The international climate crisis has forced companies to consider environmental impacts in their business planning. Although the number of green firms has grown, new strategies aimed at increasing the company's reputation without undertaking any sustainable initiative have been developed. This behavior is known as “greenwashing”. The phenomenon has not been studied so much at sector level, as there was no specific legislation on this matter for a long time. This is also true for the textile industry, which is one of the most polluting globally. The fragmented structure of the supply chain has made it difficult to identify deceptive practices within it. Most of the literature has, therefore, focused on the study of greenwashing implemented by the final selling companies. The present research aims to frame the most common misleading claims spread by textile companies, trying to identify those relating to suppliers as well, in order to build an index that could measure the risk of greenwashing. To do this, we first conducted an analysis of the literature and case studies, which led to the subdivision of the topic into the different phases of the supply chain: raw materials, production, sale and disposal. Regardng the construction of the indicator, three assumptions were made, based on the definition of greenwashing. These hypotheses helped to define three levels of risk associated with the commission of unfair practices. Subsequently, the weights of the individual phases were defined, adapting them from a study on the sustainability of the sector. In this way it was possible to determine the index as the sum of the risk scores in the different phases, multiplied by the respective weights. The results first showed that it was difficult to ascertain whether greenwashing was actually occurring. The indicator, in fact, helps to measure only the risk. Further checks are necessary to determine the actual occurrence of unfair practices. The analysis also shows that greenwashing appears in each stage of the supply chain and that much effort is needed from the institutions to prevent it. Disposal is the component with the greatest risk and, therefore, the one with the highest weight. In this regard, the term "circular washing" is relevant because it refers to circular innovations whose benefits are offset by an increase in impacts along the supply chain. A common theme concerning all phases is the lack of established scientific methodologies at the international level that can be used by companies to calculate the impacts related to their activities and the development of new products, and that adopt a life cycle perspective. These procedures should also be encouraged by the institutions, as they are very expensive. In addition, certifications can play an important role by assuring consumers of the ecological characteristics of the products they purchase. This is true especially for raw materials. Finally, it was noted that supply chain monitoring systems can help identify deceptive practices and collect supply chain data and, therefore, should be encouraged.
La crisi climatica internazionale ha portato le imprese a dover considerare gli impatti ambientali nella propria attività. Sebbene siano sempre più numerosi i casi di soggetti virtuosi da questo punto di vista, contemporaneamente si sono sviluppate strategie volte ad aumentare la reputazione dell’azienda senza intraprendere nessuna iniziativa sostenibile. Tale comportamento è noto come “greenwashing”. Il fenomeno risulta poco studiato a livello di settore, dato che per lungo tempo non è esistita una normativa puntuale al riguardo. Ciò è vero anche per l’industria tessile, che è una delle più inquinanti a livello globale. La struttura frammentata della filiera ha reso difficile l’individuazione delle pratiche ingannevoli lungo la supply chain. La maggior parte della letteratura si è, perciò, concentrata sullo studio del greenwashing implementato dalle imprese venditrici finali. La presenta ricerca si è proposta di inquadrare le affermazioni fuorvianti maggiormente diffuse dalle aziende tessili, cercando di identificare anche quelle relative ai fornitori, e costruendo un indice che potesse misurare il rischio di greenwashing. Per fare questo si è proceduto dapprima all’analisi della letteratura e dei casi studio, che ha portato alla suddivisione dell’argomento nelle diverse fasi della filiera, ovvero materie prime, produzione, vendita e smaltimento. Per quanto riguarda la costruzione dell’indicatore, sono state fatte delle ipotesi formulate a partire dalla definizione di greenwashing e che sono servite per definire tre livelli di rischio associati alla commissione di pratiche sleali. Successivamente sono stati definiti i pesi delle singole fasi, riadattandoli da uno studio sulla sostenibilità del settore. In questo modo è stato possibile determinare l’indice come sommatoria dei punteggi dei rischi nelle diverse fasi moltiplicati per i rispettivi pesi. I risultati hanno mostrato innanzitutto la difficoltà nell’accertare l’effettiva presenza di greenwashing, con l’indicatore, infatti, è possibile misurarne solo il rischio. È necessario svolgere ulteriori verifiche per determinare l’effettiva commissione di pratiche sleali. Dall’analisi del fenomeno consegue, inoltre, come questo sia insito in ciascuno stadio della filiera e di come siano necessari degli sforzi da parte delle istituzioni per prevenirlo. Lo smaltimento è la componente che presenta il maggior rischio e, pertanto, quella con il peso più alto. A questo proposito è stato coniato il termine “circular washing” per indicare quelle innovazioni circolari i cui benefici sono compensati da un aumento degli impatti lungo la supply chain. Una tematica che ha riguardato tutte le fasi è la mancanza di metodologie scientifiche stabilite a livello internazionale che possano essere utilizzate dalle imprese per calcolare gli impatti legati alla propria attività e allo sviluppo di nuovi prodotti e che adottino la prospettiva del ciclo di vita. Tali procedure dovrebbero, inoltre, essere incentivate dalle istituzioni, dato che risultano molto costose. In aggiunta a ciò, un ruolo importante può essere svolto dalle certificazioni, soprattutto per le materie prime, che possono assicurare i consumatori sulle caratteristiche ecologiche dei prodotti che acquistano. Infine, è stato rilevato che i sistemi di monitoraggio della catena di fornitura possono aiutare a identificare le pratiche ingannevoli e a raccogliere dati sulla filiera e, pertanto, dovrebbero essere incoraggiati.
