This thesis explores the theme of madness in twentieth-century literature, with a particular focus on Chinese literature and its use as a tool for criticism and dissent. The analysis is structured into three main chapters, which respectively examine the evolution of the representation of madness in literature, the historical and political context of twentieth-century China, and the analysis of the novel “The Crazed” by Ha Jin. The first chapter traces the various representations of madness in Western and Chinese literature. From antiquity to the Renaissance, madness was often associated with the sacred, transgression, and marginality. With the rise of the scientific approach, madness was progressively medicalized, later becoming, in the twentieth century, a key element for social critique and the exploration of human identity. Twentieth-century Western literature saw authors such as Virginia Woolf, James Joyce, and Luigi Pirandello use madness to question reality and the fragmentation of identity. Meanwhile, in China, Lu Xun inaugurated modern literature with “Diary of a Madman”, a work that employs madness as a metaphor for social degeneration and conformity. The second chapter focuses on the historical and political context of twentieth-century China and the role of censorship in repressing literary dissent. Modern Chinese literature has been deeply influenced by political events, from the fall of the Qing Empire to the Cultural Revolution and the economic reforms of the 1980s. During Mao Zedong’s regime, literature was subordinated to the propaganda objectives of the Communist Party, with censorship limiting the possibilities for individual expression. However, from the 1970s onwards, a new generation of authors emerged who challenged these restrictions through works that explored subjectivity, memory, and social critique. The third chapter analyzes the novel “The Crazed” by Ha Jin, a Chinese writer who emigrated to the United States. The work addresses madness as a consequence of political and social oppression, highlighting the dynamics of censorship and repression in contemporary China. Through an analysis of the author’s stylistic characteristics, the novel’s plot, its characters, and key themes, the thesis demonstrates how madness is used as a symbol of resistance and a quest for truth in a context dominated by ideological control. Overall, the thesis highlights how madness has been a crucial literary device for expressing dissent and denouncing injustices. While in Western literature it is often a means of exploring identity crises, in twentieth-century Chinese literature it becomes a vehicle for condemning authoritarianism and censorship. This comparison between East and West provides a deeper understanding of the different ways in which literature has given voice to the marginalized, making madness a universal symbol of critique and rebellion.
Questa tesi esplora il tema della pazzia nella letteratura del Novecento, con un focus particolare sulla letteratura cinese e sul suo utilizzo come strumento di critica e dissenso. L’analisi si sviluppa attraverso tre capitoli principali, che trattano rispettivamente l’evoluzione della rappresentazione della pazzia in letteratura, il contesto storico e politico cinese del XX secolo e l’analisi del romanzo “Pazzia” di Ha Jin. Il primo capitolo ripercorre le diverse rappresentazioni della follia nella letteratura occidentale e cinese. Dall’antichità fino al Rinascimento, la pazzia era spesso legata al sacro, alla trasgressione e alla marginalità. Con l’avvento dell’approccio scientifico, la follia è stata progressivamente medicalizzata, trasformandosi poi nel corso del Novecento in un elemento chiave per la critica sociale e nell’esplorazione dell’identità umana. La letteratura occidentale del Novecento ha visto autori come Virginia Woolf, James Joyce e Luigi Pirandello utilizzare la pazzia per mettere in discussione la realtà e la frammentazione dell’identità. Parallelamente, in Cina, Lu Xun ha inaugurato la letteratura moderna con “Diario di un pazzo”, opera che impiega la follia come metafora della degenerazione sociale e del conformismo. Il secondo capitolo si concentra sul contesto storico-politico della Cina del Novecento e sul ruolo della censura nella repressione del dissenso letterario. La letteratura cinese moderna è stata profondamente influenzata dagli eventi politici, dalla caduta dell’impero Qing alla Rivoluzione Culturale, fino alle riforme economiche degli anni Ottanta. Durante il regime di Mao Zedong, la letteratura è stata subordinata agli obiettivi propagandistici del Partito Comunista, con la censura che ha limitato le possibilità di espressione individuale. Tuttavia, a partire dagli anni Settanta, è emersa una nuova generazione di autori che hanno sfidato le restrizioni attraverso opere che esploravano la soggettività, la memoria e la critica sociale. Il terzo capitolo analizza il romanzo “Pazzia” di Ha Jin, scrittore cinese emigrato negli Stati Uniti. L’opera affronta il tema della pazzia come conseguenza dell’oppressione politica e sociale, mettendo in luce le dinamiche della censura e della repressione nella Cina contemporanea. Attraverso un’analisi dell’autore e delle sue caratteristiche stilistiche, della trama del romanzo “Pazzia”, dei suoi personaggi e dei temi principali, la tesi dimostra come la follia sia utilizzata dall’autore come simbolo di resistenza e di ricerca della verità in un contesto dominato dal controllo ideologico. Nel complesso, la tesi evidenzia come la pazzia sia stata uno strumento letterario di fondamentale importanza per esprimere il dissenso e denunciare le ingiustizie. Se nella letteratura occidentale essa è spesso un mezzo per esplorare la crisi dell’identità, nella letteratura cinese del Novecento diventa un veicolo di denuncia contro l’autoritarismo e la censura. Questo confronto tra Oriente e Occidente permette di comprendere meglio le diverse modalità in cui la letteratura ha dato voce ai marginalizzati, rendendo la follia un simbolo universale di critica e ribellione.
