Nella mia tesi ho analizzato il problema del risentimento prendendo in esame tre autori: Nietzsche, Scheler e Girard. Per quanto riguarda il pensiero di Nietzsche il risentimento è l'atteggiamento di quei deboli che cercano di ostacolare la libera attività di chi è forte e capace, condannandolo attraverso una morale ispirata all'istinto di vendetta contro i forti: è questa la cosiddetta morale degli schiavi. L'uomo del risentimento è l'uomo reattivo e la morale degli schiavi si configura soltanto come la reazione a ciò che gli uomini deboli non possono essere. Ritroviamo il risentimento nella Genealogia della morale (1887), ma ho analizzato anche l'opera Così parlò Zatrathustra, poiché attraverso l'avvento del superuomo si può pensare ad una morale diversa da quella impregnata di risentimento. Il superuomo è colui che va oltre la morale dei sacerdoti, che rifiuta il no alla vita, gli ideali ascetici, i valori passivi per creare una morale nuova, non più condizionata dal risentimento. Scheler dedica un' intera opera al tema del risentimento: Il risentimento nella edificazione delle morali (1912). Egli considera il risentimento come il contrassegno non della morale cristiana, bensì delle morali moderne. Nietzsche sostiene che l'amore cristiano è il frutto del risentimento e dà luogo ad una morale negativa, la morale dei sacerdoti. Scheler, invece, si oppone alla tesi di Nietzsche sostenendo che alla base del cristianesimo c'è soltanto l'Amore, l'intima partecipazione dell'uomo al regno di Dio. Questo tipo di amore non ha la sua radice nel risentimento, ma si fonda sulla parte più intima della persona. L'errore di Nietzsche è stato quello di associare il risentimento alla morale cristiana, confondendo l'amore cristiano con la morale borghese. Ciò che germoglia sul risentimento è la filantropia moderna, che sorge dall'odio represso contro Dio, contro la famiglia e contro la patria. La filantropia si manifesta come un'avversione nei confronti della cerchia prossima della comunità in cui l'uomo è nato e dei suoi valori. Per quanto riguarda il pensiero di Girard, il risentimento è l' invidia nei riguardi di un modello insuperabile, perciò alla base del risentimento ritroviamo il mimetismo. Il risentimento è il ritorno inquietante su di noi stessi del nostro desiderio di essere secondo l'altro; difficilmente ce ne liberiamo e il desiderio ci consegna ad un odio senza tregua verso il nostro vicino-rivale. Grazie alla raccolta di saggi curata da Tomelleri, Il risentimento. Lo scacco del desiderio nell'uomo contemporaneo (1996), possiamo individuare tre figure del risentimento: il solipsista, l'anticonformista e il minimalista. Per quanto riguarda il solipsista, il risentimento si configura come il rifiuto da parte dell'individuo che si nasconde di comunicare il proprio desiderio di essere desiderati dall'altro. L'anticonformista, invece, rifiuta all'altro quel ruolo di modello che il suo desiderio segretamente gli assegna e gli dà solo il ruolo di ostacolo. Il minimalista è simboleggiato dalla figura dell'anoressica che come forma di affermazione autodistruttiva di sé sceglie la privazione e la rinuncia: si preferisce annullare se stessi piuttosto che accogliere in noi la presenza dell'altro.

Il risentimento in Nietzsche, Scheler e Girard

CAVEGLIA, MARTA
2010/2011

Abstract

Nella mia tesi ho analizzato il problema del risentimento prendendo in esame tre autori: Nietzsche, Scheler e Girard. Per quanto riguarda il pensiero di Nietzsche il risentimento è l'atteggiamento di quei deboli che cercano di ostacolare la libera attività di chi è forte e capace, condannandolo attraverso una morale ispirata all'istinto di vendetta contro i forti: è questa la cosiddetta morale degli schiavi. L'uomo del risentimento è l'uomo reattivo e la morale degli schiavi si configura soltanto come la reazione a ciò che gli uomini deboli non possono essere. Ritroviamo il risentimento nella Genealogia della morale (1887), ma ho analizzato anche l'opera Così parlò Zatrathustra, poiché attraverso l'avvento del superuomo si può pensare ad una morale diversa da quella impregnata di risentimento. Il superuomo è colui che va oltre la morale dei sacerdoti, che rifiuta il no alla vita, gli ideali ascetici, i valori passivi per creare una morale nuova, non più condizionata dal risentimento. Scheler dedica un' intera opera al tema del risentimento: Il risentimento nella edificazione delle morali (1912). Egli considera il risentimento come il contrassegno non della morale cristiana, bensì delle morali moderne. Nietzsche sostiene che l'amore cristiano è il frutto del risentimento e dà luogo ad una morale negativa, la morale dei sacerdoti. Scheler, invece, si oppone alla tesi di Nietzsche sostenendo che alla base del cristianesimo c'è soltanto l'Amore, l'intima partecipazione dell'uomo al regno di Dio. Questo tipo di amore non ha la sua radice nel risentimento, ma si fonda sulla parte più intima della persona. L'errore di Nietzsche è stato quello di associare il risentimento alla morale cristiana, confondendo l'amore cristiano con la morale borghese. Ciò che germoglia sul risentimento è la filantropia moderna, che sorge dall'odio represso contro Dio, contro la famiglia e contro la patria. La filantropia si manifesta come un'avversione nei confronti della cerchia prossima della comunità in cui l'uomo è nato e dei suoi valori. Per quanto riguarda il pensiero di Girard, il risentimento è l' invidia nei riguardi di un modello insuperabile, perciò alla base del risentimento ritroviamo il mimetismo. Il risentimento è il ritorno inquietante su di noi stessi del nostro desiderio di essere secondo l'altro; difficilmente ce ne liberiamo e il desiderio ci consegna ad un odio senza tregua verso il nostro vicino-rivale. Grazie alla raccolta di saggi curata da Tomelleri, Il risentimento. Lo scacco del desiderio nell'uomo contemporaneo (1996), possiamo individuare tre figure del risentimento: il solipsista, l'anticonformista e il minimalista. Per quanto riguarda il solipsista, il risentimento si configura come il rifiuto da parte dell'individuo che si nasconde di comunicare il proprio desiderio di essere desiderati dall'altro. L'anticonformista, invece, rifiuta all'altro quel ruolo di modello che il suo desiderio segretamente gli assegna e gli dà solo il ruolo di ostacolo. Il minimalista è simboleggiato dalla figura dell'anoressica che come forma di affermazione autodistruttiva di sé sceglie la privazione e la rinuncia: si preferisce annullare se stessi piuttosto che accogliere in noi la presenza dell'altro.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/18360