This paper focuses on the criminal offense of subversive association within the context of the ambiguities created by political association offenses in the Italian penal system. These ambiguities arise from the irrationality of the system: indeed, the landscape of political associative crimes includes a considerable number of offenses, found both in the Penal Code and in special laws, whose structural diversification often proves problematic. The crime of subversive association, located in Title II, Chapter I, Book I of the Penal Code, which addresses crimes against the international personality of the state, was introduced by the 1930 legislator. Despite the use of the neutral term “associations” and the fact that the offense was framed as a common crime, the target of the legislation was clear: the Fascist legislator intended to strike at associations with Communist, Socialist, and Anarchist roots. Article 270 of the Penal Code criminalized an association solely for advocating an ideology that theorized the use of violence as a means of overthrowing the state, regardless of whether the ideology was embodied in a program of criminal actions. The authoritarian and repressive nature of such a sanctioning system led to the expectation that it would end with the fall of Fascism. However, legal scholars and the judiciary believed that Article 270 protected the state from associations seeking to subvert the democratic order through a program of violence, and therefore, the provision continued to be an integral part of the legal system. This interpretation of the law made it compatible with the constitutional system and in line with the principles of the democratic order. This hermeneutic solution held until the late 1970s, when the brutal episodes of domestic terrorism prompted the legislator to approve a series of special laws to provide more appropriate tools for safeguarding security and public order. This led to the introduction of Article 270-bis of the Penal Code through Decree-Law No. 625 of December 15, 1979, converted with amendments into Law No. 15 of February 6, 1980, which created numerous ambiguities. Indeed, efforts to distinguish the two offenses have proven ineffective. Over time, three criteria were used to differentiate the two crimes, all of which were ultimately unsuccessful: the teleological criterion, the criterion of the diversity of the program, and the criterion of the nature of the violence. Therefore, case law supported the tacit abrogation of Article 270, a phenomenon reflected in the rare application of the provision in question. With the reform intervention by Law No. 85 of February 24, 2006, there was hope for the abrogation of Article 270; however, the provision was modified, leading to further ambiguities. In fact, the objectives sanctioned by Article 270—violent subversion of the state’s economic or social order and the violent suppression of its political and legal order—fall fully within the scope of those described in Article 270-sexies, specifically the goal of “destabilizing or destroying the fundamental political, constitutional, economic, and social structures of a country or an international organization.” As a result, subversive aims now represent a subtype of terrorist aims. In this context, Article 270 remains in force despite its minimal application.

