This study aims to investigate strategies for timely intervention in the development of neurocognitive disorders, particularly Alzheimer's disease (AD), where, to date, only preventive strategies are available to slow its progression and optimize prognosis as much as possible. The research, conducted at the Memory Clinic (“Centro disturbi cognitive e demenza”, C.D.C.D) of the Città della Salute e della Scienza Hospital in Turin, sought to identify less invasive and more accessible diagnostic tools for the population. To this end, the study explored the correlation between cerebrospinal fluid (CSF) and blood biomarkers. The results showed a significant correlation between serum and CSF biomarker levels, particularly p-tau181 and the Aβ42/40 ratio. These findings support the use of plasma biomarker measurement to obtain information on beta-amyloid deposition and neuronal damage, eliminating the need for lumbar puncture. Another key aspect investigated was frailty, assessed from a multidimensional perspective using the Multidimensional Prognostic Index (MPI) to explore a possible correlation with AD biomarkers. The data obtained from our analyses revealed a moderate correlation with increased phosphorylated tau deposition. Furthermore, the combination of MPI with p-tau181 levels significantly improved the diagnostic specificity of serum biomarkers. Therefore, frailty may represent a risk factor for cognitive decline and a predisposing factor for neurodegeneration, consistently with existing literature. Finally, the study analyzed the correlations between biomarkers and neuropsychological tests, revealing a significant relationship between cognitive impairment, as detected by neuropsychological assessments, and neurodegeneration levels. In conclusion, this study highlights the potential of plasma biomarkers, in combination with assessment tools such as MPI for frailty and neuropsychological tests, as a promising alternative to current diagnostic methods for Alzheimer's disease in clinical practice. It also underscores the importance of a multidimensional approach for a more comprehensive and precise clinical assessment of patients at risk of developing major neurocognitive disorders.

Con il presente elaborato si è cercato di indagare più nel dettaglio le strategie per poter intervenire in maniera tempestiva sullo sviluppo dei disturbi neurocognitivi, in particolar modo la malattia di Alzheimer (AD), dove a oggi è possibile agire solo in ambito preventivo, per rallentarne il decorso e migliorare il più possibile la prognosi. La ricerca, condotta presso il Centro Disturbi Cognitivi e Demenza (C.D.C.D) dell’A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino, è stata svolta al fine di poter individuare strumenti diagnostici meno invasivi e più accessibili per la popolazione, per far ciò si è partiti con l’esplorare la correlazione tra biomarcatori liquorali ed ematici. Dai risultati è emersa un’importante correlazione dei dosaggi sierici dei biomarcatori con quelli liquorali, in particolar modo p-tau181 e rapporto Aβ42/40. Questi dati confermano la possibilità di poter usufruire del dosaggio plasmatico dei biomarcatori per ottenere informazioni sulla deposizione della beta amiloide e sul danno neuronale, senza dover ricorrere alla puntura lombare. Un ulteriore aspetto che è stato preso in esame è la condizione di fragilità, valutata dal punto di vista multidimensionale con il Multidimensional Prognostic Index (MPI), per ricercare una possibile correlazione con i biomarcatori di AD. I dati ricavati dalle nostre analisi hanno riportato una moderata correlazione con un aumento della deposizione di tau iperfosforilata; inoltre, l’MPI in combinazione con il dosaggio della p-tau 181, ha portato un miglioramento della specificità diagnostica dei biomarcatori sierici. Questo dato suggerisce che tale condizione può essere considerato un fattore di rischio di declino cognitivo e come fattore predisponente a neurodegenerazione, coerentemente con i dati già presenti in letteratura. Infine, sono state analizzate le correlazioni tra biomarcatori e test neuropsicologici, che hanno evidenziato una relazione significativa tra la compromissione cognitiva rilevata dai test neuropsicologici e i livelli di neurodegenerazione. In conclusione, lo studio presentato in questo elaborato evidenzia il potenziale dei biomarcatori plasmatici, in combinazione con strumenti di valutazione come l’MPI per la fragilità e i test neuropsicologici, come valida alternativa ai metodi diagnostici attualmente in uso nella pratica clinica per la diagnosi della malattia di Alzheimer. Sottolineando, inoltre, l’importanza di un approccio multidimensionale per una valutazione clinica più completa e accurata dei pazienti a rischio di incorrere in un disturbo neurocognitivo maggiore.

