In this final paper, the aim is to draw attention to the importance of the reportage genre from its origins with new journalism and non-fiction novel, then focusing on narrative reportage and war reportage. We will talk about the figure of the reporter from both a professional and humanitarian point of view, and always present within the narratives. A question of particular attention that we will address is time: in relation to consumption time and narrative time, a key element that creates differences between journalistic and narrative reportage. The development of reportage and consequently the training of the reporter as a professional, occurred thanks to the birth of the penny press. Considered the basis of modern journalism, in the 19th century the penny press brought about a revolution, where the concept of journalism and circulation of news changed. The newspaper becomes accessible to all classes at a penny cost, expanding among citizens, increasing the number of readers, forming public opinion, the first foreign correspondents began to be born and at the same time the first schools of journalism, increasing even more the potential of this profession. The reporter, in fact, must follow a communicative style with the use of images, simplifying languages with a synthetic and vigorous style. Journalistic reportage, brings as a characteristic the limits of space and the urgency of the news that involve rapid writing and an economy of exposition, without compromising the stylistic form. In narrative reportage, the exposition is broader, for the reader there is the possibility of ranging between the pages of a book and not between the paragraphs of a newspaper page. The recipient is the public interested in the theme of travel, tourism and testimonial literature, and it is directed and speaks to a mass audience. Finally, we will talk about war reporting, focusing on the First World War, Second World War, Vietnam War and Balkan War, focusing on the stringent limitations of governments, conflicts and the role of the reporter itself, where instinct and courage are qualities that are put to the test. Among the war correspondents that I have decided to bring to attention are W. H. Russell, the founding father of this new profession and was the Irish correspondent of the Times of London, Luigi Barzini considered the greatest Italian war correspondent, whose fame went beyond national borders and other reporters who had a strong impact on foreign conflicts, including Ryzard Kapuściński, Mimmo Candido and Arthur Ponsonby. In that period, the phenomenon of propaganda developed with the aim of convincing civilians to voluntarily enlist in a wearing and suicidal trench warfare, where the means of communication were used by governments with the aim of masking all the negative aspects of the conflict. The era of the reporter is considered the era of facts: the journalist's gaze broadens horizons and wants to tell the sphere of reality, the human aspects and social relationships revealing the polymorphic essence of the news. The reporter immerses himself in the facts to offer an internal point of view, a critical angle of thought by testifying in the first person. In particular, the one who plays the role of the war reporter tries to highlight parts of the world in which values such as fairness and justice are lacking, giving voice to the citizens who are victims of the conflicts that are created. There is a dualism on the one hand he lends his eyes to the reader on the other he offers his voice to those who find themselves in a moment of suffering.
In questo elaborato finale si propone l’obbiettivo di porre all’attenzione l’importanza del genere reportage dalle sue origini con il new journalism e non fiction novel, soffermandoci poi sul reportage narrativo e il reportage di guerra. Si parlerà della figura del reporter sia dal punto di vista professionale, umanitario e sempre presente all’interno delle narrazioni. Una questione di particolare attenzione che affronteremo è il tempo: in relazione al tempo di consumo e al tempo narrativo, un elemento chiave che pone delle differenze tra il reportage giornalistico e narrativo. Lo sviluppo del reportage e conseguentemente la formazione del reporter come professionista, avvenne grazie alla nascita della penny press. Considerata la base del giornalismo moderno, nell’800 la penny press attua una rivoluzione, dove muta il concetto di giornalismo e di circolazione della notizia. Il giornale diventa accessibile a tutte le classi al costo in un penny, espandendosi tra i cittadini, accrescendo il numero di lettori, formando l’opinione pubblica, iniziarono a nascere i primi corrispondenti esteri e contestualmente le prime scuole di giornalismo, accrescendo ancor di più il potenziale di questa professione. Il reporter, infatti, deve seguire uno stile comunicativo con l’utilizzo di immagini, linguaggi semplificativi con uno stile sintetico e vigoroso. Il reportage giornalistico, porta come caratteristica i limiti dello spazio e le urgenze della cronaca che comportano una scrittura rapida e una economia espositiva, senza venir meno alla forma stilistica. Nel reportage narrativo, l’esposizione è più ampia, per il lettore vi è la possibilità di spaziare tra le pagine di un libro e non tra i paragrafi di una pagina di giornale. Il destinatario è il pubblico interessato alla tematica del viaggio, del turismo e della letteratura testimoniale, ed è diretto e parlare ad un pubblico di massa. Infine, parleremo del reportage di guerra soffermandomi sulla Prima guerra mondiale, Seconda guerra mondiale, guerra del Vietnam e guerra dei Balcani, incentrandomi sulle limitazioni stringenti dei governi sono i conflitti e il ruolo stesso del reporter dove istinto e coraggio sono qualità che vengono messe a dura prova. Tra gli inviati di guerra che ho deciso di porre all’attenzione troviamo W. H. Russell, il padre fondatore di questa nuova professione ed era l’inviato irlandese del Times di Londra, Luigi Barzini considerato il più grande inviato di guerra italiano, la cui fama superò i confini nazionali e altri reporter che hanno inciso fortemente nei conflitti esteri, tra cui Ryzard Kapuściński, Mimmo Candido e Arthur Ponsonby. In quel periodo si sviluppo il fenomeno della propaganda con il fine di convincere i civili ad arruolarsi volontariamente in una guerra di trincea logorante e suicida, dove i mezzi di comunicazione vennero utilizzati dai governi con lo scopo di mascherare tutti gli aspetti negativi del conflitto. L’era del reporter viene considerata l’era dei fatti: lo sguardo del giornalista amplia gli orizzonti e vuole raccontare la sfera della realtà, gli aspetti umani e i rapporti sociali svelando l’essenza polimorfa della notizia. Il reporter si immerge nei fatti per offrire un punto di vista interno, un’angolatura critica di pensiero testimoniando in prima persona. In particolare, colui che ricopre il ruolo del reporter di guerra tenta di mettere in evidenza parti del mondo in cui valori come equità e giustizia vengono a meno, dando voce ai cittadini vittime dei conflitti che si vengono a creare. Vi è un dualismo da una parte presta i propri occhi al lettore dall’altro offre la propria voce a coloro che si trovano in un momento di sofferenza.
