L'eutanasia consiste nell'azione che procura una morte senza dolore a una persona che ne fa richiesta, ripetutamente e senza incertezze, per evitare un'infermità inguaribile e una situazione degradante per la propria dignità. Dan Brock insegna bioetica negli Stati Uniti, all'università di Harvard. Nel libro ¿Life and Death¿, pubblicato nel 1993, l'autore concentra la sua attenzione sugli aspetti più propriamente d'interesse filosofico-morale che riguardano la scelta della terapia nelle situazioni in cui è in gioco la vita stessa dei pazienti. Le decisioni terapeutiche che riguardano la vita dei pazienti devono essere analizzate nell'ambito di una riflessione filosofica più ampia, che includa anche una discussione sul principio della liceità o meno di porre fine alla vita di una persona. L'autore parte dal principio che, in generale, le persone hanno il diritto a non essere uccise, e poi presenta le varie modalità in cui un paziente, in ambito medico, può essere privato della vita pur rimanendo nel pieno rispetto del suddetto diritto. Egli sostiene la liceità di due tipi di eutanasia nella pratica medica. Innanzitutto quando il paziente rinuncia volontariamente al suo diritto a non essere ucciso. Secondo, quando il diritto a non essere ucciso, viene posto in second'ordine rispetto a altre situazioni moralmente rilevanti (ad esempio l'allocazione di risorse limitate, come i posti letto in terapia intensiva). In questo caso uccidere non è moralmente diverso dal lasciar morire¿. Brock propone l'utilizzo di una ¿cornice etica¿ quale strumento per prendere decisioni circa l'opportunità di prolungare o meno le terapie intensive ai pazienti terminali. Punto centrale di questa cornice è il diritto del paziente capace di intendere e di volere (o di un suo delegato in caso d'incapacità) di valutare i vantaggi e gli svantaggi delle diverse opzioni terapeutiche, di poter scegliere fra le terapie disponibili e di rifiutare ulteriori trattamenti, tutto questo avendo come riferimento i valori propri del paziente stesso. L'errore principale di chi si oppone all'eutanasia volontaria, secondo Brock, sta nel sopravvalutare la distinzione tra il fare e il lasciar accadere, ritenendo che la responsabilità morale riguardi solamente l'azione dell'uomo e non riguardi l'azione della natura. Ma se è vero che il principio etico della sacralità della vita umana non può essere considerato superiore al principio etico dell'autodeterminazione, è anche vero il contrario: secondo alcuni oppositori dell'eutanasia, il principio dell'autodeterminazione non può essere considerato più importante di quello della sacralità della vita umana. I due principi, da un punto di vista morale, si equivalgono. Non si tratta di un'accezione di sacralità della vita di tipo religioso, ma di tipo laico, secondo cui la vita è un bene sacro poiché possiede un valore morale intrinseco. Secondo il bioeticista D'Agostino, presso l'università di Tor Vergata di Roma, la vita non avrebbe un valore ma sarebbe in se stessa principio di ogni valore. Secondo questa posizione, ¿il principio d'inviolabilità della vita umana si supporta da sé e non è necessario trovare altrove il suo fondamento¿. Questo tipo di ¿sacralità¿ può essere intuita con la sola ragione anche dalla persona non credente, e si può comprendere che l'uomo non ha un potere assoluto sulla propria vita o su quella altrui.

Alcuni aspetti del problema dell'eutanasia in base al contributo di Dan Brock

DACQUINO, STEFANO
2010/2011

Abstract

L'eutanasia consiste nell'azione che procura una morte senza dolore a una persona che ne fa richiesta, ripetutamente e senza incertezze, per evitare un'infermità inguaribile e una situazione degradante per la propria dignità. Dan Brock insegna bioetica negli Stati Uniti, all'università di Harvard. Nel libro ¿Life and Death¿, pubblicato nel 1993, l'autore concentra la sua attenzione sugli aspetti più propriamente d'interesse filosofico-morale che riguardano la scelta della terapia nelle situazioni in cui è in gioco la vita stessa dei pazienti. Le decisioni terapeutiche che riguardano la vita dei pazienti devono essere analizzate nell'ambito di una riflessione filosofica più ampia, che includa anche una discussione sul principio della liceità o meno di porre fine alla vita di una persona. L'autore parte dal principio che, in generale, le persone hanno il diritto a non essere uccise, e poi presenta le varie modalità in cui un paziente, in ambito medico, può essere privato della vita pur rimanendo nel pieno rispetto del suddetto diritto. Egli sostiene la liceità di due tipi di eutanasia nella pratica medica. Innanzitutto quando il paziente rinuncia volontariamente al suo diritto a non essere ucciso. Secondo, quando il diritto a non essere ucciso, viene posto in second'ordine rispetto a altre situazioni moralmente rilevanti (ad esempio l'allocazione di risorse limitate, come i posti letto in terapia intensiva). In questo caso uccidere non è moralmente diverso dal lasciar morire¿. Brock propone l'utilizzo di una ¿cornice etica¿ quale strumento per prendere decisioni circa l'opportunità di prolungare o meno le terapie intensive ai pazienti terminali. Punto centrale di questa cornice è il diritto del paziente capace di intendere e di volere (o di un suo delegato in caso d'incapacità) di valutare i vantaggi e gli svantaggi delle diverse opzioni terapeutiche, di poter scegliere fra le terapie disponibili e di rifiutare ulteriori trattamenti, tutto questo avendo come riferimento i valori propri del paziente stesso. L'errore principale di chi si oppone all'eutanasia volontaria, secondo Brock, sta nel sopravvalutare la distinzione tra il fare e il lasciar accadere, ritenendo che la responsabilità morale riguardi solamente l'azione dell'uomo e non riguardi l'azione della natura. Ma se è vero che il principio etico della sacralità della vita umana non può essere considerato superiore al principio etico dell'autodeterminazione, è anche vero il contrario: secondo alcuni oppositori dell'eutanasia, il principio dell'autodeterminazione non può essere considerato più importante di quello della sacralità della vita umana. I due principi, da un punto di vista morale, si equivalgono. Non si tratta di un'accezione di sacralità della vita di tipo religioso, ma di tipo laico, secondo cui la vita è un bene sacro poiché possiede un valore morale intrinseco. Secondo il bioeticista D'Agostino, presso l'università di Tor Vergata di Roma, la vita non avrebbe un valore ma sarebbe in se stessa principio di ogni valore. Secondo questa posizione, ¿il principio d'inviolabilità della vita umana si supporta da sé e non è necessario trovare altrove il suo fondamento¿. Questo tipo di ¿sacralità¿ può essere intuita con la sola ragione anche dalla persona non credente, e si può comprendere che l'uomo non ha un potere assoluto sulla propria vita o su quella altrui.
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