Recent history suggests that political violence can significantly affect governments' foreign policies, particularly when it occurs within their borders. But what happens when major powers must confront political violence in third countries that are crucial to their strategic interests? This study explores how political violence influences China’s foreign policy, looking at the Horn of Africa as a case study, a region known for having some of the highest levels of violence in the world. Through a combination of qualitative and quantitative analysis, this research demonstrated that in countries with low political violence and strong central authority, such as Djibouti and Eritrea, China tends to increase its economic activities—through loans, investments, and projects—while supporting the government by taking a stabilizing approach. In contrast, in countries characterized by high political violence and weak central authority, such as Somalia, South Sudan, and Sudan, Beijing reduces its economic engagement and interacts with multiple actors, including non-state entities, to pursue its interests. This behavior can contribute to state disintegration and conflict. However, Ethiopia presents an exception: despite experiencing high levels of violence, China continues to invest and strengthen its ties with the country. This indicates that when significant economic interests are at stake, Beijing is willing to set aside its traditionally cautious approach and take risks.

La storia recente suggerisce che la violenza politica possa influenzare significativamente le politiche estere dei governi, soprattutto quando si verifica all'interno dei loro confini. Ma cosa accade quando le grandi potenze devono affrontare la violenza politica in Paesi terzi cruciali per i loro interessi strategici? Questo studio analizza l'impatto della violenza politica sulla politica estera della Cina, prendendo come caso studio il Corno d'Africa, una regione nota per i suoi alti livelli di violenza. Attraverso un'analisi qualitativa e quantitativa, la ricerca dimostra che nei Paesi con bassa violenza politica e un'autorità centrale forte, come Gibuti e l’Eritrea, la Cina tende ad aumentare le sue attività economiche—attraverso prestiti, investimenti e progetti—sostenendo al tempo stesso il governo con un approccio stabilizzatore. Al contrario, nei Paesi caratterizzati da elevata violenza politica e un'autorità centrale debole, come la Somalia, il Sudan e il Sud Sudan, Pechino riduce il suo impegno economico e interagisce con molteplici attori, inclusi soggetti non statali, per perseguire i propri interessi. Questo comportamento può contribuire alla disintegrazione statale e ai conflitti. Tuttavia, l'Etiopia rappresenta un'eccezione: nonostante alti livelli di violenza, la Cina continua a investire e a rafforzare i suoi legami con il Paese. Ciò indica che, quando sono in gioco interessi economici significativi, Pechino è disposta a mettere da parte il suo tradizionale approccio prudente e ad assumersi dei rischi.

Domestic Political Violence and China's Foreign Policy: The Case Study of the Horn of Africa

BOCCATO, GIANLUCA
2023/2024

Abstract

La storia recente suggerisce che la violenza politica possa influenzare significativamente le politiche estere dei governi, soprattutto quando si verifica all'interno dei loro confini. Ma cosa accade quando le grandi potenze devono affrontare la violenza politica in Paesi terzi cruciali per i loro interessi strategici? Questo studio analizza l'impatto della violenza politica sulla politica estera della Cina, prendendo come caso studio il Corno d'Africa, una regione nota per i suoi alti livelli di violenza. Attraverso un'analisi qualitativa e quantitativa, la ricerca dimostra che nei Paesi con bassa violenza politica e un'autorità centrale forte, come Gibuti e l’Eritrea, la Cina tende ad aumentare le sue attività economiche—attraverso prestiti, investimenti e progetti—sostenendo al tempo stesso il governo con un approccio stabilizzatore. Al contrario, nei Paesi caratterizzati da elevata violenza politica e un'autorità centrale debole, come la Somalia, il Sudan e il Sud Sudan, Pechino riduce il suo impegno economico e interagisce con molteplici attori, inclusi soggetti non statali, per perseguire i propri interessi. Questo comportamento può contribuire alla disintegrazione statale e ai conflitti. Tuttavia, l'Etiopia rappresenta un'eccezione: nonostante alti livelli di violenza, la Cina continua a investire e a rafforzare i suoi legami con il Paese. Ciò indica che, quando sono in gioco interessi economici significativi, Pechino è disposta a mettere da parte il suo tradizionale approccio prudente e ad assumersi dei rischi.
Domestic Political Violence and China's Foreign Policy: The Case Study of the Horn of Africa
Recent history suggests that political violence can significantly affect governments' foreign policies, particularly when it occurs within their borders. But what happens when major powers must confront political violence in third countries that are crucial to their strategic interests? This study explores how political violence influences China’s foreign policy, looking at the Horn of Africa as a case study, a region known for having some of the highest levels of violence in the world. Through a combination of qualitative and quantitative analysis, this research demonstrated that in countries with low political violence and strong central authority, such as Djibouti and Eritrea, China tends to increase its economic activities—through loans, investments, and projects—while supporting the government by taking a stabilizing approach. In contrast, in countries characterized by high political violence and weak central authority, such as Somalia, South Sudan, and Sudan, Beijing reduces its economic engagement and interacts with multiple actors, including non-state entities, to pursue its interests. This behavior can contribute to state disintegration and conflict. However, Ethiopia presents an exception: despite experiencing high levels of violence, China continues to invest and strengthen its ties with the country. This indicates that when significant economic interests are at stake, Beijing is willing to set aside its traditionally cautious approach and take risks.
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