Greenwashing e industria tessile: ipotesi di misurazione delle pratiche ingannevoli
FALANGOLA, FLAVIA
2023/2024
Abstract
La crisi climatica internazionale ha portato le imprese a dover considerare gli impatti ambientali nella propria attività. Sebbene siano sempre più numerosi i casi di soggetti virtuosi da questo punto di vista, contemporaneamente si sono sviluppate strategie volte ad aumentare la reputazione dell’azienda senza intraprendere nessuna iniziativa sostenibile. Tale comportamento è noto come “greenwashing”. Il fenomeno risulta poco studiato a livello di settore, dato che per lungo tempo non è esistita una normativa puntuale al riguardo. Ciò è vero anche per l’industria tessile, che è una delle più inquinanti a livello globale. La struttura frammentata della filiera ha reso difficile l’individuazione delle pratiche ingannevoli lungo la supply chain. La maggior parte della letteratura si è, perciò, concentrata sullo studio del greenwashing implementato dalle imprese venditrici finali. La presenta ricerca si è proposta di inquadrare le affermazioni fuorvianti maggiormente diffuse dalle aziende tessili, cercando di identificare anche quelle relative ai fornitori, e costruendo un indice che potesse misurare il rischio di greenwashing. Per fare questo si è proceduto dapprima all’analisi della letteratura e dei casi studio, che ha portato alla suddivisione dell’argomento nelle diverse fasi della filiera, ovvero materie prime, produzione, vendita e smaltimento. Per quanto riguarda la costruzione dell’indicatore, sono state fatte delle ipotesi formulate a partire dalla definizione di greenwashing e che sono servite per definire tre livelli di rischio associati alla commissione di pratiche sleali. Successivamente sono stati definiti i pesi delle singole fasi, riadattandoli da uno studio sulla sostenibilità del settore. In questo modo è stato possibile determinare l’indice come sommatoria dei punteggi dei rischi nelle diverse fasi moltiplicati per i rispettivi pesi. I risultati hanno mostrato innanzitutto la difficoltà nell’accertare l’effettiva presenza di greenwashing, con l’indicatore, infatti, è possibile misurarne solo il rischio. È necessario svolgere ulteriori verifiche per determinare l’effettiva commissione di pratiche sleali. Dall’analisi del fenomeno consegue, inoltre, come questo sia insito in ciascuno stadio della filiera e di come siano necessari degli sforzi da parte delle istituzioni per prevenirlo. Lo smaltimento è la componente che presenta il maggior rischio e, pertanto, quella con il peso più alto. A questo proposito è stato coniato il termine “circular washing” per indicare quelle innovazioni circolari i cui benefici sono compensati da un aumento degli impatti lungo la supply chain. Una tematica che ha riguardato tutte le fasi è la mancanza di metodologie scientifiche stabilite a livello internazionale che possano essere utilizzate dalle imprese per calcolare gli impatti legati alla propria attività e allo sviluppo di nuovi prodotti e che adottino la prospettiva del ciclo di vita. Tali procedure dovrebbero, inoltre, essere incentivate dalle istituzioni, dato che risultano molto costose. In aggiunta a ciò, un ruolo importante può essere svolto dalle certificazioni, soprattutto per le materie prime, che possono assicurare i consumatori sulle caratteristiche ecologiche dei prodotti che acquistano. Infine, è stato rilevato che i sistemi di monitoraggio della catena di fornitura possono aiutare a identificare le pratiche ingannevoli e a raccogliere dati sulla filiera e, pertanto, dovrebbero essere incoraggiati.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/162564