What makes a film so captivating that it keeps us glued to the screen until the very end? According to Edgar Morin, cinema “integrates the film’s flow into the viewer’s psychic flow.” Since its inception, it has fascinated audiences by transforming emotions into immersive images. Neuroscience reveals that watching a film triggers an embodied simulation: our mind, deeply connected to the body and the environment, experiences the film as if it were real. The discovery of mirror neurons has shed light on the mechanisms of perception and identification that draw us in. At the heart of this process is cinematic empathy, the emotional connection we feel with characters as we respond to their experiences. The viewer’s mind merges with that of the protagonists, creating a profound sense of engagement. According to Grodal’s biocultural approach, the pleasure of cinema lies in its ability to activate the same perceptual and cognitive processes we rely on in everyday life. In traditional narrative cinema, the mind is merely one piece of the puzzle. In mind-game films, however, it becomes the core of the experience. Here, the viewer is actively engaged in unraveling intricate plots where reality and illusion blur. Shutter Island, for instance, unfolds as a psychological labyrinth. Yet cinema has long been fascinated by enigmas and deception: from the expressionist The Cabinet of Dr. Caligari, which pioneered psychological introspection, to Alfred Hitchcock’s masterpieces Psycho and Vertigo, and more recent films like Mulholland Drive, Lost Highway, and Memento. In these films, both characters and viewers find themselves trapped in intricate mind games, where a single revelation can overturn everything they believed, reminding us that, in cinema, nothing is ever as it seems.

Cosa rende un film così coinvolgente da tenerci incollati allo schermo fino alla fine? Secondo Edgar Morin, il cinema “è un sistema che tende a integrare il flusso del film nel flusso psichico dello spettatore”. Fin dalle sue origini, il cinema ha catturato la mente degli spettatori riuscendo a tradurre le loro emozioni in immagini immersive. Grazie al contributo delle neuroscienze, gli studiosi di cinema hanno scoperto che durante la visione di un film viviamo una simulazione incarnata: la nostra mente, in relazione con il corpo e l’ambiente circostante, si conferma embodied (incarnata). La scoperta dei neuroni specchio ha chiarito i meccanismi di percezione e immedesimazione che ci coinvolgono come spettatori. Tra questi, l’empatia cinematografica svolge un ruolo centrale: una condivisione emotiva che nasce dalla reazione agli stati mentali o alle esperienze dei personaggi. La mente dello spettatore si estende e si fonde con quella dei protagonisti, scatenando un coinvolgimento emozionale profondo. Seguendo l'approccio bioculturale di Grodal, il piacere dell’esperienza filmica deriva dall’evocazione, da parte del film, degli stessi processi percettivi e cognitivi impiegati durante la vita quotidiana. Se nel cinema narrativo, la mente è solo un frammento di puzzle, nei mind-game film diventa il fulcro dell’esperienza: lo spettatore è attivamente coinvolto nella risoluzione degli intrecci. Confondendo realtà e immaginazione, l’universo di Shutter Island si trasforma in un vero e proprio labirinto mentale. Ma il cinema ha esplorato enigmi sin dagli inizi: a partire dall’espressionista Il gabinetto del dottor Caligari, che ha aperto la strada all’introspezione psicologica, al periodo d’oro di Alfred Hitchcock con Psyco e Vertigo, fino al cinema contemporaneo con Mulholland Drive, Lost Highway e Memento. Qui, personaggi e spettatori si ritrovano intrappolati in giochi mentali dove, sfidando la magia del cinema, scoprono che tutto ciò in cui credevano può ribaltarsi in un solo istante e che nulla è come sembra.

Il ruolo della mente nel cinema: il labirinto psicologico di Shutter Island

MELEO, ELISA
2024/2025

Abstract

Cosa rende un film così coinvolgente da tenerci incollati allo schermo fino alla fine? Secondo Edgar Morin, il cinema “è un sistema che tende a integrare il flusso del film nel flusso psichico dello spettatore”. Fin dalle sue origini, il cinema ha catturato la mente degli spettatori riuscendo a tradurre le loro emozioni in immagini immersive. Grazie al contributo delle neuroscienze, gli studiosi di cinema hanno scoperto che durante la visione di un film viviamo una simulazione incarnata: la nostra mente, in relazione con il corpo e l’ambiente circostante, si conferma embodied (incarnata). La scoperta dei neuroni specchio ha chiarito i meccanismi di percezione e immedesimazione che ci coinvolgono come spettatori. Tra questi, l’empatia cinematografica svolge un ruolo centrale: una condivisione emotiva che nasce dalla reazione agli stati mentali o alle esperienze dei personaggi. La mente dello spettatore si estende e si fonde con quella dei protagonisti, scatenando un coinvolgimento emozionale profondo. Seguendo l'approccio bioculturale di Grodal, il piacere dell’esperienza filmica deriva dall’evocazione, da parte del film, degli stessi processi percettivi e cognitivi impiegati durante la vita quotidiana. Se nel cinema narrativo, la mente è solo un frammento di puzzle, nei mind-game film diventa il fulcro dell’esperienza: lo spettatore è attivamente coinvolto nella risoluzione degli intrecci. Confondendo realtà e immaginazione, l’universo di Shutter Island si trasforma in un vero e proprio labirinto mentale. Ma il cinema ha esplorato enigmi sin dagli inizi: a partire dall’espressionista Il gabinetto del dottor Caligari, che ha aperto la strada all’introspezione psicologica, al periodo d’oro di Alfred Hitchcock con Psyco e Vertigo, fino al cinema contemporaneo con Mulholland Drive, Lost Highway e Memento. Qui, personaggi e spettatori si ritrovano intrappolati in giochi mentali dove, sfidando la magia del cinema, scoprono che tutto ciò in cui credevano può ribaltarsi in un solo istante e che nulla è come sembra.
The role of the mind in cinema: the psychological maze of Shutter Island
What makes a film so captivating that it keeps us glued to the screen until the very end? According to Edgar Morin, cinema “integrates the film’s flow into the viewer’s psychic flow.” Since its inception, it has fascinated audiences by transforming emotions into immersive images. Neuroscience reveals that watching a film triggers an embodied simulation: our mind, deeply connected to the body and the environment, experiences the film as if it were real. The discovery of mirror neurons has shed light on the mechanisms of perception and identification that draw us in. At the heart of this process is cinematic empathy, the emotional connection we feel with characters as we respond to their experiences. The viewer’s mind merges with that of the protagonists, creating a profound sense of engagement. According to Grodal’s biocultural approach, the pleasure of cinema lies in its ability to activate the same perceptual and cognitive processes we rely on in everyday life. In traditional narrative cinema, the mind is merely one piece of the puzzle. In mind-game films, however, it becomes the core of the experience. Here, the viewer is actively engaged in unraveling intricate plots where reality and illusion blur. Shutter Island, for instance, unfolds as a psychological labyrinth. Yet cinema has long been fascinated by enigmas and deception: from the expressionist The Cabinet of Dr. Caligari, which pioneered psychological introspection, to Alfred Hitchcock’s masterpieces Psycho and Vertigo, and more recent films like Mulholland Drive, Lost Highway, and Memento. In these films, both characters and viewers find themselves trapped in intricate mind games, where a single revelation can overturn everything they believed, reminding us that, in cinema, nothing is ever as it seems.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/166121