Correlazione tra biomarcatori plasmatici e liquorali di malattia di Alzheimer, fragilità e funzioni cognitive

MIRABELLI, GIORGIA
2023/2024

Abstract

Con il presente elaborato si è cercato di indagare più nel dettaglio le strategie per poter intervenire in maniera tempestiva sullo sviluppo dei disturbi neurocognitivi, in particolar modo la malattia di Alzheimer (AD), dove a oggi è possibile agire solo in ambito preventivo, per rallentarne il decorso e migliorare il più possibile la prognosi. La ricerca, condotta presso il Centro Disturbi Cognitivi e Demenza (C.D.C.D) dell’A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino, è stata svolta al fine di poter individuare strumenti diagnostici meno invasivi e più accessibili per la popolazione, per far ciò si è partiti con l’esplorare la correlazione tra biomarcatori liquorali ed ematici. Dai risultati è emersa un’importante correlazione dei dosaggi sierici dei biomarcatori con quelli liquorali, in particolar modo p-tau181 e rapporto Aβ42/40. Questi dati confermano la possibilità di poter usufruire del dosaggio plasmatico dei biomarcatori per ottenere informazioni sulla deposizione della beta amiloide e sul danno neuronale, senza dover ricorrere alla puntura lombare. Un ulteriore aspetto che è stato preso in esame è la condizione di fragilità, valutata dal punto di vista multidimensionale con il Multidimensional Prognostic Index (MPI), per ricercare una possibile correlazione con i biomarcatori di AD. I dati ricavati dalle nostre analisi hanno riportato una moderata correlazione con un aumento della deposizione di tau iperfosforilata; inoltre, l’MPI in combinazione con il dosaggio della p-tau 181, ha portato un miglioramento della specificità diagnostica dei biomarcatori sierici. Questo dato suggerisce che tale condizione può essere considerato un fattore di rischio di declino cognitivo e come fattore predisponente a neurodegenerazione, coerentemente con i dati già presenti in letteratura. Infine, sono state analizzate le correlazioni tra biomarcatori e test neuropsicologici, che hanno evidenziato una relazione significativa tra la compromissione cognitiva rilevata dai test neuropsicologici e i livelli di neurodegenerazione. In conclusione, lo studio presentato in questo elaborato evidenzia il potenziale dei biomarcatori plasmatici, in combinazione con strumenti di valutazione come l’MPI per la fragilità e i test neuropsicologici, come valida alternativa ai metodi diagnostici attualmente in uso nella pratica clinica per la diagnosi della malattia di Alzheimer. Sottolineando, inoltre, l’importanza di un approccio multidimensionale per una valutazione clinica più completa e accurata dei pazienti a rischio di incorrere in un disturbo neurocognitivo maggiore.
Correlation Between Plasma and CSF Biomarkers of Alzheimer's Disease, Frailty, and Cognitive Functions
This study aims to investigate strategies for timely intervention in the development of neurocognitive disorders, particularly Alzheimer's disease (AD), where, to date, only preventive strategies are available to slow its progression and optimize prognosis as much as possible. The research, conducted at the Memory Clinic (“Centro disturbi cognitive e demenza”, C.D.C.D) of the Città della Salute e della Scienza Hospital in Turin, sought to identify less invasive and more accessible diagnostic tools for the population. To this end, the study explored the correlation between cerebrospinal fluid (CSF) and blood biomarkers. The results showed a significant correlation between serum and CSF biomarker levels, particularly p-tau181 and the Aβ42/40 ratio. These findings support the use of plasma biomarker measurement to obtain information on beta-amyloid deposition and neuronal damage, eliminating the need for lumbar puncture. Another key aspect investigated was frailty, assessed from a multidimensional perspective using the Multidimensional Prognostic Index (MPI) to explore a possible correlation with AD biomarkers. The data obtained from our analyses revealed a moderate correlation with increased phosphorylated tau deposition. Furthermore, the combination of MPI with p-tau181 levels significantly improved the diagnostic specificity of serum biomarkers. Therefore, frailty may represent a risk factor for cognitive decline and a predisposing factor for neurodegeneration, consistently with existing literature. Finally, the study analyzed the correlations between biomarkers and neuropsychological tests, revealing a significant relationship between cognitive impairment, as detected by neuropsychological assessments, and neurodegeneration levels. In conclusion, this study highlights the potential of plasma biomarkers, in combination with assessment tools such as MPI for frailty and neuropsychological tests, as a promising alternative to current diagnostic methods for Alzheimer's disease in clinical practice. It also underscores the importance of a multidimensional approach for a more comprehensive and precise clinical assessment of patients at risk of developing major neurocognitive disorders.
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