricerca è quello di rintracciare nell'educazione fascista le tracce della ¿pedagogia nera¿, la quale fonda le sue radici tra il 1700 e il 1800 e si sviluppa in particolare grazie alla diffusione di manuali educativi rivolti a educatori e genitori, nei quali erano esposti i principi cardine di questa linea di pensiero. Il primo capitolo analizza la storia della scuola primaria durante il ventennio e si può notare la graduale progressione verso i principi della pedagogia nera. Infatti, nonostante l'iniziale influsso positivo e libertario che aveva coinvolto la scuola elementare, a seguito della Riforma Gentile, già a partire dal 1925 si assistette alla progressiva fascistizzazione della scuola che portò alla totale distruzione del progetto di ¿scuola serena¿ e ugualitaria, teorizzato da Lombardo Radice. La scuola elementare divenne il luogo ideale per forgiare le menti dei ¿nuovi italiani¿ e introdurli al più presto nella società fascista. Per ottenere questo ambito risultato, l'istituzione scolastica non era ritenuta sufficiente, poiché era necessario oltre alle nozioni teoriche, anche fare pratica. Per questa ragione il PNF fondò l'ONB. Il modello maschile di giovane fascista era il balilla, il bambino soldato, obbediente, disciplinato, rispettoso e indottrinato di ideali fascisti, che veste in divisa e sfila durante le adunate. La bambina doveva, invece, seguire l'esempio della donna casalinga e rispettosa, che alleva i suoi figli secondo gli ideali del Regime ed anch'essa è coinvolta nelle manifestazioni del fascismo, nelle quali sfila indossando la divisa delle piccole italiane. Nel secondo e terzo capitolo, analizzando i libri di testo successivi al 1930, anno in cui in cui è entrato in vigore il libro di testo unico per le scuole elementari, a seguito della legge emanata nel 1929, dimostro l'intento dello Stato di indottrinare le menti dei giovani attraverso le letture e gli esercizi proposti. Infatti, veniva presentato ai bambini, solo ciò che era loro utile per diventare cittadini fascisti. Tutto ciò che il bambino doveva imparare a conoscere ed amare, per diventare un individuo utile al Regime, poteva trovarlo nei libri scolastici. L'educazione divenne così un modo per limitare la creatività e la libertà dei giovani e inquadrare le loro aspettative e aspirazioni all'interno del sistema statale fascista.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/19825