Nel variegato panorama della letteratura greca di età imperiale, la figura di Dione di Prusa spicca per complessità e fascino. Fascino che, indiscutibilmente, esercitò già presso gli antichi, a giudicare dal grande numero di scritti tramandati dalla tradizione sotto il suo nome. Molte di queste opere, divenute, a partire dalla fine dell'Ottocento, oggetto di studi approfonditi, non sono ancora state tradotte in lingua italiana: qui ho voluto proporre una possibile traduzione dell'orazione 17, Sulla Cupidigia. Benché Dione affronti con stile limpido e facilmente accessibile il tema del discorso, è l'argomento stesso a risultare assai delicato: non esiste, infatti, in italiano un termine esatto che renda adeguatamente quello greco. Il sostantivo rimanda al concetto di "avere di più", riferito soprattutto a beni e vantaggi materiali come ricchezze e potere: si potrebbe allora tradurlo con "cupidigia" o "avidità". Esso, però, allude anche ai comportamenti che derivano da tale desiderio, come "prepotenza", volontà di "sopraffazione", "spregiudicatezza" morale. Un desiderio, quello di "avere di più", estremamente pericoloso, foriero di dolore e distruzione ma, allo stesso tempo, così profondamente radicato nell'animo umano che estirparlo sembra quasi impossibile. Dione, raffinato oratore ma soprattutto appassionato uomo politico, mette in luce i rischi che questo vizio può comportare per la società: facendo propri valori e principi cardini della dottrina cinico-stoica, che in età imperiale conobbe una rinnovata fioritura, matura la convinzione che sia preciso compito del saggio ammonire gli uomini, con costanza e vigore, affinché non si abbandonino a comportamenti che mettano in pericolo la pace e la prosperità delle proprie città, contravvenendo ai principi di Giustizia e Uguaglianza che regolano il cosmo e su cui deve basarsi anche l'ordinamento statale. Dal momento che tutta la produzione di Dione si presenta inscindibilmente legata alle vicissitudini che si trovò a dover affrontare nella propria vita, nell'"Introduzione" ho ritenuto utile ripercorrerne le tappe essenziali e delineare i tratti salienti dell'epoca in cui visse. La traduzione è preceduta da una breve "Introduzione all'orazione" in cui, decifrando gli indizi forniti dal testo, ho proposto una contestualizzazione dell'opera e una chiave interpretativa. Il "Commento" segue, paragrafo per paragrafo, l'andamento dell'orazione, offrendo chiarimenti, approfondimenti e notazioni di carattere storico e mitologico, relativi a tutti quei passaggi su cui, a mio giudizio, sarebbe bene che il lettore soffermasse la propria attenzione per cogliere, in ogni suo aspetto, lo spirito e il messaggio profondo del discorso.
DIONE DI PRUSA. DICIASSETTESIMA ORAZIONE: SULLA CUPIDIGIA. UNA PROPOSTA DI TRADUZIONE
BAUSSANO, GIORDANA
2010/2011
Abstract
Nel variegato panorama della letteratura greca di età imperiale, la figura di Dione di Prusa spicca per complessità e fascino. Fascino che, indiscutibilmente, esercitò già presso gli antichi, a giudicare dal grande numero di scritti tramandati dalla tradizione sotto il suo nome. Molte di queste opere, divenute, a partire dalla fine dell'Ottocento, oggetto di studi approfonditi, non sono ancora state tradotte in lingua italiana: qui ho voluto proporre una possibile traduzione dell'orazione 17, Sulla Cupidigia. Benché Dione affronti con stile limpido e facilmente accessibile il tema del discorso, è l'argomento stesso a risultare assai delicato: non esiste, infatti, in italiano un termine esatto che renda adeguatamente quello greco. Il sostantivo rimanda al concetto di "avere di più", riferito soprattutto a beni e vantaggi materiali come ricchezze e potere: si potrebbe allora tradurlo con "cupidigia" o "avidità". Esso, però, allude anche ai comportamenti che derivano da tale desiderio, come "prepotenza", volontà di "sopraffazione", "spregiudicatezza" morale. Un desiderio, quello di "avere di più", estremamente pericoloso, foriero di dolore e distruzione ma, allo stesso tempo, così profondamente radicato nell'animo umano che estirparlo sembra quasi impossibile. Dione, raffinato oratore ma soprattutto appassionato uomo politico, mette in luce i rischi che questo vizio può comportare per la società: facendo propri valori e principi cardini della dottrina cinico-stoica, che in età imperiale conobbe una rinnovata fioritura, matura la convinzione che sia preciso compito del saggio ammonire gli uomini, con costanza e vigore, affinché non si abbandonino a comportamenti che mettano in pericolo la pace e la prosperità delle proprie città, contravvenendo ai principi di Giustizia e Uguaglianza che regolano il cosmo e su cui deve basarsi anche l'ordinamento statale. Dal momento che tutta la produzione di Dione si presenta inscindibilmente legata alle vicissitudini che si trovò a dover affrontare nella propria vita, nell'"Introduzione" ho ritenuto utile ripercorrerne le tappe essenziali e delineare i tratti salienti dell'epoca in cui visse. La traduzione è preceduta da una breve "Introduzione all'orazione" in cui, decifrando gli indizi forniti dal testo, ho proposto una contestualizzazione dell'opera e una chiave interpretativa. Il "Commento" segue, paragrafo per paragrafo, l'andamento dell'orazione, offrendo chiarimenti, approfondimenti e notazioni di carattere storico e mitologico, relativi a tutti quei passaggi su cui, a mio giudizio, sarebbe bene che il lettore soffermasse la propria attenzione per cogliere, in ogni suo aspetto, lo spirito e il messaggio profondo del discorso.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/18333