Penitentiary reform between the 18th and 19th centuries marked a crucial moment in the history of criminal justice. Through a process of conceptual reworking of punishment and the prison system, there was a shift from arbitrary and violent justice to a model based on rehabilitation and deterrence. The spread of Enlightenment ideas played a significant role and figures such as Cesare Beccaria helped to denounce both the cruelty and the futility of corporal punishments, all in the pursuit of a fairer and safer society. The Milanese thinker thus advocated for the need to rebuild justice on the principles of proportionality in punishment and certainty of law, in order to provide individuals with the formal conditions necessary to achieve the highest possible happiness. These issues were addressed throughout Europe by various intellectuals, among whom the utilitarian philosopher Jeremy Bentham stood out. He devised a plan to improve the functioning of the criminal justice system based on an architectural and disciplinary model known as the “panopticon.” Originally conceived to optimize the surveillance of inmates, Bentham suggested that this model could be applied to all societal institutions, seeking to strike a balance between maximum collective well-being and minimal personal suffering. Although the “panopticon” was never implemented on a large scale, the ideas of this English thinker later influenced the design of detention facilities, such as those following the Auburn or Philadelphia models. Alexis de Tocqueville, then a young magistrate serving the Orleanist monarchy, was tasked with studying firsthand the functioning of American prisons during the 1830s. During his journey, he encountered a penitentiary system different from the French model, as well as a social structure far removed from contemporary European reality. His account highlighted the profound connection between crime and certain social dynamics and stressed the need for comprehensive legislative intervention based on both repressive and preventive measures to achieve significant improvements. In fact, Tocqueville’s analysis revealed various ambiguities regarding the role of prisons, which often proved to be instruments of repression and the nullification of the individual rather than places of rehabilitation. The themes debated during the formulation of reforms between the 18th and 19th centuries, despite the passage of time, continue to remain central in legal and penal discourse.
Il riformismo penitenziario fra XVIII e XIX secolo rappresentò un momento cruciale nella storia della giustizia penale: infatti, tramite un processo di rielaborazione concettuale della pena e del sistema carcerario, si verificò il passaggio da una giustizia arbitraria e violenta a un modello basato sulla rieducazione e la deterrenza. La diffusione delle idee illuministe ebbe un ruolo rilevante e figure come Cesare Beccaria contribuirono a denunciare la crudeltà delle pene corporali, oltre alla loro inutilità, nell'ottica di dare vita a una società più giusta e sicura. Il pensatore milanese sostenne dunque la necessità di una rifondazione della giustizia, ispirata dai principi di proporzionalità della pena e certezza del diritto, per garantire agli individui le condizioni formali per il raggiungimento della massima felicità possibile. Queste tematiche vennero affrontate in tutta Europa da diversi intellettuali, fra i quali si distinse il filosofo utilitarista Jeremy Bentham: quest'ultimo elaborò un progetto per migliorare il funzionamento dell'ordinamento penale, basato su un modello architettonico e disciplinare chiamato "panopticon". Nato con l'obiettivo di ottimizzare la sorveglianza dei detenuti, Bentham suggerì la possibilità di applicarlo a tutte le istituzioni della società, cercando di trovare un equilibrio fra il massimo del benessere collettivo e il minimo delle sofferenze personali. Sebbene il "panopticon" non venne mai realizzato su larga scala, le idee del pensatore inglese influenzarono la successiva progettazione delle strutture detentive, come ad esempio quelle del modello auburniano o filadelfiano. Alexis de Tocqueville, ai tempi un giovane magistrato al servizio della monarchia orleanista, ricevette l'incarico di studiare direttamente proprio il funzionamento delle prigioni statunitensi durante gli anni Trenta del XIX secolo. Nel corso del suo viaggio ebbe l'occasione di confrontarsi con un sistema penitenziario differente da quello francese, ma anche con un modello di società lontano dalla coeva realtà europea; il resoconto di questa esperienza evidenziò il profondo legame tra criminalità e determinate dinamiche sociali, oltre a sostenere la necessità di un intervento legislativo capillare, basato su misure repressive e preventive, per ottenere miglioramenti significativi. Infatti l'analisi di Tocqueville mostrò diverse ambiguità sul ruolo delle carceri, poiché molto spesso si dimostrarono strumenti di repressione e annullamento dell'individuo, più che luoghi di rieducazione. I temi dibattuti durante l'elaborazione delle riforme fra XVIII e XIX, nonostante la distanza temporale, continuano a essere centrali nella riflessioni giuridico-penali
Il riformismo penitenziario tra XVIII e XIX secolo, attraverso il pensiero di Beccaria, Bentham e Tocqueville .
GIRAUDI, LUCA
2023/2024
Abstract
Il riformismo penitenziario fra XVIII e XIX secolo rappresentò un momento cruciale nella storia della giustizia penale: infatti, tramite un processo di rielaborazione concettuale della pena e del sistema carcerario, si verificò il passaggio da una giustizia arbitraria e violenta a un modello basato sulla rieducazione e la deterrenza. La diffusione delle idee illuministe ebbe un ruolo rilevante e figure come Cesare Beccaria contribuirono a denunciare la crudeltà delle pene corporali, oltre alla loro inutilità, nell'ottica di dare vita a una società più giusta e sicura. Il pensatore milanese sostenne dunque la necessità di una rifondazione della giustizia, ispirata dai principi di proporzionalità della pena e certezza del diritto, per garantire agli individui le condizioni formali per il raggiungimento della massima felicità possibile. Queste tematiche vennero affrontate in tutta Europa da diversi intellettuali, fra i quali si distinse il filosofo utilitarista Jeremy Bentham: quest'ultimo elaborò un progetto per migliorare il funzionamento dell'ordinamento penale, basato su un modello architettonico e disciplinare chiamato "panopticon". Nato con l'obiettivo di ottimizzare la sorveglianza dei detenuti, Bentham suggerì la possibilità di applicarlo a tutte le istituzioni della società, cercando di trovare un equilibrio fra il massimo del benessere collettivo e il minimo delle sofferenze personali. Sebbene il "panopticon" non venne mai realizzato su larga scala, le idee del pensatore inglese influenzarono la successiva progettazione delle strutture detentive, come ad esempio quelle del modello auburniano o filadelfiano. Alexis de Tocqueville, ai tempi un giovane magistrato al servizio della monarchia orleanista, ricevette l'incarico di studiare direttamente proprio il funzionamento delle prigioni statunitensi durante gli anni Trenta del XIX secolo. Nel corso del suo viaggio ebbe l'occasione di confrontarsi con un sistema penitenziario differente da quello francese, ma anche con un modello di società lontano dalla coeva realtà europea; il resoconto di questa esperienza evidenziò il profondo legame tra criminalità e determinate dinamiche sociali, oltre a sostenere la necessità di un intervento legislativo capillare, basato su misure repressive e preventive, per ottenere miglioramenti significativi. Infatti l'analisi di Tocqueville mostrò diverse ambiguità sul ruolo delle carceri, poiché molto spesso si dimostrarono strumenti di repressione e annullamento dell'individuo, più che luoghi di rieducazione. I temi dibattuti durante l'elaborazione delle riforme fra XVIII e XIX, nonostante la distanza temporale, continuano a essere centrali nella riflessioni giuridico-penaliFile | Dimensione | Formato | |
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