«Sopporteremo non senza dolore». Alcuni aspetti della fine dei culti antichi nelle fonti pagane tardo-antiche

The so-called “end of paganism” is still nowadays a wide-dibated topic in religious studies, but in order to comprehend adequately the great historical consequences of it is first of all necessary to interrogate the ancient sources. This is precisesly the purpose of this thesis, in which has been conducted an analysis of some of the main late-antique pagan sources, researching if in them was present the perception that the ancient classical cults and culture were coming to an end. Determining if and how this perception was present is a task complicated by the fact that the “voice” of the last cultores deorum has been frequently covered by the voice of those who spoke of them from an esternal point of view – first of all, the christian authors. Moreover it has to be considered the huge amount of authors in modern and contemporary historiography too, who have produced numerous interpretations of this phenomenon, and generated various historiographical paradigms, such as those of the “decline and fall” of paganism, or the “triumph of christianity”. In order to extricate oneself from the tangle of this mass of concepts expressed in the fifteen centuries that have passed from the IV and V century A.D. it is necessary to consult directly the sources, the only ones capable to clarify which meanings could have been attributed in that time to the events that led to the affirmation of the christian religion and the exclusion of the polytheist cults from the public scene between Late Antiquity and Early Middle Ages. The sources selected for this research are the Oratio V of Themistius; the Relatio III of Symmachus; the Oratio Pro Templis (Oratio XXX) of Lybanius; The Lives of Philosophers and Sophists of Eunapius of Sardis; The New History of Zosimus. The relatively small chronological arch described by this sources – which goes precisely from 361 and 410 A.D. – and the clear affiliation of the authors to the traditional cults and culture – meaning the worship of the gods and the classical paideia –, are the main criteria of selection. For each one of this sources has been conducted an analysis of some of the numerous aspects inherent to the transformations in the religious field during the IVth and Vth centuries. In the first chapter, after a brief history of the studies useful to specify how in the historiography have been often associated the concepts of the end of the Roman Empire, and the end of “Paganism”, it has been clarified the origin of the latter, together with the explanation of the term ‘paganus’. The analysis has then shifted to the contemporary historiography and on his polarization in two different positions: one based on the idea of a strong rupture between Antiquity and Middle Ages, and so concentrated on the “Decline and Fall” paradigm, the based instead on transformation rather than catastrophe. In the second chapter, then, considering the authors Themistius, Symmachus and Libanius, it has been possible to make some considerations over the relationship between pagan aristocracies and christian emperors, and over the influence of imperial legislation on traditional cultic practice and on the consequent reactions by the pagan intellectuals. In the end, in the third chapter, has been conducted an analysis over Eunpius and Zosimus, greek authors with a clear ideological disposition, that sustained the defence of the ancient cults and the classical paideia using literature and its means in new fashions, meaning shaping literary genres such as biography and historiography to communicate their dissent over religious transformation occurring at their time. The results of this research are not pretended to be univocal, but rather its main purpose was to demonstrate the complications summoned by a homologation of the diverse voices of the late-antique pagan authors.

La cosiddetta fine del “paganesimo” è tutt’oggi un argomento ampiamente dibattuto negli studi storico-religiosi, ma per comprenderne adeguatamente la portata storica è necessario innanzitutto interrogare le fonti. È questo il proposito della presente tesi di laurea magistrale, nella quale è stata condotta un’analisi di alcune delle principali fonti pagane tardoantiche, ricercando se in esse fosse presente la percezione che i culti e la cultura classiche antiche stessero giungendo alla loro fine. Se e come constatare questa consapevolezza è un compito complicato dal fatto che la “voce” degli ultimi cultori degli dèi è stata spesso coperta da quella di coloro che – a partire dagli autori cristiani tardoantichi – ne hanno parlato da una prospettiva esterna o “etica”. A ciò si è aggiunta poi la storiografia moderna e contemporanea, foriera di paradigmi come quello della “scomparsa” o della “morte” del “paganesimo”, schiacciato dal “trionfo” della religione cristiana. Per districarsi nella congerie di concetti espressi nel corso del millennio e mezzo che è intercorso fra il IV secolo ed oggi, è necessario dunque rivolgersi direttamente alle fonti, le uniche in grado di chiarire quali significati potessero all’epoca venire attribuiti agli eventi che portarono all’affermazione della religione cristiana ed all’esclusione dei culti politeisti dalla scena pubblica a cavaliere fra antichità e medioevo. Le fonti selezionate per la presente ricerca sono state l’Orazione V di Temistio; la Relazione III di Simmaco; l’Orazione XXX di Libanio; le Vite di filosofi e sofisti di Eunapio; la Storia nuova di Zosimo. L’arco cronologico circoscritto – rappresentato in queste fonti dal periodo fra 361 e 410 – e la chiara appartenenza degli autori all’ethos culturale tradizionale – inteso nel caso presente come i culti e la cultura politeista antichi – sono stati i principali criteri di selezione. Per ciascuna di queste fonti, si è condotta un’analisi di alcuni tra i numerosi aspetti inerenti alle trasformazioni in ambito religioso avvenute nel corso del IV e del V secolo. Nel primo capitolo, dopo una breve storia degli studi che è funta da dispositivo utile a specificare come nella storiografia siano spesso stati associati i concetti della fine dell’Impero e della fine del “paganesimo”, si è poi passato a chiarire l’origine stessa di quest’ultimo concetto, insieme alla filogenesi del termine paganus. L’analisi si è poi spostata sulla storiografia contemporanea e sulla sua polarizzazione in due correnti in opposizione, l’una basata sull’idea di una forte rottura fra antichità e medioevo, e dunque sull’idea di un crollo dell’Impero, l’altra fondata invece sul continuismo e sulla trasformazione. Nel secondo capitolo, prendendo in esame gli autori Temistio, Simmaco e Libanio, è stato poi possibile fare delle considerazioni sul rapporto fra aristocrazie pagane e imperatori cristiani, così come sull’influenza della legislazione sulla pratica cultuale tradizionale e sulle conseguenti reazioni da parte degli intellettuali pagani. Nel terzo capitolo, infine, è stato possibile analizzare come Eunapio e Zosimo, autori ellenofoni dal chiaro posizionamento ideologico, abbiano sostenuto la difesa della paideia e dei culti antichi attraverso un’abile operazione letteraria, usando cioè dei generi inediti almeno nell’ambito della letteratura classica per propugnare l’apologia dei culti e della cultura tradizionale. Non si è preteso che risultati attesi dalla presente ricerca potessero essere univoci, mentre il suo scopo principale è stato quello di dimostrare le complicazioni suscitabili dall’omologazione delle diverse voci degli ultimi autori pagani tardoantichi.