Il benessere di un paese è sempre strettamente correlato all'andamento dell'economia dello stesso. L'economia determina, nel bene e nel male, il nostro tenore di vita e, a memoria d'uomo, a grandi crescite si sono succedute cadute vertiginose. Negli anni '60 l'Italia cresceva ad un ritmo dell'8% annuo, tanto per intenderci lo stesso tasso di crescita attuale della Cina che viene dipinta come un fenomeno. Negli anni '60 la fiat costruiva anche i treni che rappresentavano un fiore all'occhiello dell'Italia per estetica e meccanica, un esempio su tutti il mitico ¿settebello¿ che venne poi copiato da mezza Europa. Dopo un decennio di crescita si verificò una brusca frenata e si decise di puntare sulle infrastrutture stradali perché nel frattempo i paesi più evoluti avevano creato strade e autostrade e la loro economia stava crescendo di più con il trasporto su gommato, più rapido e capillare. La fiat decise di abbandonare i treni e puntare tutto su auto e camion. Venne completata l'autostrada del sole che univa l'Italia da una punta all'altra. L'auto divenne indispensabile e per molti uno status simbol. Tra alterne vicende, l'azienda torinese si è ritrovata tra la fine del secondo millennio e l'inizio del terzo in crisi dentro una crisi mondiale. La scelta era il fallimento o un estremo tentativo di salvataggio, si materializza la figura di Marchionne come amministratore delegato il quale dopo un inizio soft esplode in tutta la sua intraprendenza. Il periodo di grande recessione richiede misure eccezionali. La globalizzazione è ormai cosa fatta, non esistono più confini nazionali né è possibile, per normativa europea, l'aiuto dello stato ad imprese private. Molte imprese delocalizzano le fabbriche, vanno alla ricerca di paesi dove la manodopera costa di meno, la fiat è già presente in Polonia da tempo, comincia a guardare ai mercati d'oltreoceano, decide di tentare la carta Chrysler. Gli investimenti sono notevoli e l'obbiettivo ambizioso, in Italia paese tendenzialmente conservatore, cominciano le critiche, i sindacati, inizialmente tutti o quasi, non guardano con favore alla scelta dell'amministratore delegato della Fiat; temono, a ragione, un disimpegno della casa automobilistica italiana e un danno per i numerosi operai e per l'indotto. Nello stesso tempo Marchionne non è chiaro sul futuro di fiat, alla fine esce allo scoperto: cosi non si può continuare, è necessario un ripensamento dei ritmi produttivi e dei privilegi dei lavoratori, i sindacati gridano allo scandalo. Marchionne incalza e propone unilateralmente ai lavoratori e ai sindacati di Pomigliano e Mirafiori un contratto ¿capestro¿: prendere o lasciare. Quello che succede dopo è noto a tutti. Si apre in Italia una fase del tutto nuova, comincia l'era degli accordi separati,contrattazione al di fuori del CCNL. Le condizioni proposte non sono particolarmente appetibili da parte degli operai, aumentano i turni, si cerca di introdurre il modello giapponese WCM cioè produzione di livello mondiale o di qualità e una nuova metrica del lavoro data dalla combinazione del sistema Ergo-UAS; il tutto in nome di una produttività competitiva a livello mondiale. Sindacati divisi come anche in altre situazioni, le condizioni di lavoro non esattamente italian style e critiche durissime. Il sistema che migliora gli aspetti ergonomici della prestazione di lavoro sulla carta è apprezzabile ma nell'idea Fiat serve solo a comprimere i tempi di esecuzione rendendo gli operai più simili a robot.
Gli accordi "separati" di Pomigliano e Mirafiori
UCCHINO, DAVIDE
2010/2011
Abstract
Il benessere di un paese è sempre strettamente correlato all'andamento dell'economia dello stesso. L'economia determina, nel bene e nel male, il nostro tenore di vita e, a memoria d'uomo, a grandi crescite si sono succedute cadute vertiginose. Negli anni '60 l'Italia cresceva ad un ritmo dell'8% annuo, tanto per intenderci lo stesso tasso di crescita attuale della Cina che viene dipinta come un fenomeno. Negli anni '60 la fiat costruiva anche i treni che rappresentavano un fiore all'occhiello dell'Italia per estetica e meccanica, un esempio su tutti il mitico ¿settebello¿ che venne poi copiato da mezza Europa. Dopo un decennio di crescita si verificò una brusca frenata e si decise di puntare sulle infrastrutture stradali perché nel frattempo i paesi più evoluti avevano creato strade e autostrade e la loro economia stava crescendo di più con il trasporto su gommato, più rapido e capillare. La fiat decise di abbandonare i treni e puntare tutto su auto e camion. Venne completata l'autostrada del sole che univa l'Italia da una punta all'altra. L'auto divenne indispensabile e per molti uno status simbol. Tra alterne vicende, l'azienda torinese si è ritrovata tra la fine del secondo millennio e l'inizio del terzo in crisi dentro una crisi mondiale. La scelta era il fallimento o un estremo tentativo di salvataggio, si materializza la figura di Marchionne come amministratore delegato il quale dopo un inizio soft esplode in tutta la sua intraprendenza. Il periodo di grande recessione richiede misure eccezionali. La globalizzazione è ormai cosa fatta, non esistono più confini nazionali né è possibile, per normativa europea, l'aiuto dello stato ad imprese private. Molte imprese delocalizzano le fabbriche, vanno alla ricerca di paesi dove la manodopera costa di meno, la fiat è già presente in Polonia da tempo, comincia a guardare ai mercati d'oltreoceano, decide di tentare la carta Chrysler. Gli investimenti sono notevoli e l'obbiettivo ambizioso, in Italia paese tendenzialmente conservatore, cominciano le critiche, i sindacati, inizialmente tutti o quasi, non guardano con favore alla scelta dell'amministratore delegato della Fiat; temono, a ragione, un disimpegno della casa automobilistica italiana e un danno per i numerosi operai e per l'indotto. Nello stesso tempo Marchionne non è chiaro sul futuro di fiat, alla fine esce allo scoperto: cosi non si può continuare, è necessario un ripensamento dei ritmi produttivi e dei privilegi dei lavoratori, i sindacati gridano allo scandalo. Marchionne incalza e propone unilateralmente ai lavoratori e ai sindacati di Pomigliano e Mirafiori un contratto ¿capestro¿: prendere o lasciare. Quello che succede dopo è noto a tutti. Si apre in Italia una fase del tutto nuova, comincia l'era degli accordi separati,contrattazione al di fuori del CCNL. Le condizioni proposte non sono particolarmente appetibili da parte degli operai, aumentano i turni, si cerca di introdurre il modello giapponese WCM cioè produzione di livello mondiale o di qualità e una nuova metrica del lavoro data dalla combinazione del sistema Ergo-UAS; il tutto in nome di una produttività competitiva a livello mondiale. Sindacati divisi come anche in altre situazioni, le condizioni di lavoro non esattamente italian style e critiche durissime. Il sistema che migliora gli aspetti ergonomici della prestazione di lavoro sulla carta è apprezzabile ma nell'idea Fiat serve solo a comprimere i tempi di esecuzione rendendo gli operai più simili a robot.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/18335