Il presente lavoro è incentrato sulla fattispecie di associazione sovversiva collocata nel contesto delle ambiguità determinate dalle fattispecie associative politiche all’interno dell’ordinamento penale italiano. Tali ambiguità nascono a causa dell’irrazionalità del sistema: infatti, il panorama dei reati associativi politici mostra un considerevole numero di fattispecie, contemplate sia nel codice penale, sia in leggi speciali, la cui diversificazione sul piano strutturale spesso risulta problematica. Il delitto di associazione sovversiva, collocato nel Capo I, Libro I, Titolo II del codice, dedicato ai delitti contro la personalità internazionale dello Stato, venne coniato dal legislatore del 1930. Nonostante l’utilizzo dell’espressione neutra associazioni e nonostante la fattispecie fosse stata costruita come un reato comune, l’oggetto dell’incriminazione era evidente: il legislatore fascista intendeva colpire le associazioni di matrice comunista, socialista e anarchica. L’articolo 270 c.p. incriminava un’associazione per il solo fatto di sostenere un’ideologia che teorizzasse l’uso della violenza come mezzo di sovvertimento dello Stato, indipendentemente dal fatto che l’ideologia si concretizzasse in un programma di azioni criminose. Il contenuto autoritario e repressivo di un simile apparato sanzionatorio faceva supporre che le proprie sorti sarebbero terminate con la caduta del fascismo: invece, dottrina e giurisprudenza ritennero che l’articolo 270 c.p. tutelasse lo Stato dalle associazioni che intendessero sovvertire l’assetto democratico con un programma di violenza, perciò la disposizione continuò ad essere parte integrante dell’ordinamento. Questa interpretazione della norma la rendeva effettivamente armonica con il sistema costituzionale e conforme ai principi dell’ordinamento democratico. Tale soluzione ermeneutica, dunque, funzionò fino alla fine degli anni Settanta, quando, gli efferati episodi di terrorismo interno spinsero il legislatore ad approvare una serie di leggi speciali al fine di dotare l’ordinamento di strumenti più adatti per tutelare la sicurezza e l’ordine pubblico. Venne, così, introdotto l’articolo 270-bis c.p., per mezzo del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625 convertito con modificazioni in l. 6 febbraio 1980, n. 15, che creò non poche ambiguità. Infatti, a poco sono valsi gli sforzi al fine di distinguere le due fattispecie. Tre i criteri utilizzati nel corso del tempo per differenziare i due delitti e che si sono rivelati fallimentari: il criterio teleologico, il criterio della diversità del programma e, infine, quello della natura della violenza. Pertanto, la giurisprudenza sostenne la tacita abrogazione dell’articolo 270 c.p., fenomeno testimoniato dalla scarsa applicazione dell’articolo de quo. Con l’intervento riformistico ad opera della legge 24 febbraio 2006, n. 85, si auspicava l’abrogazione dell’art. 270 c.p.: tuttavia, la disposizione in esame venne modificata causando ulteriori ambiguità. Infatti, le finalità che l'art. 270 c.p. sanziona - la sovversione violenta degli ordinamenti economici o sociali dello Stato e la soppressione violenta dell'ordinamento politico e giuridico dello Stato - rientrano pienamente fra quelle descritte dall'art. 270-sexies c.p. e più precisamente in quella di «destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un’organizzazione internazionale»; ne consegue che le finalità sovversive rappresentano una species di quelle terroristiche. In questo panorama, l’articolo 270 c.p. rimane in vigore nonostante la sua scarsissima applicazione.