La pazzia come espediente letterario per la critica e il dissenso: il caso studio di Ha Jin
CERISARA, FILIPPO
2023/2024
Abstract
Questa tesi esplora il tema della pazzia nella letteratura del Novecento, con un focus particolare sulla letteratura cinese e sul suo utilizzo come strumento di critica e dissenso. L’analisi si sviluppa attraverso tre capitoli principali, che trattano rispettivamente l’evoluzione della rappresentazione della pazzia in letteratura, il contesto storico e politico cinese del XX secolo e l’analisi del romanzo “Pazzia” di Ha Jin. Il primo capitolo ripercorre le diverse rappresentazioni della follia nella letteratura occidentale e cinese. Dall’antichità fino al Rinascimento, la pazzia era spesso legata al sacro, alla trasgressione e alla marginalità. Con l’avvento dell’approccio scientifico, la follia è stata progressivamente medicalizzata, trasformandosi poi nel corso del Novecento in un elemento chiave per la critica sociale e nell’esplorazione dell’identità umana. La letteratura occidentale del Novecento ha visto autori come Virginia Woolf, James Joyce e Luigi Pirandello utilizzare la pazzia per mettere in discussione la realtà e la frammentazione dell’identità. Parallelamente, in Cina, Lu Xun ha inaugurato la letteratura moderna con “Diario di un pazzo”, opera che impiega la follia come metafora della degenerazione sociale e del conformismo. Il secondo capitolo si concentra sul contesto storico-politico della Cina del Novecento e sul ruolo della censura nella repressione del dissenso letterario. La letteratura cinese moderna è stata profondamente influenzata dagli eventi politici, dalla caduta dell’impero Qing alla Rivoluzione Culturale, fino alle riforme economiche degli anni Ottanta. Durante il regime di Mao Zedong, la letteratura è stata subordinata agli obiettivi propagandistici del Partito Comunista, con la censura che ha limitato le possibilità di espressione individuale. Tuttavia, a partire dagli anni Settanta, è emersa una nuova generazione di autori che hanno sfidato le restrizioni attraverso opere che esploravano la soggettività, la memoria e la critica sociale. Il terzo capitolo analizza il romanzo “Pazzia” di Ha Jin, scrittore cinese emigrato negli Stati Uniti. L’opera affronta il tema della pazzia come conseguenza dell’oppressione politica e sociale, mettendo in luce le dinamiche della censura e della repressione nella Cina contemporanea. Attraverso un’analisi dell’autore e delle sue caratteristiche stilistiche, della trama del romanzo “Pazzia”, dei suoi personaggi e dei temi principali, la tesi dimostra come la follia sia utilizzata dall’autore come simbolo di resistenza e di ricerca della verità in un contesto dominato dal controllo ideologico. Nel complesso, la tesi evidenzia come la pazzia sia stata uno strumento letterario di fondamentale importanza per esprimere il dissenso e denunciare le ingiustizie. Se nella letteratura occidentale essa è spesso un mezzo per esplorare la crisi dell’identità, nella letteratura cinese del Novecento diventa un veicolo di denuncia contro l’autoritarismo e la censura. Questo confronto tra Oriente e Occidente permette di comprendere meglio le diverse modalità in cui la letteratura ha dato voce ai marginalizzati, rendendo la follia un simbolo universale di critica e ribellione.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/166743