Musical performance is often perceived as a sublime art, a perfect fusion of technique and inspiration. However, behind the idealized image of the musician on stage lies a far more tangible psychological battle: performance anxiety, exacerbated perfectionism, and the struggle against an audience, whether real or internal, ready to pass judgment and make itself uncomfortably present. This study aims to explore the psychological mechanisms that regulate the preparation for musical performance, analyzing how the artist, in particular, can stand firm under the constant pressure of both personal and external dysfunctional dynamics. Using the SFERA model, which structures performance in terms of Synchrony, Strength, Energy, Rhythm, and Activation, this research examines cognitive and behavioral strategies for approaching performance with clarity and emotional control. The analysis highlights the role of social expectations, individual pressure, and the perception of failure, revealing how these elements can either sabotage the quality of execution or, conversely, become drivers of improvement. The study does not limit itself to the psychological dimension but extends the discussion to the educational and professional fields, advocating for a more integrated approach in musical training and a broader artistic education that incorporates performance psychology. Finally, this thesis offers a reflection on how mental preparation should no longer be considered a luxury or an eccentric notion promoted by so-called "wellness gurus" but should instead be recognized as an essential component of musical practice. After all, playing without the terror of making mistakes should not be an exclusive privilege for a selected few, but rather a skill to be cultivated with the same dedication devoted to instrumental technique. In a world that continues to demand spectacle and flawless performances, perhaps it's time to remember that even the silence between the notes has value, and that, after all, art is not an obstacle course, but an experience to be lived with every breath!
Nel vasto e affascinante universo della performance musicale, pochi elementi sono tanto pervasivi quanto l’ansia da prestazione, un’insidiosa compagna di viaggio che affligge tanto i principianti quanto i virtuosi consacrati. Questo studio esplora le dinamiche psicologiche della performance musicale, analizzando i meccanismi di preparazione emotiva e cognitiva che possono trasformare la “paura del palcoscenico”, lo stress, il perfezionismo, l’infortunio e altri disagi da nemico paralizzante a risorsa performativa. Attraverso l’analisi del modello SFERA, che integra armoniosamente i costrutti di sincronia, punti di forza, energia, ritmo e attivazione, la ricerca mette in evidenza come la preparazione mentale non sia un optional per la performance musicale, ma una necessità alla stregua dell’accordatura dello strumento. Ma se è vero che la perfezione è irraggiungibile, come sosteneva Bob Marley, è altrettanto vero che il tentativo ossessivo di sfiorarla può trasformare il musicista in una vittima del proprio perfezionismo, con effetti collaterali che spaziano dall’auto-sabotaggio all’inevitabile burnout. Lo studio si sofferma sulle problematiche più diffuse analizzando come tali fattori possano condizionare non solo l’esperienza della performance, ma anche la traiettoria professionale degli artisti. L’ansia da performance, spesso liquidata con paternalistici “respira e rilassati”, si dimostra invece un fenomeno complesso, radicato in esperienze precoci, dinamiche di gruppo e pressioni ambientali che sfiorano il tragicomico. Attraverso un approccio interdisciplinare, che coniuga costruttivismo, psicologia cognitiva, neuroscienze e teoria musicale, questo elaborato propone strategie di intervento basate su training e pratiche mentali, tecniche di rilassamento (mindfullness) e visualizzazione, modelli di auto-regolazione emotiva e altro. Si evidenzia, soprattutto, il ruolo della formazione dell’individuo a prescindere anche dal contesto musicale, nella costruzione di un mindset resiliente, che consenta al musicista di affrontare le proprie insicurezze e punti deboli, senza la necessità di sentirsi il nuovo Paganini ma neanche privandolo della possibilità di essere un futuro Freddy Mercury. Le implicazioni di questa ricerca suggeriscono la necessità di un cambiamento nel paradigma formativo musicale, affinché la preparazione psicologica in questo settore non venga trattata come una stravaganza da terapeuti new age, ma come una componente essenziale del percorso artistico e del benessere psico-fisico dell’individuo. In un mondo che continua a esigere spettacolarità e prestazioni impeccabili, forse è tempo di ricordare che anche il silenzio tra le note ha un valore, e che, dopotutto, l’arte non è una corsa a ostacoli, ma un’esperienza da vivere ad ogni respiro!
Il Silenzio Prima della Nota: Ansia e Preparazione nella Performance Musicale
MUCIACCIA, GIUSEPPE
2023/2024
Abstract
Nel vasto e affascinante universo della performance musicale, pochi elementi sono tanto pervasivi quanto l’ansia da prestazione, un’insidiosa compagna di viaggio che affligge tanto i principianti quanto i virtuosi consacrati. Questo studio esplora le dinamiche psicologiche della performance musicale, analizzando i meccanismi di preparazione emotiva e cognitiva che possono trasformare la “paura del palcoscenico”, lo stress, il perfezionismo, l’infortunio e altri disagi da nemico paralizzante a risorsa performativa. Attraverso l’analisi del modello SFERA, che integra armoniosamente i costrutti di sincronia, punti di forza, energia, ritmo e attivazione, la ricerca mette in evidenza come la preparazione mentale non sia un optional per la performance musicale, ma una necessità alla stregua dell’accordatura dello strumento. Ma se è vero che la perfezione è irraggiungibile, come sosteneva Bob Marley, è altrettanto vero che il tentativo ossessivo di sfiorarla può trasformare il musicista in una vittima del proprio perfezionismo, con effetti collaterali che spaziano dall’auto-sabotaggio all’inevitabile burnout. Lo studio si sofferma sulle problematiche più diffuse analizzando come tali fattori possano condizionare non solo l’esperienza della performance, ma anche la traiettoria professionale degli artisti. L’ansia da performance, spesso liquidata con paternalistici “respira e rilassati”, si dimostra invece un fenomeno complesso, radicato in esperienze precoci, dinamiche di gruppo e pressioni ambientali che sfiorano il tragicomico. Attraverso un approccio interdisciplinare, che coniuga costruttivismo, psicologia cognitiva, neuroscienze e teoria musicale, questo elaborato propone strategie di intervento basate su training e pratiche mentali, tecniche di rilassamento (mindfullness) e visualizzazione, modelli di auto-regolazione emotiva e altro. Si evidenzia, soprattutto, il ruolo della formazione dell’individuo a prescindere anche dal contesto musicale, nella costruzione di un mindset resiliente, che consenta al musicista di affrontare le proprie insicurezze e punti deboli, senza la necessità di sentirsi il nuovo Paganini ma neanche privandolo della possibilità di essere un futuro Freddy Mercury. Le implicazioni di questa ricerca suggeriscono la necessità di un cambiamento nel paradigma formativo musicale, affinché la preparazione psicologica in questo settore non venga trattata come una stravaganza da terapeuti new age, ma come una componente essenziale del percorso artistico e del benessere psico-fisico dell’individuo. In un mondo che continua a esigere spettacolarità e prestazioni impeccabili, forse è tempo di ricordare che anche il silenzio tra le note ha un valore, e che, dopotutto, l’arte non è una corsa a ostacoli, ma un’esperienza da vivere ad ogni respiro!File | Dimensione | Formato | |
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Tesi Giuseppe Muciaccia 1073881.pdf
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/163018