Il pubblico ministero esercita le funzioni che la legge gli attribuisce sia davanti al giudice dell'esecuzione che davanti alla magistratura di sorveglianza, organi giurisdizionali con autonome competenze nell'ambito della giurisdizione esecutiva. Giova preliminarmente rilevare che tutta l'attività del p.m. non è radicata in atti originariamente emessi dallo stesso, ma costituisce la prosecuzione e l'attuazione del comando giuridico contenuto nelle sentenze e nelle ordinanze del giudice e della magistratura di sorveglianza. Gli atti del p.m. sono pertanto riconducibili all'attività giurisdizionale e da questa promanano, tanto che il p.m. dovrà in ogni caso limitarsi ad eseguirli, limitarsi cioè all'esecuzione degli stessi, ancorché errati, salvo eventualmente poi provvedere, nei casi consentiti, alla eventuale correzione degli errori materiali, che comunque, risultano di valenza marginale rispetto alla portata decisionale del provvedimento. Nessuna obiezione potrà essere mossa al difensore nei confronti del p.m. che sta eseguendo quanto statuito nella sentenza o nell'ordinanza. Tuttavia, tra le attribuzioni del pubblico ministero rientrano anche quelle relative alla determinazione della pena da eseguire computando la custodia cautelare e le pene espiate senza titolo (art. 657 c.p.p.) e quelle relative all'esecuzione delle pene concorrenti (art. 663 c.p.p.) che maggiormente si prestano alla commissione di errori da parte del pubblico ministero. L'emanazione dei provvedimenti di computo del presofferto e di cumulo delle pene concorrenti richiede, infatti, in molti casi, l'effettuazione scelte interpretative assai opinabili, che possono essere fonte di errori rilevabili mediante incidente di esecuzione. Il nostro ordinamento assegna al magistrato del pubblico ministero il ruolo di organo promotore dell'esecuzione penale e di parte necessaria di ogni procedimento esecutivo. Egli agisce come dominus nella fase amministrativa del procedimento. La scelta di carattere istituzionale, che vede il p.m. rivestire tali funzioni, viene condivisa nella misura in cui è impensabile immaginare l'attivazione del giudice ex officio in un rito a parti contrapposte pur ammettendosi che l'attività diretta all'attuazione del comando contenuta nel provvedimento giurisdizionale manifesta una caratterizzazione decisoria, sia perché, il p.m. è il primo interprete del titolo esecutivo sia perché confluiscono su di esso una serie di poteri che rendono palese la natura sostanzialmente decisoria degli atti prodotti. In particolare, in vista dell'attuazione della pretesa punitiva dello Stato, è possibile distinguere le iniziative finalizzate a consentire la concreta esecuzione del comando sanzionatorio, quelle consistenti nell'adozione di provvedimenti con effetti provvisori e, infine, una serie di attività espressione dell'iniziativa requirente e della prevista partecipazione al procedimento. Talvolta il p.m. è chiamato a compiere semplici atti materiali (ad es. la mera trasmissione di atti ad altre autorità). Più di frequente, egli è tenuto a emanare provvedimenti, quali ad es. l'ordine di esecuzione, il decreto di cumulo delle pene concorrenti e computo ex art. 657 c.p.p. Il p.m. è, dunque, l'organo preposto alla cura dell'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali con autonome ed esclusive attribuzioni e che, indubbiamente, riveste in questa fase processuale una posizione di assoluta prevalenza. Si tratta di un dovere-potere di curare l'esecuzione in materia penale che pone a suo carico gli adempimenti funzionali a tale scopo senza alcuno spazio per l'uso di poteri discrezionali.

I compiti del pubblico ministero in fase esecutiva

BRANDI, RITA
2010/2011

Abstract

Il pubblico ministero esercita le funzioni che la legge gli attribuisce sia davanti al giudice dell'esecuzione che davanti alla magistratura di sorveglianza, organi giurisdizionali con autonome competenze nell'ambito della giurisdizione esecutiva. Giova preliminarmente rilevare che tutta l'attività del p.m. non è radicata in atti originariamente emessi dallo stesso, ma costituisce la prosecuzione e l'attuazione del comando giuridico contenuto nelle sentenze e nelle ordinanze del giudice e della magistratura di sorveglianza. Gli atti del p.m. sono pertanto riconducibili all'attività giurisdizionale e da questa promanano, tanto che il p.m. dovrà in ogni caso limitarsi ad eseguirli, limitarsi cioè all'esecuzione degli stessi, ancorché errati, salvo eventualmente poi provvedere, nei casi consentiti, alla eventuale correzione degli errori materiali, che comunque, risultano di valenza marginale rispetto alla portata decisionale del provvedimento. Nessuna obiezione potrà essere mossa al difensore nei confronti del p.m. che sta eseguendo quanto statuito nella sentenza o nell'ordinanza. Tuttavia, tra le attribuzioni del pubblico ministero rientrano anche quelle relative alla determinazione della pena da eseguire computando la custodia cautelare e le pene espiate senza titolo (art. 657 c.p.p.) e quelle relative all'esecuzione delle pene concorrenti (art. 663 c.p.p.) che maggiormente si prestano alla commissione di errori da parte del pubblico ministero. L'emanazione dei provvedimenti di computo del presofferto e di cumulo delle pene concorrenti richiede, infatti, in molti casi, l'effettuazione scelte interpretative assai opinabili, che possono essere fonte di errori rilevabili mediante incidente di esecuzione. Il nostro ordinamento assegna al magistrato del pubblico ministero il ruolo di organo promotore dell'esecuzione penale e di parte necessaria di ogni procedimento esecutivo. Egli agisce come dominus nella fase amministrativa del procedimento. La scelta di carattere istituzionale, che vede il p.m. rivestire tali funzioni, viene condivisa nella misura in cui è impensabile immaginare l'attivazione del giudice ex officio in un rito a parti contrapposte pur ammettendosi che l'attività diretta all'attuazione del comando contenuta nel provvedimento giurisdizionale manifesta una caratterizzazione decisoria, sia perché, il p.m. è il primo interprete del titolo esecutivo sia perché confluiscono su di esso una serie di poteri che rendono palese la natura sostanzialmente decisoria degli atti prodotti. In particolare, in vista dell'attuazione della pretesa punitiva dello Stato, è possibile distinguere le iniziative finalizzate a consentire la concreta esecuzione del comando sanzionatorio, quelle consistenti nell'adozione di provvedimenti con effetti provvisori e, infine, una serie di attività espressione dell'iniziativa requirente e della prevista partecipazione al procedimento. Talvolta il p.m. è chiamato a compiere semplici atti materiali (ad es. la mera trasmissione di atti ad altre autorità). Più di frequente, egli è tenuto a emanare provvedimenti, quali ad es. l'ordine di esecuzione, il decreto di cumulo delle pene concorrenti e computo ex art. 657 c.p.p. Il p.m. è, dunque, l'organo preposto alla cura dell'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali con autonome ed esclusive attribuzioni e che, indubbiamente, riveste in questa fase processuale una posizione di assoluta prevalenza. Si tratta di un dovere-potere di curare l'esecuzione in materia penale che pone a suo carico gli adempimenti funzionali a tale scopo senza alcuno spazio per l'uso di poteri discrezionali.
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