La compravendita di partecipazioni in società di capitali è una fattispecie assai ricorrente nel mondo economico che presenta tuttavia notevoli difficoltà di inquadramento giuridico, in particolare con riferimento alla definizione dell'oggetto di tale negozio e alle conseguenze giuridiche di eventuali difetti del patrimonio sociale della società. Le tesi e gli orientamenti esistenti a riguardo in dottrina e in giurisprudenza sono ispirati principalmente a due principi fondamentali del diritto. Quelli più sensibili al riconoscimento della rilevanza giuridica delle esigenze di equità e sostanziali di tutela dell'acquirente sono ispirati, in misura maggiore o minore, al principio generale di buona fede ovvero alla teoria ascarelliana delle partecipazioni quali beni di secondo grado. Quelli ancorati ad una visione dogmatica e formalistica del diritto si ispirano invece all'obiettivo della certezza del diritto, che verrebbe in parte minata dalle eccessive aperture della dottrina e della giurisprudenza maggiormente sensibili alle esigenze di tutela dell'acquirente. A causa dell'incertezza degli operatori del diritto relativamente all'approccio da adottare alla fattispecie (formalistico o sostanziale), la prassi contrattuale ha preferito adottare procedure di matrice anglosassone che partono dal presupposto dell'adozione dell'approccio formalistico. Tali procedure, quali la "due diligence", sono state sviluppate nell'ambito di ordinamenti caratterizzati da un estremo formalismo in materia, riassunto dalla massima latina "caveat emptor", nei quali la tutela dell'acquirente è pressoché inesistente (a parte alcune importanti eccezioni come l'azione per misrepresentation) e non esiste un principio generale di buona fede. In tali ordinamenti spetta quindi all'acquirente pattuire convenzionalmente il proprio ambito di tutela. La relativa semplicità di tale approccio e la certezza che offre alle parti ha contribuito all'adozione e allo sviluppo di tali procedure di acquisizione anche in paesi in cui è tradizionalmente forte la tutela offerta ad un acquirente in buona fede, come ad esempio la Germania. Nonostante il consolidamento in Germania di un orientamento giurisprudenziale e dottrinale pressoché unanime secondo il quale, alla luce del principio di buona fede e dell'analisi economica del negozio giuridico, i difetti del patrimonio sociale rilevanti per l'azienda sociale nel suo complesso rilevano giuridicamente quali difetti e mancanze di qualità delle partecipazioni compravendute nel caso di acquisto della totalità (o quasi) delle partecipazioni della relativa società, la maggior parte di tali operazioni avviene adottando procedure di matrice anglosassone. Ciò rappresenta, a mio avviso, una rinuncia incomprensibile alla tutela offerta dal diritto. La tesi parte dall'analisi giuridica della fattispecie nei tre ordinamenti considerati, per poi elaborare nelle conclusioni alcune soluzioni che contemplano e soddisfano le esigenze di certezza del diritto e di tutela sostanziale dell'acquirente. Tali soluzioni prendono atto delle procedure diffuse nella prassi commerciale senza disattendere le esigenze di giustizia equitativa dell'acquirente. A tal fine si suggerisce di operare distinzioni di carattere quantitativo e qualificativo tra le fattispecie per determinare la necessità o meno dell'intervento della giurisprudenza per integrare l'accordo stipulato tra le parti e la conseguente opportunità di estendere la tutela dell'acquirente.

Garanzie esplicite e implicite nelle compravendite di partecipazioni in società di capitali Un confronto fra Germania Italia ed Inghilterra

WALSH, LAWRENCE MARTIN CHARLES
2009/2010

Abstract

La compravendita di partecipazioni in società di capitali è una fattispecie assai ricorrente nel mondo economico che presenta tuttavia notevoli difficoltà di inquadramento giuridico, in particolare con riferimento alla definizione dell'oggetto di tale negozio e alle conseguenze giuridiche di eventuali difetti del patrimonio sociale della società. Le tesi e gli orientamenti esistenti a riguardo in dottrina e in giurisprudenza sono ispirati principalmente a due principi fondamentali del diritto. Quelli più sensibili al riconoscimento della rilevanza giuridica delle esigenze di equità e sostanziali di tutela dell'acquirente sono ispirati, in misura maggiore o minore, al principio generale di buona fede ovvero alla teoria ascarelliana delle partecipazioni quali beni di secondo grado. Quelli ancorati ad una visione dogmatica e formalistica del diritto si ispirano invece all'obiettivo della certezza del diritto, che verrebbe in parte minata dalle eccessive aperture della dottrina e della giurisprudenza maggiormente sensibili alle esigenze di tutela dell'acquirente. A causa dell'incertezza degli operatori del diritto relativamente all'approccio da adottare alla fattispecie (formalistico o sostanziale), la prassi contrattuale ha preferito adottare procedure di matrice anglosassone che partono dal presupposto dell'adozione dell'approccio formalistico. Tali procedure, quali la "due diligence", sono state sviluppate nell'ambito di ordinamenti caratterizzati da un estremo formalismo in materia, riassunto dalla massima latina "caveat emptor", nei quali la tutela dell'acquirente è pressoché inesistente (a parte alcune importanti eccezioni come l'azione per misrepresentation) e non esiste un principio generale di buona fede. In tali ordinamenti spetta quindi all'acquirente pattuire convenzionalmente il proprio ambito di tutela. La relativa semplicità di tale approccio e la certezza che offre alle parti ha contribuito all'adozione e allo sviluppo di tali procedure di acquisizione anche in paesi in cui è tradizionalmente forte la tutela offerta ad un acquirente in buona fede, come ad esempio la Germania. Nonostante il consolidamento in Germania di un orientamento giurisprudenziale e dottrinale pressoché unanime secondo il quale, alla luce del principio di buona fede e dell'analisi economica del negozio giuridico, i difetti del patrimonio sociale rilevanti per l'azienda sociale nel suo complesso rilevano giuridicamente quali difetti e mancanze di qualità delle partecipazioni compravendute nel caso di acquisto della totalità (o quasi) delle partecipazioni della relativa società, la maggior parte di tali operazioni avviene adottando procedure di matrice anglosassone. Ciò rappresenta, a mio avviso, una rinuncia incomprensibile alla tutela offerta dal diritto. La tesi parte dall'analisi giuridica della fattispecie nei tre ordinamenti considerati, per poi elaborare nelle conclusioni alcune soluzioni che contemplano e soddisfano le esigenze di certezza del diritto e di tutela sostanziale dell'acquirente. Tali soluzioni prendono atto delle procedure diffuse nella prassi commerciale senza disattendere le esigenze di giustizia equitativa dell'acquirente. A tal fine si suggerisce di operare distinzioni di carattere quantitativo e qualificativo tra le fattispecie per determinare la necessità o meno dell'intervento della giurisprudenza per integrare l'accordo stipulato tra le parti e la conseguente opportunità di estendere la tutela dell'acquirente.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/16401