Il delitto di associazione sovversiva

GALEA, ALICE
2023/2024

Abstract

Il presente lavoro è incentrato sulla fattispecie di associazione sovversiva collocata nel contesto delle ambiguità determinate dalle fattispecie associative politiche all’interno dell’ordinamento penale italiano. Tali ambiguità nascono a causa dell’irrazionalità del sistema: infatti, il panorama dei reati associativi politici mostra un considerevole numero di fattispecie, contemplate sia nel codice penale, sia in leggi speciali, la cui diversificazione sul piano strutturale spesso risulta problematica. Il delitto di associazione sovversiva, collocato nel Capo I, Libro I, Titolo II del codice, dedicato ai delitti contro la personalità internazionale dello Stato, venne coniato dal legislatore del 1930. Nonostante l’utilizzo dell’espressione neutra associazioni e nonostante la fattispecie fosse stata costruita come un reato comune, l’oggetto dell’incriminazione era evidente: il legislatore fascista intendeva colpire le associazioni di matrice comunista, socialista e anarchica. L’articolo 270 c.p. incriminava un’associazione per il solo fatto di sostenere un’ideologia che teorizzasse l’uso della violenza come mezzo di sovvertimento dello Stato, indipendentemente dal fatto che l’ideologia si concretizzasse in un programma di azioni criminose. Il contenuto autoritario e repressivo di un simile apparato sanzionatorio faceva supporre che le proprie sorti sarebbero terminate con la caduta del fascismo: invece, dottrina e giurisprudenza ritennero che l’articolo 270 c.p. tutelasse lo Stato dalle associazioni che intendessero sovvertire l’assetto democratico con un programma di violenza, perciò la disposizione continuò ad essere parte integrante dell’ordinamento. Questa interpretazione della norma la rendeva effettivamente armonica con il sistema costituzionale e conforme ai principi dell’ordinamento democratico. Tale soluzione ermeneutica, dunque, funzionò fino alla fine degli anni Settanta, quando, gli efferati episodi di terrorismo interno spinsero il legislatore ad approvare una serie di leggi speciali al fine di dotare l’ordinamento di strumenti più adatti per tutelare la sicurezza e l’ordine pubblico. Venne, così, introdotto l’articolo 270-bis c.p., per mezzo del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625 convertito con modificazioni in l. 6 febbraio 1980, n. 15, che creò non poche ambiguità. Infatti, a poco sono valsi gli sforzi al fine di distinguere le due fattispecie. Tre i criteri utilizzati nel corso del tempo per differenziare i due delitti e che si sono rivelati fallimentari: il criterio teleologico, il criterio della diversità del programma e, infine, quello della natura della violenza. Pertanto, la giurisprudenza sostenne la tacita abrogazione dell’articolo 270 c.p., fenomeno testimoniato dalla scarsa applicazione dell’articolo de quo. Con l’intervento riformistico ad opera della legge 24 febbraio 2006, n. 85, si auspicava l’abrogazione dell’art. 270 c.p.: tuttavia, la disposizione in esame venne modificata causando ulteriori ambiguità. Infatti, le finalità che l'art. 270 c.p. sanziona - la sovversione violenta degli ordinamenti economici o sociali dello Stato e la soppressione violenta dell'ordinamento politico e giuridico dello Stato - rientrano pienamente fra quelle descritte dall'art. 270-sexies c.p. e più precisamente in quella di «destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un’organizzazione internazionale»; ne consegue che le finalità sovversive rappresentano una species di quelle terroristiche. In questo panorama, l’articolo 270 c.p. rimane in vigore nonostante la sua scarsissima applicazione.
The crime of subversive organization
This paper focuses on the criminal offense of subversive association within the context of the ambiguities created by political association offenses in the Italian penal system. These ambiguities arise from the irrationality of the system: indeed, the landscape of political associative crimes includes a considerable number of offenses, found both in the Penal Code and in special laws, whose structural diversification often proves problematic. The crime of subversive association, located in Title II, Chapter I, Book I of the Penal Code, which addresses crimes against the international personality of the state, was introduced by the 1930 legislator. Despite the use of the neutral term “associations” and the fact that the offense was framed as a common crime, the target of the legislation was clear: the Fascist legislator intended to strike at associations with Communist, Socialist, and Anarchist roots. Article 270 of the Penal Code criminalized an association solely for advocating an ideology that theorized the use of violence as a means of overthrowing the state, regardless of whether the ideology was embodied in a program of criminal actions. The authoritarian and repressive nature of such a sanctioning system led to the expectation that it would end with the fall of Fascism. However, legal scholars and the judiciary believed that Article 270 protected the state from associations seeking to subvert the democratic order through a program of violence, and therefore, the provision continued to be an integral part of the legal system. This interpretation of the law made it compatible with the constitutional system and in line with the principles of the democratic order. This hermeneutic solution held until the late 1970s, when the brutal episodes of domestic terrorism prompted the legislator to approve a series of special laws to provide more appropriate tools for safeguarding security and public order. This led to the introduction of Article 270-bis of the Penal Code through Decree-Law No. 625 of December 15, 1979, converted with amendments into Law No. 15 of February 6, 1980, which created numerous ambiguities. Indeed, efforts to distinguish the two offenses have proven ineffective. Over time, three criteria were used to differentiate the two crimes, all of which were ultimately unsuccessful: the teleological criterion, the criterion of the diversity of the program, and the criterion of the nature of the violence. Therefore, case law supported the tacit abrogation of Article 270, a phenomenon reflected in the rare application of the provision in question. With the reform intervention by Law No. 85 of February 24, 2006, there was hope for the abrogation of Article 270; however, the provision was modified, leading to further ambiguities. In fact, the objectives sanctioned by Article 270—violent subversion of the state’s economic or social order and the violent suppression of its political and legal order—fall fully within the scope of those described in Article 270-sexies, specifically the goal of “destabilizing or destroying the fundamental political, constitutional, economic, and social structures of a country or an international organization.” As a result, subversive aims now represent a subtype of terrorist aims. In this context, Article 270 remains in force despite its minimal application.
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