Conosciuto e apprezzato da oltre 9000 anni, utilizzato in qualità di pietra ornamentale per monili e oggetti, trattato per ottenere il Blu Oltremare, uno dei più apprezzati pigmenti della storia, il lapis lazuli ha da sempre suscitato un fascino impareggiabile. Numerose evidenze archeologiche, congiuntamente a fonti storiche, fanno risalire i primi utilizzi di questa roccia al V-IV millennio a.C presso le civiltà della Valle dell'Indo; la diffusione su ampia scala che ne seguì si può ravvisare a partire dal III millennio a.C, per poi mantenersi inalterata nel corso delle epoche acquistando presso le diverse culture sia un elevato valore commerciale, sia una spiccata valenza simbolica e rituale. Il materiale di più alta qualità veniva estratto dalle miniere di Sar-i-Sang in Afghanistan, ritenute la principale ed unica fonte di lapis lazuli nell'antichità. Questa teoria è stata messa in discussione da recenti indagini scientifiche che ritengono potenzialmente validi anche altri giacimenti oltre quello afghano. La complessa storia d'uso della pietra blu e le scarse informazioni storiche sugli antichi siti estrattivi, risultano essere le principali istanze dalle quali ha preso forma la volontà di uno studio di provenienza di lapis lazuli sistematico. L'indagine non è sicuramente facilitata dalla complessa paragenesi della roccia e dalla notevole variabilità composizionale. Tuttavia, essendoci al mondo pochi giacimenti di questa pietra, risulta molto importante riuscire a trovare un modo per differenziarli scientificamente. Il presente lavoro di tesi nasce con l'intento di trovare dei marker caratteristici dei differenti giacimenti che permettano di creare una base di dati utile all'attribuzione del materiale impiegato per la realizzazione di manufatti, attraverso l'uso di tecniche non invasive. Questo elaborato, articolato in tre distinti filoni di indagine, si inserisce in un più ampio progetto avviato nel 2008 dalla collaborazione tra le Università degli Studi di Torino e di Firenze, e lʼINFN, sezioni di Torino e Firenze (LABEC). La prima fase del lavoro ha riguardato l'analisi mediante Spettroscopia Raman di 9 campioni della Collezione Generale del Museo di Mineralogia e Litologia di Firenze al fine di completarne la caratterizzazione precedentemente avviata. La sezione centrale di tale studio ha inteso improntare il lavoro su analisi composizionali e di luminescenza a partire da 12 campioni di recente acquisizione: è stato utilizzato un approccio che si avvalesse di tecniche di microscopia ionica (µ-PIXE e µ-IL) attraverso le quali individuare potenziali caratteri distintivi per i differenti siti di estrazione. Poiché l'obiettivo finale di questo progetto di ricerca si traduce nella volontà di analizzare manufatti realizzati in lapis lazuli, è stata avviata una caratterizzazione per mezzo di un approccio macroscopico (mediante indagini in Radioluminescenza) a partire da un'analisi dei campioni nella loro interezza, senza alcun campionamento preventivo. In particolare, l'analisi si è focalizzata sui medesimi campioni esaminati nella seconda sezione, in modo da verificare se alcuni dei marker individuati a livello microscopico prevalessero in modo determinante tanto da permettere una discriminazione dei diversi siti estrattivi. I riscontri positivi conseguiti in questa fase hanno posto le basi per la successiva analisi di 5 lastrine in lapis lazuli provenienti dalla Collezione del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino.
Analisi composizionale e di luminescenza di alcune fasi mineralogiche in lapis lazuli per studi di provenienza
BIONDI, ALESSIA FABIOLA
2011/2012
Abstract
Conosciuto e apprezzato da oltre 9000 anni, utilizzato in qualità di pietra ornamentale per monili e oggetti, trattato per ottenere il Blu Oltremare, uno dei più apprezzati pigmenti della storia, il lapis lazuli ha da sempre suscitato un fascino impareggiabile. Numerose evidenze archeologiche, congiuntamente a fonti storiche, fanno risalire i primi utilizzi di questa roccia al V-IV millennio a.C presso le civiltà della Valle dell'Indo; la diffusione su ampia scala che ne seguì si può ravvisare a partire dal III millennio a.C, per poi mantenersi inalterata nel corso delle epoche acquistando presso le diverse culture sia un elevato valore commerciale, sia una spiccata valenza simbolica e rituale. Il materiale di più alta qualità veniva estratto dalle miniere di Sar-i-Sang in Afghanistan, ritenute la principale ed unica fonte di lapis lazuli nell'antichità. Questa teoria è stata messa in discussione da recenti indagini scientifiche che ritengono potenzialmente validi anche altri giacimenti oltre quello afghano. La complessa storia d'uso della pietra blu e le scarse informazioni storiche sugli antichi siti estrattivi, risultano essere le principali istanze dalle quali ha preso forma la volontà di uno studio di provenienza di lapis lazuli sistematico. L'indagine non è sicuramente facilitata dalla complessa paragenesi della roccia e dalla notevole variabilità composizionale. Tuttavia, essendoci al mondo pochi giacimenti di questa pietra, risulta molto importante riuscire a trovare un modo per differenziarli scientificamente. Il presente lavoro di tesi nasce con l'intento di trovare dei marker caratteristici dei differenti giacimenti che permettano di creare una base di dati utile all'attribuzione del materiale impiegato per la realizzazione di manufatti, attraverso l'uso di tecniche non invasive. Questo elaborato, articolato in tre distinti filoni di indagine, si inserisce in un più ampio progetto avviato nel 2008 dalla collaborazione tra le Università degli Studi di Torino e di Firenze, e lʼINFN, sezioni di Torino e Firenze (LABEC). La prima fase del lavoro ha riguardato l'analisi mediante Spettroscopia Raman di 9 campioni della Collezione Generale del Museo di Mineralogia e Litologia di Firenze al fine di completarne la caratterizzazione precedentemente avviata. La sezione centrale di tale studio ha inteso improntare il lavoro su analisi composizionali e di luminescenza a partire da 12 campioni di recente acquisizione: è stato utilizzato un approccio che si avvalesse di tecniche di microscopia ionica (µ-PIXE e µ-IL) attraverso le quali individuare potenziali caratteri distintivi per i differenti siti di estrazione. Poiché l'obiettivo finale di questo progetto di ricerca si traduce nella volontà di analizzare manufatti realizzati in lapis lazuli, è stata avviata una caratterizzazione per mezzo di un approccio macroscopico (mediante indagini in Radioluminescenza) a partire da un'analisi dei campioni nella loro interezza, senza alcun campionamento preventivo. In particolare, l'analisi si è focalizzata sui medesimi campioni esaminati nella seconda sezione, in modo da verificare se alcuni dei marker individuati a livello microscopico prevalessero in modo determinante tanto da permettere una discriminazione dei diversi siti estrattivi. I riscontri positivi conseguiti in questa fase hanno posto le basi per la successiva analisi di 5 lastrine in lapis lazuli provenienti dalla Collezione del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/19483