OBJECTIVES: The management of pulmonary embolism (PE) is increasingly shifting towards procedures considered safer and more effective. Catheter-based techniques are at the center of scientific attention due to their efficacy and safety profile. Concerns remain regarding the hemorrhagic risk associated with thrombolytics and blood loss due to aspiration. This study aimed to compare the safety of the two most commonly used techniques: ultrasound-assisted catheter-directed thrombolysis (USCDT) and catheter-directed mechanical thrombectomy (CDMT) in patients with acute PE enrolled in an international multicenter registry. This work contributed to drafting the new PDTA, promoting the use of catheter-based techniques in managing various PE-related clinical scenarios. METHODS AND RESULTS: A total of 179 patients hospitalized for PE in four centers in Italy and Spain were included in the study. They were treated with percutaneous therapy between 2019 and 2024. Among them, 58 patients underwent USCDT, while 121 were treated with CDMT. Baseline, peri-procedural, and follow-up data were collected. The evaluated safety endpoints included: a) Blood loss (post-procedural hemoglobin drop >3 g/dL) b) Overall reduction in hemoglobin levels c) Need for in-hospital blood transfusions d) Major bleeding events during hospitalization, according to ISTH and BARC definitions e) Average length of hospital stay f) 30-day and long-term mortality after discharge High bleeding risk (HBR) patients were defined in each group according to ARC-HBR criteria. The majority of patients were male (56%). Compared to USCDT patients, those treated with CDMT were younger, had a higher proportion of high-risk PE according to the ESC classification (28% vs. 9%, p<0.001), lower mean systolic blood pressure, similar heart rate, similar lactate levels, and a comparable incidence of bilateral pulmonary artery occlusions on CT imaging. The proportion of HBR cases was significantly higher in the CDMT group (58.8% vs. 20.7%, p<0.0001). Compared to USCDT, CDMT patients experienced a significantly higher incidence of blood loss (52.1% vs. 15.5%, p=0.001), greater mean hemoglobin reduction (3.1 ± 1.8 g/dL vs. 1.6 ± 1.7 g/dL, p<0.001), and a higher rate of blood transfusions (14.2% vs. 3.4%, p=0.03). Major bleeding scales (ISTH and BARC) showed no differences between the two groups. Intracranial hemorrhages were numerically more frequent in the USCDT group, though not statistically significant (3.4% vs. 0.9% in CDMT, p=0.245). The average length of hospital stay was comparable between groups (9.4 ± 7.8 days for USCDT vs. 13.1 ± 16.6 for CDMT, p=0.107). Mortality at 30 days did not significantly differ (6.1% CDMT vs. 3.5% USCDT, p=0.46), nor did long-term mortality (10.7% CDMT vs. 11.8% USCDT; Log-rank p=0.837) at a median follow-up of 204 days (IQR 69-486). CONCLUSIONS: CDMT is associated with greater blood loss and a higher transfusion rate compared to USCDT. However, this was not linked to an increase in major bleeding events or other clinical outcomes. The clinical relevance of iatrogenic blood loss during CDMT warrants further investigation.
OBIETTIVI: La gestione dell'embolia polmonare si sta orientando verso l’impiego di procedure ritenute più sicure ed efficaci. Le tecniche transcatetere sono al centro dell’attenzione scientifica per il loro profilo di efficacia e sicurezza. Permangono preoccupazioni sul rischio emorragico legato ai trombolitici e alla perdita ematica da aspirazione. Questo lavoro ha mirato a confrontare la sicurezza delle due tecniche più utilizzate: la trombolisi diretta con catetere assistita da ultrasuoni (USCDT) e la trombectomia meccanica diretta con catetere (CDMT), in pazienti affetti da PE acuta, arruolati in un registro internazionale multicentrico. Il presente lavoro ha contribuito alla stesura del nuovo PDTA, promuovendo l’uso di tecniche transcatetere nella gestione di molteplici scenari clinici EP correlati. RISULTATI E METODI: Sono stati inclusi 179 pazienti ricoverati per EP in quattro centri in Italia e Spagna, trattati con terapia percutanea tra il 2019 e il 2024. 58 pazienti sono stati trattati con USCDT e 121 con CDMT. Sono stati raccolti dati di base, peri-procedurali e di follow-up. Gli endpoint di sicurezza valutati includevano: a) perdita ematica (riduzione dei livelli di emoglobina > 3 g/dl post-procedura) b) variazione complessiva della riduzione di Hb; c) necessità di trasfusioni ospedaliere; d) eventi emorragici maggiori durante il ricovero secondo definizioni ISTH e BARC; e) durata media del ricovero ospedaliero; f) mortalità a 30 giorni e a lungo termine dopo la dimissione. Sono stati definiti in ogni gruppo i pazienti ad alto rischio emorragico (HBR) secondo ARC-HBR. La maggior parte dei pazienti era di sesso maschile (56%). I pazienti CDMT rispetto agli USCDT erano più giovani, con maggiore proporzione di PE ad alto rischio secondo la classificazione ESC (28% contro 9%, p<0,001), pressione arteriosa sistolica media inferiore, frequenza cardiaca simile, lattato simile e incidenza simile di occlusioni bilaterali dell’arteria polmonare alla TC. La proporzione di casi HBR era più alta nel gruppo CDMT (58,8% vs 20,7%, p<0,0001). Rispetto all’USCDT, i pazienti CDMT hanno sperimentato un’incidenza significativamente maggiore di perdita ematica (52,1% vs 15,5%, p=0,001), riduzione media maggiore di Hb (3,1 ± 1,8 g/dl vs 1,6 ± 1,7 g/dl, p<0,001) e maggiore tasso di trasfusioni di sangue (14,2% vs 3,4%, p=0,03). Le scale di sanguinamento maggiore ISTH e BARC non hanno mostrato differenze tra i due gruppi. Le emorragie intracraniche erano numericamente più frequenti nel gruppo USCDT, sebbene senza significatività statistica (3,4% vs 0,9% in CDMT, p=0,245). La durata media del ricovero ospedaliero era comparabile tra i due gruppi (9,4 ± 7,8 giorni per USCDT vs 13,1 ± 16,6 per CDMT, p=0,107). La mortalità a 30 giorni non differiva significativamente (6,1% CDMT vs 3,5% USCDT, p=0,46), così come la mortalità a lungo termine (10,7% CDMT vs 11,8% USCDT; Log-rank p=0,837) a un follow-up mediano di 204 giorni (IQR 69-486). CONCLUSIONI: La CDMT comporta una maggiore perdita ematica e un maggiore utilizzo di trasfusioni rispetto all’USCDT. Tuttavia, ciò non è stato associato a un aumento degli eventi emorragici maggiori, e agli altri outcome clinici. La rilevanza clinica della perdita ematica iatrogena durante la CDMT richiede ulteriori ricerche.