“Il Reportage come genere tra la letteratura e il giornalismo”
MILAN, MARTINA
2023/2024
Abstract
In questo elaborato finale si propone l’obbiettivo di porre all’attenzione l’importanza del genere reportage dalle sue origini con il new journalism e non fiction novel, soffermandoci poi sul reportage narrativo e il reportage di guerra. Si parlerà della figura del reporter sia dal punto di vista professionale, umanitario e sempre presente all’interno delle narrazioni. Una questione di particolare attenzione che affronteremo è il tempo: in relazione al tempo di consumo e al tempo narrativo, un elemento chiave che pone delle differenze tra il reportage giornalistico e narrativo. Lo sviluppo del reportage e conseguentemente la formazione del reporter come professionista, avvenne grazie alla nascita della penny press. Considerata la base del giornalismo moderno, nell’800 la penny press attua una rivoluzione, dove muta il concetto di giornalismo e di circolazione della notizia. Il giornale diventa accessibile a tutte le classi al costo in un penny, espandendosi tra i cittadini, accrescendo il numero di lettori, formando l’opinione pubblica, iniziarono a nascere i primi corrispondenti esteri e contestualmente le prime scuole di giornalismo, accrescendo ancor di più il potenziale di questa professione. Il reporter, infatti, deve seguire uno stile comunicativo con l’utilizzo di immagini, linguaggi semplificativi con uno stile sintetico e vigoroso. Il reportage giornalistico, porta come caratteristica i limiti dello spazio e le urgenze della cronaca che comportano una scrittura rapida e una economia espositiva, senza venir meno alla forma stilistica. Nel reportage narrativo, l’esposizione è più ampia, per il lettore vi è la possibilità di spaziare tra le pagine di un libro e non tra i paragrafi di una pagina di giornale. Il destinatario è il pubblico interessato alla tematica del viaggio, del turismo e della letteratura testimoniale, ed è diretto e parlare ad un pubblico di massa. Infine, parleremo del reportage di guerra soffermandomi sulla Prima guerra mondiale, Seconda guerra mondiale, guerra del Vietnam e guerra dei Balcani, incentrandomi sulle limitazioni stringenti dei governi sono i conflitti e il ruolo stesso del reporter dove istinto e coraggio sono qualità che vengono messe a dura prova. Tra gli inviati di guerra che ho deciso di porre all’attenzione troviamo W. H. Russell, il padre fondatore di questa nuova professione ed era l’inviato irlandese del Times di Londra, Luigi Barzini considerato il più grande inviato di guerra italiano, la cui fama superò i confini nazionali e altri reporter che hanno inciso fortemente nei conflitti esteri, tra cui Ryzard Kapuściński, Mimmo Candido e Arthur Ponsonby. In quel periodo si sviluppo il fenomeno della propaganda con il fine di convincere i civili ad arruolarsi volontariamente in una guerra di trincea logorante e suicida, dove i mezzi di comunicazione vennero utilizzati dai governi con lo scopo di mascherare tutti gli aspetti negativi del conflitto. L’era del reporter viene considerata l’era dei fatti: lo sguardo del giornalista amplia gli orizzonti e vuole raccontare la sfera della realtà, gli aspetti umani e i rapporti sociali svelando l’essenza polimorfa della notizia. Il reporter si immerge nei fatti per offrire un punto di vista interno, un’angolatura critica di pensiero testimoniando in prima persona. In particolare, colui che ricopre il ruolo del reporter di guerra tenta di mettere in evidenza parti del mondo in cui valori come equità e giustizia vengono a meno, dando voce ai cittadini vittime dei conflitti che si vengono a creare. Vi è un dualismo da una parte presta i propri occhi al lettore dall’altro offre la propria voce a coloro che si trovano in un momento di sofferenza.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/166138