Sicurezza della trombolisi transcatetere assistita da ultrasuoni e della trombectomia meccanica nel trattamento dell’embolia polmonare: risultati di un registro multicentrico internazionale
SCAVIA, MASSIMO
2023/2024
Abstract
OBIETTIVI: La gestione dell'embolia polmonare si sta orientando verso l’impiego di procedure ritenute più sicure ed efficaci. Le tecniche transcatetere sono al centro dell’attenzione scientifica per il loro profilo di efficacia e sicurezza. Permangono preoccupazioni sul rischio emorragico legato ai trombolitici e alla perdita ematica da aspirazione. Questo lavoro ha mirato a confrontare la sicurezza delle due tecniche più utilizzate: la trombolisi diretta con catetere assistita da ultrasuoni (USCDT) e la trombectomia meccanica diretta con catetere (CDMT), in pazienti affetti da PE acuta, arruolati in un registro internazionale multicentrico. Il presente lavoro ha contribuito alla stesura del nuovo PDTA, promuovendo l’uso di tecniche transcatetere nella gestione di molteplici scenari clinici EP correlati. RISULTATI E METODI: Sono stati inclusi 179 pazienti ricoverati per EP in quattro centri in Italia e Spagna, trattati con terapia percutanea tra il 2019 e il 2024. 58 pazienti sono stati trattati con USCDT e 121 con CDMT. Sono stati raccolti dati di base, peri-procedurali e di follow-up. Gli endpoint di sicurezza valutati includevano: a) perdita ematica (riduzione dei livelli di emoglobina > 3 g/dl post-procedura) b) variazione complessiva della riduzione di Hb; c) necessità di trasfusioni ospedaliere; d) eventi emorragici maggiori durante il ricovero secondo definizioni ISTH e BARC; e) durata media del ricovero ospedaliero; f) mortalità a 30 giorni e a lungo termine dopo la dimissione. Sono stati definiti in ogni gruppo i pazienti ad alto rischio emorragico (HBR) secondo ARC-HBR. La maggior parte dei pazienti era di sesso maschile (56%). I pazienti CDMT rispetto agli USCDT erano più giovani, con maggiore proporzione di PE ad alto rischio secondo la classificazione ESC (28% contro 9%, p<0,001), pressione arteriosa sistolica media inferiore, frequenza cardiaca simile, lattato simile e incidenza simile di occlusioni bilaterali dell’arteria polmonare alla TC. La proporzione di casi HBR era più alta nel gruppo CDMT (58,8% vs 20,7%, p<0,0001). Rispetto all’USCDT, i pazienti CDMT hanno sperimentato un’incidenza significativamente maggiore di perdita ematica (52,1% vs 15,5%, p=0,001), riduzione media maggiore di Hb (3,1 ± 1,8 g/dl vs 1,6 ± 1,7 g/dl, p<0,001) e maggiore tasso di trasfusioni di sangue (14,2% vs 3,4%, p=0,03). Le scale di sanguinamento maggiore ISTH e BARC non hanno mostrato differenze tra i due gruppi. Le emorragie intracraniche erano numericamente più frequenti nel gruppo USCDT, sebbene senza significatività statistica (3,4% vs 0,9% in CDMT, p=0,245). La durata media del ricovero ospedaliero era comparabile tra i due gruppi (9,4 ± 7,8 giorni per USCDT vs 13,1 ± 16,6 per CDMT, p=0,107). La mortalità a 30 giorni non differiva significativamente (6,1% CDMT vs 3,5% USCDT, p=0,46), così come la mortalità a lungo termine (10,7% CDMT vs 11,8% USCDT; Log-rank p=0,837) a un follow-up mediano di 204 giorni (IQR 69-486). CONCLUSIONI: La CDMT comporta una maggiore perdita ematica e un maggiore utilizzo di trasfusioni rispetto all’USCDT. Tuttavia, ciò non è stato associato a un aumento degli eventi emorragici maggiori, e agli altri outcome clinici. La rilevanza clinica della perdita ematica iatrogena durante la CDMT richiede ulteriori ricerche.File | Dimensione | Formato | |
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